Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22420 del 11/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22420 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
ARMANDO Francesco n. Palermo il 17 febbraio 1973
avverso la sentenza emessa il 23 gennaio 2015 dalla Corte di appello di Messina

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, sost. proc. gen. dott. Gabriele Mazzotta, che ha
chiesto a dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
osserva:

Data Udienza: 11/02/2016

Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza in data 23 gennaio 2015 la Corte di appello di Hessim ha

riformato la sentenza emessa il 4 novembre 2011 del Tribunale di Barcellona PG. con i&

q

le

Francesco Armando era stato dichiarato colpevole del reato di conec , rx in is.:itersitrie
consumata e tentata e, ritenuta la continuazione, era stato condannato alle pena d, anni sei di
reclusione ed euro 2.000,00 di multa. La Corte territoriale ha diciliaratd
dell’azione penale in ordine al reato di tentata estorsione perché estinto per p rescrizR)ne ed ha

ed euro 1.400,00 di multa.
L’Armando, secondo la tesi accusatoria, aveva conosciuto Fabio Cavaliere, affetto da una
malattia invalidante, tramite una donna di cui l’uomo era invaghito e con la quale lo steso
Armando aveva iniziato una relazione sentimentale; pur avendo accettato di svolgere attività
domestica presso l’abitazione del Cavallaro, l’imputato aveva ben presto inizato a pretendere
dall’uomo di essere retribuito senza lavorare, costringendolo a versargli 600,00 euro al mese,
con la minaccia di abbandonarlo lasciandolo privo di assistenza, ovvero accompagnandole a
prelevare la pensione dì invalidità di cui tratteneva per sé una parte rilevante, così arrivando a
far vivere il Cavallaro in uno stato di indigenza nonostante la pensione di invalidità e le rendite
immobiliari formalmente percepite.
2. Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per
cassazione deducendo la contraddittorietà della motivazione per non avere il giudice di merito
tenuto conto dell’inidoneità della minaccia di abbandono da parte dell’imputato, essendo la
persona offesa benestante e nel pieno delle facoltà mentali, quindi in grado di farsi assistere da
altre persone; per non aver considerato che la persona offesa aveva elargito rievanti somme di
denaro anche Mariella Sisalli (nei cui confronti si era proceduto separatamente) con la quale
aveva convissuto per tre anni prima della conoscenza dell’Armando e di cui si era innamorato
e, inoltre, che la stessa persona offesa negato di aver subito da parte dell’Armando violenze
fisiche o minacce, in effetti mai denunciate; secondo il ricorrente il Cavallaro, ini:elligente e
lucido, solo quando si era reso conto di aver perso la donna di cui si era invaghito, che aveva
intrapreso una relazione sentimentale con l’Armando, aveva presentato denuncia, mentre al
mar. Silvestro e al fratello Maurizio non aveva confidato alcunché sulle pressioni ricevute.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2.

Le doglianze riproducono infatti pedissequamente gli argomenti prospettati

nell’atto di appello, ai quali la Corte territoriale ha dato adeguate e argomentale risposte,
esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera né specificatamente
censura. Il giudice di appello per affermare l’infondatezza della tesi difensiva dell’inidoneità

rideterminato la pena per il residuo reato di estorsione consumata in anni círque di reclusiene

della minaccia nella condotta dell’imputato, che si sarebbe limitato a prospettare alla persona
offesa di non prestargli più assistenza, ha infatti, con argomentazioni inec::epibili sia
logicamente che giuridicamente, evidenziato che lo stato di soggezione psichica in cui la
persona offesa viveva poteva agevolmente ricavarsi dalle consistenti eargizioni di denaro
erogate all’Armando, in maniera del tutto ingiustificata, e dal suo ridursi in situazione di
indigenza pur disponendo di un cospicuo patrimonio. Nella motivazione della sentenza
impugnata si fa inoltre menzione delle specifiche minacce di morte riferite dal Cavallaro e del

di cui si era innamorato, andata a convivere con l’imputato in un immobile appartenente allo
stesso Cavallaro. Quanto alla possibilità della persona offesa di assumere altra persona al
posto del Cavallaro, che minacciava di lasciarlo privo di assistenza, nella sentenza impugnata si
pone in evidenza che il timore della persona offesa, in condizioni fisiche di inferiorità, era
soprattutto quello di perdere attraverso l’Armando il legame con la Sisalli. La prodigalità
dell’uomo nei confronti delle donne non è stato considerato un argomento convincente, avendo
l’imputato ottenuto con la costrizione quanto ricevuto. Il giudice di merito non ha mancato di
sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema
di estorsione, la prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto
agente integra gli estremi della minaccia contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il
male prospettato come conseguenza diretta di tale condotta, si faccia ricorso alla stessa per
coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, né conformi a
giustizia (Cass. sez.II 6 febbraio 2008 n.12082, Sartor; sez.II 4 novembre 2009 n.119,
Ferranti; sez.VI 19 giugno 2014 n.47895, Vasta). Quanto infine al fatto che la persona offesa
non si fosse confidata con il mar. Silvestro o con il fratello, la Corte territoriale con
argomentazione logicamente coerente lo ha ritenuto una ulterioreconferma dello stato di
soggezione psichica della persona offesa nell’ambito di una valutazione c:omplessiva della
vic:enda.
Tale specifica e dettagliata motivazione il ricorrente non prende nemmeno in
considerazione, limitandosi a ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con
diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata, proponendo una diversa
lettura dei fatti la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito ed è inammissibile
in questa sede, essendo stato comunque l’obbligo di motivazione esaustivarnente soddisfatto
nella sentenza impugnata con valutazione critica di tutti gli elementi offerti da l’istruttoria
dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente sotto il profilo logico-giuridico, degli
argomenti a sostegno dell’affermazione di responsabilità.
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle , ammende
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

timore di quest’ultimo di perdere i contatti con la Sisalli, che lo aveva in precedenza assistito e

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma 11 febbraio 2016

il cons. est.

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