Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22261 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22261 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FABBRIZZI ENZO nato il 05/05/1957 a ANAGNI

avverso la sentenza del 06/11/2014 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 28/04/2016, la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI
che ha concluso per 7t(2., tusaeLE70 dZSZ_

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Catania, con sentenza del 6/11/2014 ha ritenuto

Enzo

FABBRIZZI, direttore di produzione della «I.B.G. s.p.a.», responsabile del reato di
cui all’art. 5, lett. b) legge 283\1962 per aver prodotto e commercializzato, in

consumata da persona che riscontrava all’interno sostanze semi-solide e mollicce
(in Paternò, 10/7/2011) e lo ha condannato alla pena dell’ammenda.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, lamentando
che la decisione impugnata avrebbe erroneamente ritenuto pacifica tra le parti la
ricostruzione dei fatti, mentre, al contrario, tale evenienza sarebbe smentita dalle
stesse emergenze processuali.
Lamenta, altresì, l’assenza di motivazione in ordine alla credibilità delle
dichiarazioni rese dal consumatore in sede di denuncia ed ai diversi passaggi
distributivi che avevano interessato il prodotto prima della sua consumazione da
parte dell’utente finale, i quali ultimi assumerebbero rilievo anche con riferimento
alla sostanza contaminante rinvenuta all’interno della lattina ed alla
riconducibilità della stessa all’attività svolta dalla società dell’imputato.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la errata qualificazione
giuridica del fatto, perché la violazione contestata riguarderebbe la cattiva
conservazione del prodotto e non anche la sua contaminazione all’atto della
produzione, nonché l’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato.

4. Con un terzo motivo di ricorso deduce l’inutilizzabilità delle analisi
effettuate ai sensi dell’art. 223 disp. att. cod. proc. pen.. in quanto gli
accertamenti analitici sarebbero stati effettuati sulla lattina sottoposta a
sequestro non convalidato nei termini dal Pubblico Ministero procedente e senza
dare avviso al titolare dell’azienda produttrice della bevanda.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

1

cattivo stato dyi, conservazione, la bevanda analcolica in lattina «Pepsi», poi

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Risulta preliminare ed assorbente la verifica della tempestività del ricorso.
La sentenza impugnata è stata emessa con motivazione contestuale.
Il termine per l’impugnazione era quello di quindici giorni ai sensi degli art.

Detto termine, secondo quanto stabilito dall’articolo 585, comma 2, lett. b)
cod. proc. pen., decorre dalla lettura del provvedimento in udienza per tutte le
parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se
non sono presenti alla lettura.

2. Va a tale proposito ricordato come la giurisprudenza di questa Corte abbia
chiarito che il termine per l’impugnazione della sentenza decorre, per l’imputato
contumace, dalla data in cui l’estratto gli è notificato e non da quella in cui la
sentenza, pur con motivazione contestuale, è letta in udienza (cfr. Sez. 5, n.
14581 del 15/12/2014 (dep. 2015), Curia, Rv. 263587).
Diversamente, tale notifica non è dovuta per l’imputato assente (Sez. 3, n.
4855 del 29/11/2012 (deo. 2013), Rhazouani, Rv. 254427) e tale diversa
considerazione da parte del legislatore è stata giustificata osservando che la
condizione dell’assente, il quale ha partecipato almeno ad una parte del processo
e, per sua scelta sopravvenuta, può aver deciso di non essere presente alla
lettura del dispositivo, non è assimilabile a quella del contumace, che, invece,
non ha partecipato ad alcuna fase del processo, cosicché è giustificata la
previsione in suo favore del suddetto avviso (Sez. 4, n. 22623 del 7/5/2008,
Vergallo, Rv. 239894).

3. Ciò posto, deve rilevarsi che, secondo quanto indicato nell’intestazione
della sentenza impugnata, l’odierno ricorrente è qualificato come «libero
assente», a differenza del coimputato, assolto e non impugnante, indicato come
«libero contumace».
Risulta dagli atti, la cui consultazione non è preclusa al Collegio, stante la
natura della questione in esame, che l’imputato risultava presente nel corso del
giudizio, essendo stata revocata il 28 aprile 2014 la contumacia
precedentemente dichiarata.
Avuto riguardo alla data della sentenza (6 novembre 2014) il termine per
l’impugnazione per l’imputato assente spirava il 21 novembre 2014 mentre,

2

544, comma 1 e 585 comma 1, lett. a) cod. proc. pen.

come risulta dall’attestazione apposta dalla cancelleria, il ricorso è stato
depositato presso il Tribunale di Napoli, evidentemente ai sensi dell’art. 582,
comma 2 cod. proc. pen., soltanto il 19 gennaio 2015.

4. Il ricorso è stato, dunque, tardivamente proposto e, pertanto, deve essere
dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del
procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) in
favore della Cassa delle ammende
Così deciso in data 28.4.2015

ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.500,00

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