Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22290 del 04/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22290 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MELE ANTONIO N. IL 23/04/1937
avverso la sentenza n. 1568/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
12/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 04/05/2016

Mele Antonio ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Torino indicata in epigrafe, che ha confermato la pronuncia di
condanna emessa dal Tribunale di Torino – Sezione Distaccata di Susa in
relazione al reato di cui all’art.624 cod. pen., con recidiva.
L’esponente deduce, con unico motivo, erronea applicazione dell’art.192
cod.proc.pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione con riferimento alla valutazione delle testimonianze. Nel ricorso si
lamenta l’omessa concessione dell’attenuante di cui all’art.62 n.4 cod pen.,
trattandosi di danno modestissimo.
Il ricorso è inammissibile.
Lungi dal confrontarsi con la congrua motivazione offerta dalla Corte
territoriale in replica ad analoghe deduzioni difensive svolte nell’atto di gravame,
il ricorso è meramente reiterativo di queste ultime.
Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6,
n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), la funzione tipica
dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui
si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.), devono
indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto,
innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica
indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità.
Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581 lett.c) cod.proc.pen. (e quindi
contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando
censura le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, così che
esso sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606,comma 1,
lett. e) cod.proc.pen., deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della
sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per
giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente.
Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso
in esame, si limita a riprodurre il motivo d’appello, senza confrontarsi con la
motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità,
venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la
critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione
il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di
specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in data 4 maggio 2016
ere estensore

Il Presidente

Motivi della decisione

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