Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22258 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22258 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LEONE SERAFINO nato il 11/09/1940 a ISOLA DI CAPO RIZZUTO

avverso la sentenza del 08/01/2015 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 28/04/2016, la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI
che ha concluso per…C.A,,„0

Udit i difensor Avv.;

—€…”4″,C.,t,t.e._

Data Udienza: 28/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza dell’8/1/2015 ha

confermato la decisione con la quale, in data 19/12/2013, il Tribunale di Crotone
aveva affermato la responsabilità penale di Serafino LEONE in ordine ai reati di

assenza di permesso di costruire ed in violazione sulla disciplina delle costruzioni
in zone sismiche e sulle opere in conglomerato cementizio armato, di un
fabbricato su due piani fuori terra aventi una superficie di circa 150 mq ciascuno
(fatti accertati in Isola di Capo Rizzuto il 2/2/2010), concedendo allo stesso la
sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere
abusive entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando
che la individuazione del termine apposto al beneficio concesso si porrebbe in
contrasto con la prevalente giurisprudenza di questa Corte, che lo avrebbe
individuato in in novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza ed,
inoltre, impedirebbe il necessario coordinamento tra la procedura sanzionatoria
penale e quella demandata all’autorità amministrativa.

3. Con un secondo motivo di ricorso rileva il decorso dei termini massimi di
prescrizione del reato.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi manifestamente
infondati.
Va preliminarmente ricordato che è ormai pacificamente riconosciuta la
possibilità, per il giudice penale, di subordinare l’applicazione della sospensione
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cui agli artt. 44, lett. b), 64, 71, 93, 94 e 95 d.P.R. 380\01, per la realizzazione, in

condizionale alla demolizione delle opere abusive.
Tale possibilità, secondo un primo orientamento, confermato anche dalle
Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 1 del 10/10/1987 (dep.1988 ), Bruni, Rv.
177318 ), non era originariamente ammessa. Tuttavia, una successiva pronuncia
delle medesime Sezioni Unite (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep. 1997),
Luongo, Rv. 206659 ) ha fornito un condivisibile indirizzo interpretativo,
ammettendo la legittimità della sospensione condizionale subordinata alla
demolizione, che appare, peraltro, giustificata dalla circostanza che la presenza

conseguenza dannosa o pericolosa del reato, da eliminare (cfr. Sez. 3, n. 32351
del 1/7/2015, Giglia e altro, Rv. 264252; Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013
(dep.2014), Russo, Rv. 258517; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina Rv.
255466; Sez. 3, n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, Rv. 237825 ; Sez. 3, n.
18304 del 17/1/2003, Guido, Rv. 22471; Sez. 3, n. 4086 del 17/12/1999 (dep.
2000), Pagano, Rv. 216444).
Di tale consolidato indirizzo interpretativo risulta pienamente consapevole il
ricorrente, il quale, infatti, non ne contesta la fondatezza, limitandosi invece a
porre in dubbio, come si è specificato in premessa, la legittimità
dell’individuazione del termine fissato dal giudice del merito per l’adempimento
della condizione in trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza,
affermando, in sostanza, che lo stesso, sulla base della prevalente giurisprudenza
di questa Corte, andrebbe quantificato in almeno novanta giorni, termine
corrispondente a quello previsto dall’art. 31 del d.P.R. 380\01.

2. Tale assunto, però, risulta del tutto infondato e basato su una errata
lettura della richiamata giurisprudenza.
Viene infatti citata in ricorso, a sostegno della tesi prospettata, una decisione
di questa Corte (Sez. 3, n. 23840 del 13/5/2009, RG. in proc. Neri, Rv. 244078)
che, nel caso in cui il giudice abbia omesso di provvedere alla indicazione del
termine per adempiere all’obbligo di demolizione del manufatto abusivo, lo indica
in novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, applicando il
parametro previsto dall’art. 31, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Tale decisione, le cui conclusioni venivano successivamente ribadite (Sez. 3,
n. 7046 del 4/12/2014 (dep.2015), Baccari, Rv. 262419; Sez. 3, n. 25930 del
22/5/2013, Tascone, non massimata; Sez. 3, n. 10581 del 6/2/2013, Lombardo,
Rv. 254757) si contrapponeva ad un più risalente indirizzo interpretativo con il
quale si era sostenuto che, in caso di condanna per reati edilizi con
subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla
demolizione del manufatto abusivo senza indicazione di un termine da parte del

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sul territorio di un manufatto abusivo rappresenta, indiscutibilmente, una

giudice, va determinata la sua coincidenza con quello legale di cui all’art. 163
cod. pen. che, per le contravvenzioni, è di due anni (Sez. 3, n. 7283 del
11/1/2007, P.M. in proc. Faralla, Rv. 235954).

