Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22433 del 29/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22433 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Siviero Maria Cristina nata a Vercelli il 20/12/1970
avverso la sentenza del 7/11/2014 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso chiedendo che il ricorso
venga dichiarato inammissibile;
udito l’avv. Monica Battaglia in sostituzione dell’avv. Maurizio Meda che ha
concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 7/11/2014, la Corte di appello di Torino, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Vercelli del 24/4/2008, riduceva la
pena inflitta a Siviero Maria Cristina per il reato alla stessa ascritto di cui al
capo b) art. 110, 629 commi 1 e 2 cod. pen. ad anni tre e mesi quattro di
reclusione ed euro 400,00 di multa.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputata in ordine al reato alla
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Data Udienza: 29/04/2016

stessa ascritto, accogliendole nei termini che precedono quanto al
trattamento sanzionatorio.
2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata, per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. Violazione di legge nonché contraddittorietà della motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 192
cod. proc. pen. con riguardo alla ritenuta credibilità oggettiva e soggettiva

2.2. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. con riguardo alla riconosciuta
responsabilità dell’imputata ed in particolare alla circostanza che l’atto
sessuale fra la Siviero ed il Leonardi fosse funzionale al successivo riscatto.
2.3. inosservanza ed erronea applicazione di legge nonché manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e)
cod. proc. pen., in relazione agli art. 111 comma 6 Cost., 192 comma 1,
194, 530 comma 2 cod. proc. pen., in quanto la pronuncia di condanna
deve basarsi su un prova al di la del ragionevole dubbio e non può fondarsi
su di un comportamento che appaia al giudicante incomprensibile.
2.4. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.
pen., in relazione all’art. 62 n. 4 cod. pen., per non essere stata concessa
l’attenuante della particolare tenuita’ del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente
infondati. Difatti tutti i motivi proposti attengono a valutazioni di merito
che sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di
valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e
l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24
del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Rv. 216260;
Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Rv. 226074 ). Ed inoltre, nel caso di
specie, ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia
di eguale segno, per cui il vizio di travisamento della prova può essere
rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti
(con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione
nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in

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della persona offesa.

I

tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), introdotta dalla legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il
vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa
uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si
omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere
nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo
grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del

d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia
richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez.
2 n. 5223 del 24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice
di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al
tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunto
alla medesima conclusione in ordine alla responsabilità dell’imputata per il
reato alla stesso ascritto al capo b).
Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando
coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza
impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del
fatto o della prova. In particolare la Corte territoriale dà, adeguatamente,
atto, del vaglio di credibilità al quale è stata sottoposta la deposizione della
persona offesa con motivazione in fatto immune da vizi di legittimità (sez. 3
n. 8382 del 22/1/2008, Rv. 239342); in tal senso si è fatto riferimento alla
coerenza intrinseca della narrazione ed all’assenza di animosità o ad intenti
calunniatori ed alle parziali ammissioni dell’imputata. La Corte territoriale
ha reso inoltre esaustiva motivazione che non presenta profili di
contraddittorietà ed illogicità manifesta, perché fondata su una logica analisi
dai dati oggettivi emersi nel processo, sull’esistenza di un preventivo
accordo fra l’odierna ricorrente e la Bordonaro: in tale direzione e’ stato
evidenziato come la Bordonaro si era presentata per prima nel negozio,
mentre la Siviero aspettava fuori; che la Siviero, dopo essere stata
chiamata dalla Bordonaro, aveva consumato il rapporto sessuale a
pagamento ed aveva poi consegnato meta del denaro ricevuto alla
Bordonaro.
Quanto detto vale anche per ritenere manifestamente infondata
anche la doglianza proposta con il terzo motivo. Del resto questa Corte ha,
in proposito, ritenuto che la regola di giudizio compendiata nella formula “al

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“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice

di là di ogni ragionevole dubbio”, impone di pronunciare condanna a
condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità
remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in
rerum natura” ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta,
risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali,
ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale
razionalità umana (sez. 2 n. 2548 del 19/12/2014, Rv. 262280).

all’art. 62 n. 4 cod. pen., la pena, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod.
pen. e’ stata ridotta rispetto a quella irrogata in primo grado, essendo stata
determinata nei limiti del minimo edittale ed avendo la Corte territoriale,
implicitamente e ragionevolmente, escluso, sulla base della ricostruzione
del fatto, la ricorrenza dell’attenuante della particolare tenuità.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputata che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in € 1.500,00.
Sull’istanza di liquidazione dell’onorario al difensore di ufficio dell’imputato
ammesso al gratuito patrocinio dovrà provvedere il giudice di merito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 29 aprile 2016

Il Consi

Il Presidente

Quanto, infine, al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui

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