Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22333 del 10/05/2018


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 22333 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Gentile Alberto Dario, nato il 22/05/1974 a Milano

avverso la sentenza del 03/08/2017 del Tribunale di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Alberto Dario Gentile ricorre, con atto depositato dal proprio difensore,
avverso il provvedimento in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano gli ha
applicato la pena su sua richiesta a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., in
relazione al reato di evasione dagli arresti domiciliari. A fondamento
dell’impugnazione, il patrono deduce la violazione di legge penale e processuale
in relazione agli artt. 54 cod. pen. e 129 cod. proc. pen., per avere il giudice
omesso di rilevare la sussistenza dei presupposti della scriminante dello stato di
necessità.

2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Data Udienza: 10/05/2018

2.1. Ed invero, secondo quanto dispone il comma 2-bis dell’art. 448 cod.
proc. pen. (come novellato dall’art. 1, comma 50, I. 23 giugno 2017, n. 103), “Il
pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la
sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al
difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione
giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”.
2.2. Ne discende l’inammissibilità del ricorso che attacchi – come appunto
quello dedotto dal ricorrente nella specie – la motivazione in ordine alla

3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento
delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene
congruo determinare in quattromila euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 10 maggio 2018

valutazione in ordine ai presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen.

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