Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22376 del 16/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22376 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
JLASSI MOURAD nato il 22/08/1994

avverso la sentenza del 10/11/2014 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE
ROBERTO MARIA;

Data Udienza: 16/05/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Il TRIBUNALE di ROMA, con sentenza in data 10/11/2014, applicava nei confronti di JLASSI
MOURAD la pena concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione ai reati di cui agli artt. 628
e 624, 625 c.p.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti, in particolare per quanto
concerne le aggravanti contestate.
Il ricorso è inammissibile; difatti per consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, di
recente ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/ 2013, dep. 06/02/2014, in
qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal
giudice, in quanto la qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e
l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.
proc. pen. Nondimeno, l’errore sul nomen iuris deve essere manifesto, secondo il predetto
orientamento, che ne ammette la deducibilità nei soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo
sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la
diversa qualificazione presenti margini di opinabilità. Nel caso di specie, la deducibilítà dell’invocato
errore deve essere esclusa, non risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione
giuridica dei fatti, così come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo.
Inoltre, poiché la richiesta consensuale di applicazione della pena si traduce in una scelta
processuale che implica la rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa mediante un atto
dispositivo con cui l’interessato abdica all’esercizio del diritto alla prova, l’intervenuto
patteggiamento preclude la possibilità di contestare, con i motivi di impugnazione, i termini fattuali
dell’imputazione (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637).

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.

Così deciso il 16/05/2016

motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione può denunciare anche l’erronea

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