Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22283 del 04/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22283 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MALEZIC DENIS N. IL 26/11/1975
MITROVIC RUBIN N. IL 02/12/1993
RADOSAVLJEVIC DUSKO N. IL 03/11/1974
avverso la sentenza n. 2196/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 29/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 04/05/2016

Con un primo ricorso Malezic Denis, Mitrovic Rubin e Radosavljevic Dusko
hanno proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte di
Appello di L’aquila in epigrafe, che ha rideterminato e ridotto, in applicazione
dell’art.63, quarto comma, cod. pen., la pena inflitta con la pronuncia di
condanna emessa dal Tribunale di Teramo in relazione ai seguenti reati:
violazione degli artt.624 bis, commi 1 e 3, in relazione all’art.625, comma 1,
nn.2 e 5, cod. pen.; violazione degli artt.624 bis, commi 1 e 3, in relazione
all’art.625, comma 1, nn.2 e 5, cod. pen. e 4 legge 18 aprile 1975, n.110, 61 n.2
cod. pen.; violazione degli artt.4 legge n.110/75, 110 e 61 n.2 cod. pen. Con la
recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale e pluriaggravata per Malezic e
Mitrovic e con la recidiva specifica e reiterata per Radosavljevic.
Gli esponenti deducono violazione dei criteri legali di valutazione della prova
liberatoria per avere i giudici di merito escluso dall’oggetto del giudizio ogni
elemento favorevole emerso a loro discolpa; con un secondo motivo deducono
violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al trattamento
sanzionatorio, ritenendo che le richieste di adeguamento della pena a
ragionevolezza siano state disattese senza valutare criteri diversi da quelli
legislativamente prefigurati.
Con un secondo ricorso Malezic Denis deduce violazione di legge ai sensi
dell’art.606 lett.b) cod.proc.pen. in relazione all’art.62 bis cod. pen. per aver
tenuto conto dei soli precedenti penali risalenti nel tempo senza valutare il suo
retto comportamento successivo.
I ricorsi sono inammissibili.
La prima censura riguarda una questione non sottoposta al giudice di
appello, investito di gravame con esclusivo riferimento al trattamento
sanzionatorio. E secondo quanto, anche recentemente, affermato da questa
Suprema Corte, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606,
comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., dispone che non possano essere
dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno
che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di
questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola
trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere
dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo
ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello, in
quanto non devoluto con l’impugnazione (Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep.
7/03/2013, Bonaffini, Rv.256631). Dalla lettura di tali disposizioni in combinato
disposto con l’art.609, comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione di
questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l’inammissibilità delle
censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di
appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez.
5, n.28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577; Sez.2, n.40240 del
22/11/2006, Roccetti, Rv.235504; Sez.1, n.2176 del 20/12/1993, dep. 1994,
Etzi, Rv.196414).
Il secondo motivo del primo ricorso ed il secondo ricorso sono inammissibili
perché tanto l’istanza di riduzione della pena irrogata in primo grado sia l’istanza
di applicazione delle circostanze attenuanti generiche risultano ampiamente
esaminate dal giudice di appello, che è pervenuto al diniego in ragione dei
numerosi precedenti penali, anche specifici, degli imputati e delle modalità di
commissione dei furti. Occorre, in ogni caso, ricordare che una specifica e
dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella
determinazione della pena si richiede nel caso in cui la sanzione sia determinata
in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media,
risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta
implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare una pena
in misura media o prossima al minimo edittale (Sez.4, n.27959 del 18/06/2013,
Pasquali, Rv.258356; Sez.2, n.28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv.256464; Sez.
2

Motivi della decisione

4, n.21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.256197). In ogni caso, l’obbligo di
motivazione può ritenersi assolto con l’indicazione dei criteri ritenuti dirimenti
senza che il giudice sia tenuto a motivare con esplicita analisi di tutti gli elementi
valutativi previsti dal predetto articolo.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

4 maggio 2016

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 2.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

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