Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22303 del 08/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22303 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCA CR FIRENZE S.P.A.

avverso l’ordinanza del 03/12/2015 della CORTE APPELLO di FIRENZE
sentita la relazione svolta dal Cons . glivre GIUSEPPE SAN, LUCIA;
lette/

tite le conclusioni del PG

Data Udienza: 08/03/2018

Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Firenze ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza della Cassa di •
Risparmio di Firenze s.p.a., volta ad ottenere la dichiarazione di permanenza del diritto di
ipoteca iscritta il 2 luglio 2014 a garanzia di un mutuo sul bene immobile oggetto di confisca
penale ai sensi dell’articolo 12-sexies d. I. n. 306 del 1992. Ha a tal fine premesso che alla
data dell’i gennaio 2013 il bene era già sottoposto a sequestro e che pertanto alla procedura
ablatoria non si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 159 del 2011 ma le

bene è stato confiscato 1’8 maggio 2013, e quindi in data successiva all’entrata in vigore della
legge n. 228 del 2012, e perciò, in forza dell’articolo 1, comma 199, della medesima legge, il
creditore istante avrebbe dovuto proporre domanda di ammissione al credito entro il termine
del 3 novembre 2013, ossia entro 180 giorni dal momento in cui la confisca era divenuta
definitiva. L’istanza di ammissione non è stata proposta entro il termine decadenziale, ma in
data 8 giugno 2015, con conseguente inammissibilità dell’azione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore, la Banca CR Firenze
s.p.a., denominata anche Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a., che ha articolato più motivi
Con il primo ha dedotto violazione di legge, dal momento che alla confisca disposta ai
sensi dell’articolo

12-sexies d.l. n. 306 del 1992 si applica la disciplina codicistica e, in

particolare, l’articolo 240, quarto comma, c.p. e l’articolo 676 c.p.p., per quanto riguarda la
tutela dei diritti del terzo titolare di un diritto reale di garanzia.
Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge, dato che alla confisca in esame
non si applicano le disposizioni della legge n. 228 del 2012. L’articolo 1 di tale legge ha
modificato l’articolo 12-sexíes d. I. n. 306 del 1992 ma soltanto per adeguare i richiami, in
tema di gestione dei beni sequestrati e confiscati, alle disposizioni del d. Igs. n. 59 del 2011,
sostitutive di quelle della legge n. 575 del 1965. Ciò attesta che il legislatore non ha inteso
equiparare le due normative, che, quindi, continuano ad essere disciplinate in modo difforme.
Con il terzo motivo ha dedotto violazione di legge, dato che soltanto alle procedure di
prevenzione antimafia si applica la procedura di cui alla legge n. 228 del 2012 e il termine di
decadenza ivi previsto.
Con il quarto motivo ha dedotto violazione di legge e difetto di motivazione. In ogni
caso, anche a voler ritenere applicabile la legge n. 228 del 2012, non può essere fatto valere il
termine di decadenza di cui all’articolo 1, comma 205, dal momento che l’estensione analogica
della disciplina non può travolgere le disposizioni codicistiche. Il terzo creditore titolare di un
diritto reale di garanzia su un bene confiscato ex articolo 12-sexíes d.l. n. 306 del 1992 trova
tutela nella fase esecutiva del procedimento penale in forza delle norme del codice di rito.
Con il quinto motivo ha dedotto difetto di motivazione, dal momento che il giudice non
ha dato conto delle ragioni per le quali, a fronte delle argomentazioni della difesa, ha ritenuto
di applicare la disciplina dettata in materia di misure di prevenzione antimafia.
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previgenti disposizioni della legge n. 575 del 1965, oltre che quelle della legge 228 del 2012. Il

Con il sesto motivo ha dedotto violazione di legge per la parte in cui la Corte territoriale,
pur decidendo nel merito, ha ritenuto che la competenza spetti al Tribunale di Firenze. Invero,
il giudice dell’esecuzione competente è la Corte di appello, che ha riformato la sentenza di
condanna non esclusivamente in relazione alla pena.
In subordine poi al mancato accoglimento del terzo e del quarto motivo, il ricorrente ha
prospettato la questione di costituzionalità delle norme di cui all’articolo 1, commi 199 e 205,
della legge n. 228 del 2012 in riferimento al creditore ipotecario su un bene confiscato ex
articolo 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, per violazione degli articoli 3, 24, 42 e 47 Cost. per la

