Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22301 del 04/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22301 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIANFRANCESCO COSTANTINO N. IL 26/07/1973
avverso la sentenza n. 4675/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
03/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRA();

Data Udienza: 04/05/2016

Gianfrancesco Costantino ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Corte di Appello di Firenze indicata in epigrafe, che ha riformato,
riducendo il trattamento sanzionatorio, la pronuncia di condanna emessa dal
Tribunale di Firenze in relazione al reato di cui agli artt. 624, 625, comma 1, n.4
cod.pen.
L’esponente deduce, con unico motivo, erronea interpretazione dell’art.625,
comma 1, n.4 cod. pen. e travisamento delle risultanze istruttorie, avendo la
Corte di Appello ritenuto che la vittima del furto non si fosse allontanata dal
locale sebbene ciò emergesse dall’istruttoria e fosse stato accertato dal giudice di
primo grado.
Con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall’art. 606,
comma 1, lett. e), cod.proc.pen., come vigente a seguito delle modifiche
introdotte dalla legge 20 febbraio 2006, n.46, questa Corte Suprema ritiene che
la predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice della
legittimità, di effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della decisione
finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai
giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare
l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sottolineare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste ultime alle
acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso
qualora comporti il cosiddetto travisamento della prova, purché siano indicate in
maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate,
nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in
modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da
parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame
parcellizzato. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell’art.606,
comma 1, lett. e) cod.proc.pen. intenda far valere il vizio di «travisamento della
prova» (consistente nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o
nell’omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il
dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività
nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica) deve, inoltre, a pena
di inammissibilità (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035):
(a)
identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la
doglianza;
(b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto
emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella
sentenza impugnata;
(c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio
invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si
fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della
motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno
dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.
Valutato alla luce di tali principi, il ricorso risulta inammissibile.
Giova, sul tema in questione, sottolineare che i giudici di merito hanno
ravvisato l’aggravante del furto con destrezza nell’avere l’agente con . Si tratta di motivazione
coerente con l’orientamento interpretativo della Corte regolatrice, a mente del
quale le ragioni giustificative della previsione di questa aggravante si fondano
sull’esistenza di una particolare abilità dell’agente idonea a neutralizzare le
ordinarie difese della persona offesa. Ciò che caratterizza la destrezza è, infatti,
la circostanza che l’agente si avvalga di una sua particolare abilità (Sez. 2, n.
2

Motivi della decisione

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso i data 4 maggio 2016
Il

liere estensore

Il Presidente

9374 del 18/02/2015, Di Battista, Rv. 263235; Sez. 4, n. 14992 del 17/02/2009,
Scalise, Rv. 243207; Sez.5, n. 15262 del 23/03/2005, Gabriele, Rv. 232140;
Sez.4, n. 10184 del 10/12/2004, dep.2005, Illoni, Rv. 230991) per distrarre la
persona offesa, per indurla a prestare attenzione ad altre circostanze o, in
sintesi, per attenuare comunque la sua attenzione difensiva contro gli atti di
impossessamento della cosa. Questa interpretazione accolta dalla giurisprudenza
di legittimità indica che per ravvisare l’aggravante sia necessario comunque
l’approfittamento di una qualunque situazione di tempo o di luogo idonea a
sviare l’attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo che
normalmente viene esercitato sulla cosa al fine di garantirsene il possesso
(Sez.2, n. 18682 del 15/01/2015, Bono, Rv. 263517; Sez.5, n.7314 del
17/12/2014, dep. 2015, H, Rv. 262745; Sez. 5, n. 11079 del 22/12/2009, dep.
2010, Bonucci, Rv. 246888; Sez.4, n. 42672 del 10/05/2007, Aspa, Rv. 238296;
Sez. 5, n. 44018 del 10/10/2005, Fazio, Rv. 232811).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.

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