Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22292 del 06/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22292 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CENTOFANTI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO SEZIONE DISTACCATA CORTE D’APPELLO DI
SASSARI
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE
PENITENZIARIA
nel procedimento a carico di
RUSSO GIUSEPPE nato il 05/01/1964 a CASAL DI PRINCIPE

avverso l’ordinanza del 22/06/2017 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di
SASSARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CENTOFANTI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale MARIO PINELLI, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.

Data Udienza: 06/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Sassari,

respingendo il gravame proposto dall’Amministrazione penitenziaria, confermava
l’ordinanza 28 marzo 2017 del locale Magistrato di sorveglianza, che aveva
accolto il reclamo presentato, ai sensi degli artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b),
Ord. pen., dal detenuto Giuseppe Russo, assoggettato al regime differenziato
previsto dal suo art. 41-bis, e per l’effetto aveva disposto la disapplicazione delle

nelle parti disciplinanti, nell’ambito del circuito detentivo speciale, le modalità di
svolgimento dei colloqui visivi tra i ristretti ed i congiunti minori, di età inferiore
ai dodici anni.
Era stata in particolare censurata la prescrizione che limitava a dieci minuti,
pari ad un sesto del tempo complessivo accordato, la durata del colloquio in
assenza di vetro divisorio.
A fondamento della decisione, il Tribunale rilevava come la disposizione, di
natura amministrativa, fosse priva di base legale, né trovasse giustificazione in
esigenza alcuna di tutela della sicurezza pubblica. Una volta ammesso il contatto
fisico diretto tra il detenuto ed il minore infradodicenne, sulla base del rilievo
costituzionale, anche rispetto al detenuto, dei rapporti familiari, e del principio di
umanità della pena, alla protrazione di durata di quel contatto non sarebbe stato
possibile associare alcun apprezzabile aumento del rischio di condotte illecite,
anche tenuto conto delle cautele imposte dalla regolamentazione complessiva
dell’incontro (sorveglianza visiva da parte del personale di custodia e
videoregistrazione).

2. Ricorrono per cassazione tanto il Procuratore generale della Repubblica
presso la Corte d’appello che l’Amministrazione penitenziaria.
Il Pubblico ministero ricorrente deduce con unico motivo, ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 41-bis Ord. pen.,
soffermandosi sulla

ratio

della disposizione censurata, nonché sul suo

fondamento legale, e negando l’esistenza di un’ingiustificata ed eccessiva
compromissione di diritti soggettivi.
L’Amministrazione ricorrente, medianti plurimi connessi motivi, deduce pari
violazione del citato art. 41-bis, nonché dell’art. 4 legge n. 2248 del 1865,
allegato E), contestando che il giudice di sorveglianza avesse il potere di
«manipolare» l’atto amministrativo, lasciandolo in vita nella parte in cui si
derogava all’imposizione del vetro divisorio e di fatto annullandolo nella parte
limitativa della portata della deroga; e deduce ulteriormente la violazione degli

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relative circolari ministeriali di organizzazione, e dei provvedimenti attuativi,

artt. 29 Cost., 8 CEDU e 28 Ord. pen. (in connessione con il citato art. 41-bis),
imputando all’ordinanza impugnata di aver operato un irragionevole
bilanciamento tra il diritto del detenuto in regime speciale (costituzionalmente e
convenzionalmente protetto) all’effettuazione dei colloqui visivi in istituto e
l’esigenza di contenere la particolare pericolosità di cui questi è portatore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