trascrizione del sequestro o confisca ex articolo 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 la procedura
prevista dalla legge n. 228 del 2012, ivi compresi i termini perentori di decadenza. Infatti,
all’interno del procedimento penale nessuna norma prevede una comunicazione al terzo
creditore dell’avvenuto sequestro e della confisca, analogamente a quanto invece previsto nella
procedura di prevenzione.
In via ulteriormente subordinata il ricorrente ha prospettato la questione di
costituzionalità delle norme di cui all’articolo 1, commi 199, 205, 206, della legge n. 228 del
2012, per violazione degli articoli 24, 42 e 47 Cost., nella parte in cui applicano anche al terzo
creditore nell’ambito di un procedimento penale il termine perentorio di decorrenza della
istanza di ammissione, a far data dalla definitività della confisca, evento questo che non gli è
dato conoscere per la sua estraneità al giudizio.
Il procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia
qualificato come opposizione, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Firenze e, in
subordine, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente ha quindi presentato tre memorie. Con la prima memoria ha insistito sui
motivi di ricorso, in particolare sul primo, sul secondo e sul terzo. Con la seconda memoria ha
replicato alla requisitoria del procuratore generale, con cui ha ulteriormente argomentato circa
la fondatezza dei motivi di ricorso ed ha precisato, in punto di mezzo di impugnazione
esperibile nella specie, che la Corte di appello ha provveduto, in funzione di giudice
dell’esecuzione, a norma dell’articolo 666 c.p.p., con instaurazione del contraddittorio,
emettendo un’ordinanza impugnabile con ricorso per cassazione. Con la terza memoria ha
preso atto dell’intervento legislativo di interpretazione autentica dell’articolo 1, commi da 194 a
206, della legge n. 228 del 2012, operato con l’articolo 37 della legge n. 161 del 2017; ha
quindi proposto una lettura costituzionalmente orientata della disciplina applicabile, che faccia
dell’avviso ai creditori e della effettiva conoscibilità dell’avvenuta confisca dati essenziali della
procedura. In subordine ha prospettato le questioni di costituzionalità già avanzate, avendo ora
come riferimento l’articolo 37 legge n. 161 del 2017
Considerato in diritto
Il ricorso merita accoglimento nei termini e per le ragioni che di seguito si illustrano.
2

parte in cui si ritiene applicabile anche ai creditori muniti di ipoteca iscritta prima della

Nessun dubbio può residuare sull’applicabilità della disciplina contenuta nell’articolo 1,
commi da 194 a 206, della legge n. 228 del 2012 alle confische disposte in sede penale ai
sensi dell’articolo 12-sexies d.l. n. 306 del 1992.
Il legislatore è da ultimo intervenuto risolvendo ogni questione: l’articolo 37 della legge
n. 161 del 2017, che reca modifiche al codice antimafia, chiarisce, con dichiarata finalità di
interpretazione autentica, che “le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 194 a 206, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, si interpretano nel senso che si applicano anche con

306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive
modificazioni, all’esito di procedimenti iscritti nel registro di cui all’articolo 335 del codice di
procedura penale prima del 13 ottobre 2011”.
La legge n. 161 del 2017 ha così confermato l’indirizzo interpretativo manifestatosi nella
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “la disciplina prevista per i sequestri e le confische
di prevenzione dall’art. 1, commi 194 e ss. della legge 24 dicembre 2012 n. 228 in tema di
tutela dei terzi e di rapporti con le procedure concorsuali, si applica anche ai casi di confisca
definitiva penale ex art.

12-sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (cosiddetta “confisca

allargata”) con la conseguenza che la misura ablativa prevale su eventuali ipoteche, salvo una
successiva tutela di tipo risarcitorio in favore del creditore garantito” – Sez. 1, n. 21 del
19/9/2014, Ag. gaz. Amm.ne e Destin. Beni sequestrati, Rv. 261712 -.
Come stabilito dal comma 205 dell’articolo 1 legge n. 228 del 2012, il creditore munito
di ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione del sequestro è tenuto, a pena di decadenza,
a proporre domanda di ammissione del credito entro centottanta giorni dal momento in cui la
confisca è divenuta definitiva, quando la confisca, come nel caso in esame, sia successiva alla
entrata in vigore della menzionata legge n. 228 del 2012.
È appena il caso di ricordare che la confisca del bene ipotecato è stata disposta 1’8
maggio 2013, successivamente alla entrata in vigore della legge n. 228 del 2012, e che
pertanto, come affermato nell’ordinanza impugnata, il creditore ricorrente avrebbe dovuto
proporre domanda di ammissione del credito entro il 3 novembre 2013.
Il termine decadenziale decorre automaticamente dal verificarsi del fatto che ne segna il
termine iniziale, appunto l’acquisizione di definitività della confisca.
Non rileva, a tal fine, l’adempimento che la legge pone a carico dell’Agenzia nazionale
per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata. Questa è chiamata a dare avviso ai creditori nel termine di dieci giorni – sempre a
far data dalla definitività della confisca – a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile e,
in ogni caso, mediante apposito avviso inserito nel proprio sito Internet, del diritto di proporre
domanda di ammissione del credito nel termine sopra indicato, con precisazione del termine
finale per l’esercizio del diritto medesimo, e a fornire ogni altra utile informazione per
agevolare la presentazione della domanda.

