Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22257 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22257 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PONZO CLARA nato il 13/01/1933 a ROMA

avverso la sentenza del 10/10/2014 del TRIBUNALE di CIVITAVECCHIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 28/04/2016, la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI

Q: °WL

che ha concluso per

Udit i difensor Avv.;

ilocm

Data Udienza: 28/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza del 10/10/2014, ha riconosciuto
Clara PONZO responsabile della contravvenzione di cui all’art. 1161 Cod. Nav.,
per aver arbitrariamente occupato aree demaniali marittime esercitandovi

gennaio 2009) e l’ha condannata alla pena dell’ammenda.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il
proprio difensore di fiducia, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.

2. Denuncia, in particolare, la ricorrente la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, lamentando che il giudice del merito non avrebbe motivato in
ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, come avrebbe imposto
la arbitrarietà dell’occupazione dell’area demaniale che la norma richiede,
assumendo, altresì, che, al fine di dimostrare la sua buona fede e la non
arbitrarietà dell’occupazione, aveva prodotto documentazione relativa alla
domanda di concessione dello spazio demaniale presentata ai competenti uffici.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Come ricorda la stessa ricorrente, la giurisprudenza di questa Corte ha
ripetutamente affermato che, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 1161
Cod. Nav., è richiesta, in ragione della arbitrarietà che deve connotare la
condotta, la precisa consapevolezza di occupare abusivamente uno spazio
demaniale (Sez. 3, n. 37165 del 6/5/2014, Parisi e altro, Rv. 260179;Sez. 3, n.
29915 del 13/7/2011, P.M. in proc. Amati, Rv. 250666; Sez. 3, n. 18822 del
31/3/2011, P.M. in proc. Bianchi, Rv. 250010).
Tale principio è pienamente condiviso dal Collegio.

2. Nel caso di specie, tuttavia, diversamente da quanto prospettato in

1

l’attività di rimessaggio di imbarcazioni e di cantiere nautico (in Fiumicino, 29

ricorso, il giudice del merito ha sufficientemente motivato in ordine alla
consapevolezza, da parte dell’imputata, della arbitrarietà dell’occupazione degli
spazi demaniali.
Osserva infatti il Tribunale che l’imputata, all’atto del controllo, risultava in
possesso di «richieste di concessione» rivolte alla Regione, ma non disponeva
materialmente di alcun titolo che l’abilitasse ad occupare dette aree. Inoltre,
all’atto del controllo, era stata verificata la realizzazione di opere non
contemplate dalla richiesta di concessione.

sussistenza degli elementi costitutivi del reato, dando dimostrazione del fatto che
la consapevolezza e volontarietà dell’illecita occupazione da parte dell’imputata
era stata ritenuta proprio in ragione della presentazione della richiesta alla
regione, che ne avrebbe regolarizzato la posizione, mentre l’attività di
rimessaggio e cantiere nautico veniva svolta da tempo e continuava, nonostante
ciò, ad essere svolta.
Il Tribunale non tralascia neppure di considerare la documentazione prodotta
dalla difesa, dando atto di averne ricavato la conferma che l’imputata non
disponeva comunque di autorizzazione all’occupazione dello spazio demaniale.
La sentenza impugnata risulta, pertanto, del tutto immune da censure.

3. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento,
nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma, equitativamente fissata, di euro 1.500,00.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare
d’ufficio la prescrizione del reato maturata prima della sentenza di appello, ma
non rilevata né eccepita in quella sede o nei motivi di ricorso (Sez. U, n. 12602
del 17/12/2015 (dep. 2016), non ancora massimata).

2

Alla luce di tali emergenze probatorie il Tribunale ha riconosciuto la piena

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento) in
favore della Cassa delle ammende

Così deciso in data 28.4.2015

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