Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 223 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 223 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOUTHOURI AMARA N. IL 23/12/1974
avverso la sentenza n. 2159/2011 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di SANREMO, del 29/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 30/09/2013

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 29.10.2012, ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen.
il gip del Tribunale di Sanremo, applicava a BOUTHOURI Amara, -imputato del
reato di cui agli artt. 648 e 469 cod.pen, art.5 c. 8 bis d.lgs. 289/1998, per avere
ricevuto un permesso di soggiorno provento di furto, per avere fatto uso di detto
documento, nonché per averlo contraffatto apponendovi una falsa fotografia-, la

inflitta con sentenza Tribunale Sanremo, sez. distaccata di Ventimiglia 13.6.2011.

Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato pel
tramite del difensore, deducendo difetto di motivazione, quanto all’assoluzione ai
sensi dell’art. 129 cod.proc. pen.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art.
129 c.p.p. Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena art. 444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è da un lato, adeguato a quanto contenuto
nello accordo intervenuto fra le parti e dall’altro, ha specificatamente escluso la
sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 c.p.p, richiamando gli atti di indagine
che portarono al sequestro dei documenti e che riconducevano all’interessato la
condotta di falsificazione del documento provento di reato.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992,
Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998,
Messina).

.1

pena concordata tra le parti di anni uno di reclusione, quale aumento sulla pena

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della
cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 30 Settembre 2013.

P.Q.M.

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