3

riferimento ai beni confiscati ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.

In questo senso si sono di recente pronunciate le Sezioni unite di questa Corte
all’udienza del 22 febbraio scorso, con sentenza non ancora depositata nel procedimento
iscritto su ricorso della Business Partner Italia s.c.p.a.
Resta allora confermato l’approdo interpretativo che di tale soluzione aveva anche
valutato la conformità ai principi costituzionali, stabilendo che “è manifestamente infondata la
questione di legittimità dell’art. 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012 in relazione agli
artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui fa decorrere il termine di 180 giorni per la presentazione
dell’istanza di ammissione del credito dalla data della pubblicazione dell’avviso ai creditori,

conoscenza, in quanto la disciplina secondo cui la comunicazione ai creditori deve avvenire a
mezzo di posta elettronica certificata, ove possibile, e in ogni caso mediante apposito avviso
inserito nel sito Internet dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), è conforme ai principi di
ragionevolezza, tutela del diritto di difesa e certezza dei rapporti giuridici” – Sez. 6, n. 51060
del 19/7/2017, Unicredit S.p.a., Rv. 271374 -.
Da questa affermazione non discende però l’assoluta irrilevanza dell’adempimento
comunicativo e della conoscibilità, da parte dei creditori, dei fatti che li legittimano
all’intervento a tutela delle loro legittime pretese.
Se la legge ha previsto l’incombente, benché esso non identifichi il dies a quo per il
decorso del termine di decadenza, non è ragionevole non trarre conseguenza alcuna dal fatto
che l’avviso, per le modalità con cui è posto in essere e per ogni altra circostanza che connota
la singola vicenda, possa non realizzare il fine a cui è preposto.
Un’indicazione proviene, in questa prospettiva, dalla notizia di decisione riferita alla
pronuncia delle Sezioni unite del 22 febbraio scorso, a cui prima si è fatto cenno precisando
che non si ha ancora il deposito della relativa sentenza.
Le Sezioni unite hanno infatti chiarito che l’applicazione del termine di decadenza è in
ogni caso subordinata all’effettiva conoscenza, da parte del creditore, del provvedimento
definitivo di confisca; ed hanno aggiunto che, in ogni caso, è fatta salva la possibilità del
creditore di essere restituito nel termine se prova di non averlo potuto osservare per causa a
lui non imputabile.
Occorre allora valutare se dall’ordinanza impugnata emergano gli elementi per
affermare che l’adempimento di comunicazione sia stato compiuto in modo tale da consentire
un’effettiva conoscenza.
L’ordinanza dà atto che in data 2 luglio 2013, e quindi ben oltre i dieci giorni di legge da
quando la confisca era divenuta definitiva (8 maggio 2013), l’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
pubblicò sul proprio sito l’avviso ai creditori, nel quale era indicata la data di scadenza del
termine per la presentazione delle domande di ammissione al credito (4 novembre 2013).

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nelle forme indicate dalla legge, e non dal momento in cui i terzi creditori ne siano venuti a

Nulla di più è detto circa le modalità di composizione dell’avviso, e non è specificato se
contenesse tutte le informazioni necessarie al tempestivo esercizio del diritto del creditore.
Nell’ordinanza si afferma che l’avviso “risulta essere conforme alle prescrizioni del
comma 206 dell’articolo 1” della legge n. 228 del 2012, ma tale conformità non è
specificamente illustrata. Si afferma, ancora, che “l’istituto di credito istante era a conoscenza
della sentenza di II grado della Corte di appello e della conseguente statuizione di conferma di
tutte le parti non oggetto di riforma della sentenza di primo grado, fra cui la decisione in ordine
alla confisca…”, ma non si indicano le ragioni di fatto che sostengono una tale affermazione,

Queste carenze sono ancor più significative se valutate in raffronto a due dati indicati in
ricorso, e cioè che l’avviso pubblicato sul sito dell’Agenzia abbia individuato la procedura
interessata dalla confisca con il nome di uno dei condannati e non anche della imputata, pur
essa condannata, proprietaria del bene ipotecato; e che la confisca non era stata trascritta alla
data del 7 ottobre 2015, ben oltre quindi la scadenza del termine assegnato ai creditori per la
presentazione della domanda di ammissione.
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio alla Corte di appello di
Firenze, affinché sia compiuto un nuovo esame che possa stabilire, dando poi adeguata
motivazione, se gli adempimenti procedurali previsti dalla legge siano stati fatti in modo tale
da assicurare effettiva conoscenza al creditore ricorrente dell’avvenuta definitiva confisca del
bene ipotecato, sì che questi potesse, nel ristretto termine decadenziale, esercitare il diritto di
ammissione al credito.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Firenze.
Cos deciso in Roma, 8 marzo 2018.
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Il presidente
Angela Tardio

ossia che l’Istituto di credito fosse a conoscenza delle statuizioni della sentenza di appello.

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