Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22247 del 22/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22247 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– CERUTTI GIOVANNI, n. 7/07/1965 a CUNEO

avverso la sentenza del Tribunale di CUNEO in data 22/12/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. P. Filippi, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 22/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 22/12/2014, depositata in data 2/01/2015, il
tribunale di Cuneo ha condannato CERUTTI GIOVANNI alla pena di 7000 C di
ammenda, rateizzando l’importo, per il reato di cui all’art. 256, comma primo,
lett. a), d. Igs. n. 152 del 2006, perchè, non iscritto all’albo gestori, nel corso del
2012 e fino al 1/10/2012, aveva effettuato 139 conferimenti di rifiuti metallici ad

sivamente alla stessa 93.444,00 kg. di metallo e ricevendone un corrispettivo
superiore a 27.000,00 C.

2. Ha proposto personalmente ricorso CERUTTI GIOVANNI, impugnando la sentenza predetta con cui deduce un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
per violazione dell’art. 256 d. Igs. n. 152 del 2006.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto, sostiene il ricorrente – il quale, si noti, non specifica quale vizio tra quelli indicati dall’art. 606
cod. proc. pen. inficerebbe la decisione, ciò che renderebbe per ciò solo generica
l’impugnazione, sicché questa Corte è stata costretta ad interpretare dalla ricostruzione del contenuto dell’impugnazione i profili di censura mossi – da un lato,
la prova della responsabilità del medesimo sarebbe emersa solo da un controllo
documentale eseguito sui registri della ditta che detti rifiuti aveva ricevuto;
l’assenza di qualsiasi verifica presso la ditta del ricorrente, anche per accertare la
disponibilità di mezzi e/o strumenti necessari per far ritenere che lo stesso potesse svolgere un sì consistente commercio non consentirebbe, a suo giudizio, di
ritenere raggiunta la prova della sua responsabilità; sul punto, aggiunge il ricorrente, la sola documentazione amministrativa sarebbe insufficiente, in quanto vi
sarebbe un caso di “omonimia” con altro soggetto, sicché non sarebbe possibile
affermare che i trasporti siano stati tutti e da lui eseguiti. Dall’altro lato, poi, il
ricorrente sostiene essersi trattato di pochi trasporti con carattere di occasionalità, avendo egli svolto saltuariamente l’attività di raccolta di rifiuti; in applicazione, dunque, della giurisprudenza di legittimità che esclude la necessità
dell’autorizzazione in caso di attività occasionalmente svolta il reato non sarebbe
configurabile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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una ditta esercente attività di raccolta e smaltimento di rifiuti, venendo comples-

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4. Ed invero, quanto al primo profilo di doglianza di cui al motivo, la sentenza
spiega che i conferimenti risultavano documentalmente provati e che il soggetto
che conferiva i rifiuti risulta essere identificato con documento di identità. Il mo-

volto peraltro a chiedere a questa Corte il compimento di un apprezzamento fattuale (verifica dell’esistenza della presunta omonimia), operazione com’è noto
inibita in sede di legittimità.
Quanto, poi, alla presunta “occasionalità” dell’attività di trasporto, l’affermazione
del ricorrente è smentita dalla stessa ricostruzione fattuale, essendo infatti emerso essersi trattato di attività non solo protrattasi nel tempo ma che ha dato
luogo a ben 139 conferimenti, peraltro traendo cospicuo vantaggio economico,
calcolato in 27000,00 €.
Deve, pertanto, essere riaffermata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui
ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la
qualifica soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere
in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in
modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalità (Sez.
3, n. 5716 del 07/01/2016 – dep. 11/02/2016, P.M. in proc. Isoardi, Rv. 265836,
relativo a fattispecie, sostanzialmente analoga a quella qui esaminata, in cui
questa Corte ha desunto il carattere non occasionale della condotta dall’esistenza
di una minima organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla
predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto
perseguito dall’imputato).

5. Il ricorso dev’essere, conclusivamente, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.

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tivo di ricorso, quindi, si appalesa manifestamente infondato perché generico, ri-

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 22 marzo 2016

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