una nuova disciplina in materia di organizzazione del circuito detentivo speciale
previsto dall’art. 41-bis Ord. pen.
Trattasi della circolare 2 ottobre 2017, n. 3676/616, con cui
l’Amministrazione penitenziaria ha inteso dettare nuove modalità uniformi di
regolamentazione, nel dichiarato obiettivo di coniugare le esigenze di
prevenzione e difesa sociale con quelle di umanità della pena e di un’esecuzione
di essa conforme ai principi costituzionali.
L’art. 16 tratta delle nuove modalità organizzative dei colloqui visivi con i
familiari. E’ ribadito che il detenuto potrà fruire di colloqui della durata massima
di un’ora, nella misura inderogabile di uno al mese, da effettuarsi ad intervalli di
tempo regolari, e secondo il sistema della preventiva prenotazione. L’incontro
dovrà avvenire presso locali appositamente adibiti, muniti di vetro a tutta
altezza, tale da non consentire il passaggio di oggetti di qualsiasi specie, tipo o
dimensione. Sul punto concernente lo svolgimento dei colloqui con i figli ed i
nipoti in linea retta, minori di anni dodici, è stabilito – con previsione innovativa
– che il detenuto potrà chiedere di essere ammesso a sostenere i colloqui, per
l’intera loro durata, senza vetro divisorio; dovrà essere allora assicurata la
presenza del minore nello spazio riservato al detenuto, e la contestuale presenza
degli altri familiari dall’altra parte del vetro, fermi l’ascolto e la videoregistrazione
da parte del personale di custodia, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria.

2. E’ indubbio che tale nuova regolamentazione, indipendentemente dalla
sua esatta qualificazione nel sistema delle fonti, abbia contenuto

lato sensu

normativo, del quale si debba tener conto, anche ad opera di questa Corte,
nell’applicazione della legge penale.
Essa comporta inevitabilmente la caducazione delle prescrizioni limitative dei
colloqui del detenuto in regime speciale con i minori infradodicenni, oggetto
dell’originario reclamo di Russo al Magistrato di sorveglianza.
La giurisprudenza di questa stessa Corte, con orientamento ormai costante,
ritiene che, in materia di reclami penitenziari, l’interesse all’impugnazione

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1. Nelle more del giudizio di cassazione è stata emanata, e ha preso vigore,

prescinde dalla permanente vigenza dell’atto impugnato, in quanto l’esito del
giudizio, una volta conclusa anche la fase del controllo di legittimità, è destinato
a riflettere i suoi effetti vincolanti, in via diretta e immediata, sul rinnovato
esercizio del potere in contestazione (Sez. 1, n. 20221 del 19/03/2013, La Torre,
Rv. 256187; Sez. 1, n. 2660 del 10/01/2005, Lombardo, Rv. 230550; Sez. 1, n.
23191 del 28/04/2004, Mertoli, Rv. 228547; Sez. 1, n. 4599 del 26/01/2004,
Zara, Rv. 228049), mentre la preclusione si tradurrebbe in un’inaccettabile
lesione del diritto del detenuto all’effettività del rimedio, destinato normalmente

Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Sez. 1, n. 8501 del 14/12/2012, dep.
2013, Attanasio, Rv. 254704; Sez. 5, n. 43113 del 21/09/2004, Mazzitelli, Rv.
230443; v. anche Corte EDU, 17/09/2009, Enea c. Italia, e 19/05/2015).
Nel caso di specie deve tuttavia giungersi a differente conclusione, in quanto
la perdita di efficacia degli atti ministeriali contestati è qui da ricondurre alla
novazione della fonte generale regolatoria, cui, da ora e per il futuro, l’esercizio
del potere dell’Amministrazione dovrà conformarsi.
Tale rilievo – in uno con l’ulteriore notazione, secondo cui la
regolamentazione generale di nuova introduzione appare nel suo contenuto
pienamente satisfattiva delle esigenze, di primario rango, sottese all’originario
reclamo proposto dal detenuto – determina la sostanziale cessazione della
materia del contendere, rendendo allo stato superfluo l’intervento nomofilattico
della Suprema Corte.
Deve così ritenersi venuto meno l’interesse di tutte le parti alla definizione
dei proposti ricorsi.

3. Questi ultimi devono essere pertanto dichiarati inammissibili per tale
causa, non comportando tale statuizione alcuna pronuncia a norma dell’art. 616
cod. proc. pen. (da ultimo, Sez. 3, n. 57883 del 25/10/2017, 0., Rv. 271806).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 06/03/2018

ad incidere su beni di assoluto rilievo alla luce della Costituzione e della

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