Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2226 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2226 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ROGGIO SANTO N. IL 01/08/1976
avverso la sentenza n. 5780/2011 GIP TRIBUNALE di CATANIA, del
07/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 16/11/2012

1. Con sentenza del 7.3.2012 il GUP del Tribunale di Catania applicava a Raggio Santo,
previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la diminuente
per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di anni 3 di reclusione ed
curo 14.000,00 di multa per il reato di cui all’art.73 DPR 309/90.
Propone ricorso per cassazione Roggio Santo, a mezzo del difensore, denunciando
l’erronea applicazione degli artt.73 DPR 309/90 e 444 c.p.p., essendo errata la
qualificazione giuridica del fatto contestato (sussumibile nella ipotesi di lieve entità
di cui al comma V).
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in
virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in
modo evidente una della cause di non punibilitò previste dall’art.129 c.p.p.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444
cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
La possibilità, poi, di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del
fatto, contenuta in sentenza, deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai
casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui
reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione
presenti margini di opinabilità “(ex plurimis Cass.pen. sez.4 n.10692 dell’11.3.2010:
sez.6 n.45688 del 20.11.2008; sez.3 n.44278 del 23.102007).
Nel caso di specie dalla contestazione risultava che il ricorrente era imputato di aver
detenuto a fini di spaccio 81 involucri di sostanza stupefacente, per cui il GUP ha
ritenuto corretta la qualificazione giuridica del fatto (secondo la previsione di cui al
comma 1 dell’art.73 DPR 309/90), così come prospettata dalle parti.
2.2. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in curo 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di curo .500,00.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2012
Il Consigli
ri
est.
te

DEPOSITATA

OSSERVA

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