Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22269 del 25/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22269 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: BARONE LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
ANTILLE GRAZIA MARIA nato il 01/11/1984 a TORRE ANNUNZIATA
ANTILLE COLOMBA nato il 05/12/1964 a TORRE ANNUNZIATA

avverso l’ordinanza del 31/03/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI

sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI BARONE;

lette le conclusioni del Procuratore Generale, nella persona del sost. Giulio
Romano, per l’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 25/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31.3.2017 la Corte di appello di Napoli, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta dal Procuratore Generale
distrettuale di correzione del dispositivo della sentenza emessa dalla Corte
medesima il 10.12.2013 (irrevocabile il 18.6.2015) nei confronti di Antille Grazia
Maria ed Antille Colomba, nella parte in cui non figura concesso alle predette il
beneficio della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena che si
assumeva essere stato riconosciuto nella parte motiva della sentenza.

sentenza suindicata era di conferma di quella del Tribunale di Torre Annunziata
del 19.11.2009 e che laddove si ravvisi una difformità tra la parte motiva di una
sentenza e quella dispositiva deve prevalere quest’ultima.
2. Avverso il provvedimento hanno interposto ricorso entrambe le condannate,
deducendo inosservanza dell’art. 601, comma 1, cod. proc. pen., in quanto la
regola generale di favor per il dispositivo, posta a fondamento della decisione
impugnata, sarebbe, a dire delle predette, derogata nel caso in cui l’esame della
motivazione consenta di ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente il
procedimento seguito dal giudice sì da condurre alla conclusione che la
divergenza dipende da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile e
contenuto nel dispositivo.
3.

Con requisitoria scritta depositata il 28.11.2017 il Procuratore Generale

presso questa Corte ha concluso chiedendo che il ricorso venisse dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i ricorsi sono inammissibili per le ragioni che si passa ad esporre.
2. In primo luogo errano le ricorrenti nel ritenere che nel caso di specie si
verta in una ipotesi di discrasia tra motivazione e dispositivo.
La sentenza di appello, di cui si chiede la correzione dell’errore materiale, non
contiene in parte motiva alcun cenno alla sospensione condizionale della pena
che, a questo punto, deve ritenersi semmai essere stata riconosciuta in
motivazione dal primo giudice.
La dedotta difformità potrebbe, dunque, essersi verificata nella decisione di
primo grado (il condizionale è d’obbligo in quanto quest’ultima non è stata
allegata al ricorso) e, pertanto, la difesa avrebbe potuto e dovuto eccepirla in
sede di cognizione nei giudizi di gravame.
In ogni caso, il ricorso si arresta ad una soglia di genericità, non soltanto per il
rilevato difetto di allegazione, ma perché si esaurisce in una serie di richiami
giurisprudenziali senza alcun addentellato al caso concreto che consenta di
cogliere la ragione per cui nella fattispecie dovrebbe accordarsi prevalenza alla
motivazione sul dispositivo.

2

A sostegno della decisione resa, la corte territoriale evidenziava che la

Al riguardo, l’insegnamento di questa Corte (non disconosciuto neanche dalle
ricorrenti) è costante nel ritenere che la regola generale secondo cui, in caso di
difformità, il dispositivo prevale sulla motivazione della sentenza incontra una
deroga soltanto nel caso in cui l’esame della motivazione stessa consenta di
ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente il procedimento seguito dal
giudice, sì da condurre alla conclusione che la divergenza dipende da un errore
materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo (Sez. 3, n.
19462 del 20/02/2013, Dong, Rv. 255478; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016,

239053).

3. I ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili e da ciò consegue
la condanna delle parti private soccombenti al pagamento delle spese processuali
e ciascuna, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., n. 186 del 2000), al
versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che
si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in euro duemila.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuna al versamento della somma di euro duemila in
favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 gennaio 2018.

Ariano, Rv. 267082; v. anche Sez. 3, n. 8391 del 23/01/2008, Kalani, Rv.

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