3. Tale più risalente pronuncia, rilevando la infondatezza delle conclusioni cui
era pervenuto il giudice a quo – in quanto avrebbero portato a ritenere che la
condizione apposta alla sospensione della pena possa essere soddisfatta in ogni
tempo, senza alcun limite temporale preclusivo, determinando l’impossibilità di

condizione – si limita ad affermare che, in assenza dell’apposizione di un termine
per l’adempimento da parte del giudice, questo debba ritenersi coincidente con
quello legale di cui all’art. 163 cod. pen., per il quale la pena resta sospesa e,
cioè, di due anni per le contravvenzioni.
Nel far ciò, la sentenza si riporta implicitamente al contenuto di una
precedente decisione, la quale, rilevando che la previsione del termine di cui
all’art. 165 cod. pen. costituisce una clausola, apposta quale ulteriore condizione
per la concessione del beneficio, che implica per il condannato la scelta tra
l’eliminare le conseguenze del reato, così evitando di subire la pena, oppure
continuare a godere del prodotto del reato, esponendosi all’esecuzione penale,
affermava che l’omessa apposizione del termine da parte del giudice non
comporta la nullità della clausola, ma solo l’integrazione della stessa con il
termine legale di cui all’art. 163 cod. pen. (Sez. 3, n. 33933 del 5/7/2001,
Saglimbeni P, Rv. 220197).
Nella medesima sentenza si osserva che il principio, in precedenza affermato
(Sez. 2, n. 10219 del 13/3/1991, Sperone, Rv. 188600, conf. Sez. 2, n. 10510 del
18/6/1982, Vailatti, Rv. 156000), era pienamente condiviso in ragione del fatto
che il termine così individuato risulta corrispondente al periodo di tempo che la
legge prende in esame per valutare se il comportamento tenuto dal condannato
lo renda meritevole del beneficio, ritenuto implicitamente applicabile anche agli
obblighi restitutori e risarcitori, ove non diversamente disposto.
Diversamente dal più recente e difforme indirizzo offre una diversa soluzione
del problema, partendo dalla premessa che, per la soluzione della questione, non
può farsi ricorso a criteri generali universalmente applicabili, in quanto
dipendente dalla natura e dalla specie dell’obbligo al cui adempimento sia stato
subordinato il beneficio.
Sulla base di tale premessa si osserva che il beneficio della sospensione
condizionale della pena è finalizzato a dissuadere il condannato dalla reiterazione
del reato per conseguire il vantaggio della sua estinzione, mentre la condizione
apposta al beneficio tende, nel caso dell’illecito edilizio, «…a

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rafforzare

revocare la sospensione condizionale della pena per mancato adempimento della

l’adempimento dell’obbligo di demolire opere abusive avendo come obiettivo la
rapida eliminazione di situazioni antigiuridiche produttive di effetti negativi
sull’assetto territoriale». Per queste ragioni, si osserva «non è accettabile che la
condizione apposta al suddetto beneficio per il conseguimento anticipato del
ripristino dell’integrità territoriale possa essere adempiuta fino alla scadenza del
termine stabilito, sia pure anche a scopo dissuasivo, per fare conseguire al
condannato il vantaggio dell’estinzione del reato. L’esito naturale di tale risultato
non potrà, quindi, essere conseguito in tutte quelle situazioni in cui potendo

pericolose del reato, il condannato non adempia nel termine fissato dal giudice a
quanto impostogli con la condizione».
Ad ulteriore sostegno di tale tesi si è anche specificato (Sez. 3, n. 25930 del
22/5/2013, Tascone, cit.) che l’individuazione del termine non apposto dal giudice
in misura coincidente con quello previsto dall’art. 31 del d.P.R. 380\01 consente
un adeguato coordinamento tra la procedura sanzionatoria penale e quella,
convergente, demandata all’autorità amministrativa.

