Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22426 del 22/11/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22426 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAGI RAFFAELLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PAPANDREA ANGELINA N. IL 22/11/1963
avverso la sentenza n. 47/2009 TRIB.SEZ.DIST. di SIDERNO, del
13/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Data Udienza: 22/11/2013
IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza resa in data 13 aprile 2012 il GM del Tribunale di Locri, Sez.
Dist. di Siderno, affermava la penale responsabilità di Papandrea Angelina in
relazione al reato di cui all’art. 660 cod.pen. e la condannava alla pena di euro
300,00 di ammenda. I fatti risultano commessi sino al 14 marzo 2007 e
consitono in reiterati contatti telefonici verso le utenze in uso a Daqua Carmelo,
ritenuti molesti.
difensore – Papandrea Angelina deducendo erronea applicazione della legge
penale. Nel comportamento dell’imputata non sarebbe ravvisabile la ‘petulanza’ o
altro biasimevole motivo, pur non contestandosi l’avvenuta attribuzione delle
ripetute chiamate. L’imputata avrebbe agito per risentimento nei confronti del
Daqua (sindaco del comune di Camini) in relazione a vicende attinenti al
rapporto di servizio del marito con l’amministrazione comunale, interrottosi. Da
ciò una sorta di giustificazione della condotta, neanche ritenuta offensiva dalla
persona offesa.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi
addotti. Non vi è dubbio circa il fatto che la serie di chiamate indesiderate rappresentata in modo adeguato nella decisione impugnata – rappresenta di per
sè una molestia, in quanto interferisce nella vita privata e di relazione del
destinatario. Il fatto che alla base della condotta vi fosse un risentimento per
vicende attinenti l’attività di capo dell’amministrazione comunale svolta dalla
persona offesa non può essere considerato fattore di attenuazione o di
esclusione della punibilità, dato che il risentimento è stato manifestato con
modalità tali da integrare ‘petulanza’ il che non comporta la necessaria
percezione di una minaccia da parte della vittima, essendo sufficiente
l’alterazione momentaneya dalle proprie abituali occupazioni o dal riposo.
Peraltro, il risentimento accresce l’intenzione di arrecare – con le modalità di cui
alla decisione – disturbo alla tranquillità del destinatario.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che
pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
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2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 22 novembre 2013