Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22294 del 04/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22294 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VERRASCINA NICOLA N. IL 07/07/1961
avverso la sentenza n. 3887/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 04/05/2016

Verrascina Nicola ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano
indicata in epigrafe, che ha riformato solo sul punto relativo al trattamento
sanzionatorio, disponendo la conversione della pena detentiva, la condanna
pronunciata dal Tribunale di Milano in relazione al reato di cui all’art.186, commi
1, 2 lett.c) e 2-sexies, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285.
Si censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione in ordine alla
valutazione di inattendibilità di due testimoni, travisamento della prova in
relazione alle dichiarazioni rese dai testimoni in ordine all’assunzione di alcolici
da parte dell’imputato successivamente al sinistro; con un secondo motivo si
deduce mancanza ed illogicità della motivazione in merito al diniego delle
circostanze attenuanti generiche ed ai criteri di determinazione della pena; con
un terzo motivo si deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
merito al principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Il ricorso è inammissibile.
Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6,
n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), i motivi del ricorso, a pena di
inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.) debbono indicare specificamente
le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e
indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le
argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Il motivo di
ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Deve essere
sì anch’esso conforme all’art. 581 lett.c) cod.proc.pen. (e quindi contenere
l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni
richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando censura le ragioni
che sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in
modo specifico il vizio denunciato, così che esso sia chiaramente sussumibile fra i
tre, soli, previsti dall’art. 606,connma 1, lett. e) cod.proc.pen., deducendo poi,
altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso
logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata,
sì da condurre a decisione differente.
Esula, invece, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una
degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è
riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del
30/04/1997, Dessinnone, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che
anche dopo la modifica dell’art.606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della
legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la
Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto
preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del
23/03/2006, Baratta, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono
consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 6,
n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv.244181). Delineato nei superiori termini
l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca,
in realtà, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio
ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in
punto di valutazione della prova, senza confrontarsi con la dovuta specificità con
l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito per affermare la responsabilità
penale dell’imputato.
In ogni caso, la Corte territoriale ha fornito congrua e satisfattiva indicazione
delle ragioni per le quali talune testimonianze a difesa dell’imputato non
2

Motivi della decisione

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in data 4 maggio 2016
e estensore

Il Presidente

potessero ritenersi credibili (pag.2) e delle ragioni del proprio convincimento
circa la prova della responsabilità dell’imputato (pag.3), analizzando con scrupolo
anche le prove contrarie. L’istanza di applicazione delle circostanze attenuanti
generiche risulta ampiamente esaminata dal giudice di appello, che è pervenuto
al diniego in ragione della condotta processuale dell’imputato. Occorre, in ogni
caso, ricordare che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri
seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede nel caso in cui la
sanzione sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque
superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di
merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di
irrogare una pena in misura media o prossima al minimo edittale (Sez.4,
n.27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv.258356; Sez.2, n.28852 del 8/05/2013,
Taurasi, Rv.256464; Sez. 4, n.21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.256197). In
ogni caso, l’obbligo di motivazione può ritenersi assolto con l’indicazione dei
criteri ritenuti dirimenti senza che il giudice sia tenuto a motivare con esplicita
analisi di tutti gli elementi valutativi previsti dal predetto articolo.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.

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