Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22295 del 04/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22295 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BIANCARDI ROBERTO IVAN N. IL 25/07/1971
avverso la sentenza n. 6216/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 04/05/2016

Biancardi Roberto Ivan ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Milano indicata in epigrafe, che ha confermato la condanna pronunciata dal
Tribunale di Monza – Sezione Distaccata di Desio in relazione al reato di cui agli
artt.110,56 e 624 bis cod. pen.
Si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art.546 lett.d) cod.proc.pen. per avere i giudici di
merito omesso di soffermarsi sulle doglianze difensive in ordine all’invocata
assoluzione; con un secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione all’art.624 bis cod. pen. per non essere certa la prova
che l’imputato si fosse introdotto nella privata abitazione per realizzare un furto
e che, in ogni caso, gli atti fossero a ciò univocamente indirizzati; con un terzo
motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art.614
bis cod. pen., dovendosi sussumere il fatto in tale ipotesi di reato; con un quarto
motivo si lamenta l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile.
Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6,
n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), i motivi del ricorso, a pena di
inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.) debbono indicare specificamente
le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e
indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le
argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Il motivo di
ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Deve essere
sì anch’esso conforme all’art. 581 lett.c) cod.proc.pen. (e quindi contenere
l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando censura le ragioni
che sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in
modo specifico il vizio denunciato, così che esso sia chiaramente sussumibile fra i
tre, soli, previsti dall’art. 606,comma 1, lett. e) cod.proc.pen., deducendo poi,
altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso
logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata,
sì da condurre a decisione differente.
Esula, invece, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una
degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è
riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del
30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che
anche dopo la modifica dell’art.606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della
legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la
Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto
preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del
23/03/2006, Baratta, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono
consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 6,
n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv.244181). Delineato nei superiori termini
l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca,
in realtà, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio
ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in
punto di valutazione della prova, senza confrontarsi con la dovuta specificità con
l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito per affermare la responsabilità
penale dell’imputato.

2

Motivi della decisione

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in data 4 maggio 2016
lier estensore

Il Presidente

In ogni caso, la Corte territoriale ha fornito congrua e satisfattiva indicazione
delle ragioni del proprio convincimento circa la prova della responsabilità
dell’imputato (pag.2), giustificando anche i presupposti della sussistenza
dell’ipotesi di reato contestata.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, lungi dal confrontarsi
con la congrua motivazione offerta dalla Corte territoriale in replica ad analoghe
deduzioni difensive svolte nell’atto di gravame, la censura è meramente
reiterativa di queste ultime.
La funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata
avverso il provvedimento cui si riferisce. Risulta pertanto di chiara evidenza che
se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, si limita a riprodurre il motivo
d’appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, per
ciò solo si destina all’inammissibilità.
L’istanza di applicazione delle circostanze attenuanti generiche risulta
ampiamente esaminata dal giudice di appello, che è pervenuto al diniego in
ragione della . Occorre, in ogni caso, ricordare
che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice
nella determinazione della pena si richiede nel caso in cui la sanzione sia
determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla
media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta
implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare una pena
in misura media o prossima al minimo edittale (Sez.4, n.27959 del 18/06/2013,
Pasquali, Rv.258356; Sez.2, n.28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv.256464; Sez.
4, n.21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.256197). L’obbligo di motivazione
può, peraltro, ritenersi assolto con l’indicazione dei criteri ritenuti dirimenti senza
che il giudice sia tenuto a motivare con esplicita analisi di tutti gli elementi
valutativi previsti dal predetto articolo.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.

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