4. Ciò posto, deve tuttavia rilevarsi come, nelle sentenze appena richiamate,
si era verificata una situazione del tutto diversa da quella in esame, in quanto il
giudice del merito, pur subordinando il beneficio della sospensione condizionale
della pena alla demolizione del manufatto abusivo, aveva, come si è visto, del
tutto omesso l’indicazione del termine per l’adempimento della condizione e
quello individuato in novanta giorni veniva ritenuto più coerente rispetto all’altro,
quantificato dalla contrapposta pronuncia in due anni.
Si osservava, infatti, che, tenuto conto dello sviluppo del procedimento
amministrativo sanzionatorio, risulterebbe del tutto incongrua la previsione, in
caso di concessione della sospensione condizionale, di un termine di gran lunga
maggiore per pervenire al medesimo risultato della demolizione ed, inoltre,
sarebbero del tutto vanificate le finalità individuate dalla difforme giurisprudenza
ed in precedenza ricordate, venendosi di fatto a consentire al condannato di
procrastinare l’eliminazione delle conseguenze del reato diversamente da quanto
avverrebbe (o dovrebbe avvenire) se il beneficio non venisse concesso o non
fosse subordinato all’adempimento dell’obbligo.
Nella sentenza cui si riferisce il ricorrente (ed anche in quelle successive),
dunque, non viene individuato un termine minimo inderogabile per
l’adempimento dell’obbligo di demolizione cui è subordinata la sospensione
condizionale della pena, perché viene, invece, semplicemente posto rimedio
all’omissione del giudice del merito, specificando che, in assenza di un diverso
termine di adempimento, questo va individuato in novanta giorni, richiamando a

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essere anticipatamente conseguita l’eliminazione delle conseguenze dannose o

tale proposito, del tutto ragionevolmente, l’art. 31 del d.P.R. 380\01.

5. Va tuttavia rilevato che, come si desume dalla semplice lettura della
richiamata disposizione, il termine di novanta giorni per la demolizione viene
individuato dal menzionato art. 31 d.RR. 380\01 solo perché dal suo infruttuoso
decorso consegue l’acquisizione gratuita del manufatto abusivo e dell’area di
sedime al patrimonio del Comune (e l’irrogazione delle sanzioni amministrative
pecuniarie di cui al comma 4-bis), ma non costituisce affatto una sorta di

eseguita direttamente dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio tecnico
comunale nei casi previsti dall’art. 27 del d.P.R. 380\01.
Va anche ricordato che la demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi
dell’art. 31, comma 9 d.P.R., 380\01 costituisce atto dovuto ed è esplicazione di
un potere autonomo e non alternativo al quello dell’autorità amministrativa, con
il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del
11/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012,
Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv.
198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, P.M.
in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo,
Rv. 206659). La richiamata disposizione, inoltre, si pone come norma di chiusura
del complesso sistema sanzionatorio amministrativo in precedenza descritto (cfr.
Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665
del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).
L’ordine del giudice, peraltro, prescinde del tutto dagli effetti ablatori e
sanzionatori dell’inadempimento all’ingiunzione nel termine di novanta giorni di
cui al terzo comma dell’art. 31 d.P.R. 380\01, del tutto indipendenti dal giudicato
penale, tanto è vero che, nei casi diversi da quelli concernenti la omessa
indicazione, da parte del giudice, del termine per l’adempimento della condizione
della demolizione del manufatto abusivo cui è subordinata la sospensione della
pena, non viene attribuito alcun rilievo al termine di novanta giorni, che non
viene neppure preso in considerazione.

6.

In altre occasioni, infatti, questa Corte ha, seppure implicitamente,

riconosciuto la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena
alla demolizione del manufatto abusivo entro un termine inferiore a quello di
novanta giorni (si vedano, ad esempio, Sez. 3, n. 32834 del 19/06/2013, Natalizi,
Rv. 255874 ove il termine è fissato in sessanta giorni dal passaggio in giudicato
della sentenza; Sez. 3, n. 28356 del 21/5/2013, Farina, Rv. 255466 che si riferisce
ad un termine di due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza) o anche

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sbarramento temporale alla demolizione la quale, peraltro, può anche essere

maggiore (cfr. Sez. 3, n. 20378 del 24/02/2004, Borrello e altro, Rv. 229035, ove il
termine è fissato in sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza).
Del resto, l’art. 165 cod. pen. prevede una statuizione discrezionalmente
adottabile dal giudice, che ben può essere motivatamente adeguata al caso
concreto.
Ciò è pacificamente avvenuto nella vicenda in esame, laddove la Corte
territoriale ha anche chiarito che le caratteristiche e le dimensioni dell’opera
abusiva giustificavano la pronta demolizione e, in presenza di un termine

l’applicazione di quello, diverso, che, lo si ripete, questa Corte ha indicato al solo
fine di sopperire ad eventuali omissioni, non verificatesi nel caso di specie.
La sentenza impugnata risulta pertanto del tutto immune da censure.

7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento,
nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma, equitativamente fissata, di euro 1.500,00.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei
motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e,
pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui
all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more
del procedimento di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013,
Ciaffoni, Rv. 256463)

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) in
favore della Cassa delle ammende
Così deciso in data 28.4.2015

precisamente stabilito, non poteva il ricorrente pretendere dai giudici del merito

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