Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22245 del 22/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 22245 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIUNTA CARMELO, nato a Modica il 24/05/1968

avverso la sentenza del 2/12/2013 del Tribunale di Siracusa

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Paola Filippi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
intervenuta prescrizione.

Data Udienza: 22/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2.12.2013 il Tribunale di Siracusa, pronunciando nei
confronti di Giunta Carmelo, imputato del reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 279,
comma 1, d.lgs. 152/06, perchè, in qualità di titolare e legale rappresentante
dell’omonima ditta, violava le prescrizioni imposte dall’Autorità relativamente alle
emissioni dell’impianto di proprietà dello stesso e, segnatamente, utilizzava

all’emissione in atmosfera (in Rosolini dal 9 aprile 2009 al 6 ottobre 2009) lo
dichiarava colpevole del reato scrittogli e lo condannava alla pena di euro 800,00
di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, concedendogli il beneficio
della pena sospesa.

2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cessazione
Giunta Carmelo, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod.
proc. pen:
a. art. 606, comma 1, lett. b) ed e) per motivazione inesistente o apparente.
Il ricorrente deduce che nella sentenza impugnata manca del tutto
l’interpretazione della norma che si assume violata e la ricostruzione dei fatti, con
conseguente vizio che oltrepassa la manifesta illogicità e si sostanzia nel vizio di
violazione di legge.
b. Violazione e falsa applicazione dell’art. 267 del d.lgs. n. 152/2006 nonché
difetto, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione
Il ricorrente deduce che il reato dì cui all’art. 279 d.lgs. 152/2006 prevede
quale presupposto non la generica possibilità ma la concreta attività di produzione
delle emissioni da parte dell’impianto; nella specie, invece, il Tribunale non ha
accertato le effettive emissioni in atmosfera da parte dell’impianto esistente
nell’officina del ricorrente ed aveva richiamato la relazione dei Carabinieri di
Lamezia nella quale si dava atto che la cabina di verniciatura e la saldatrice
risultavano “accessi ed operativi”.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’ affermazione di responsabilità dell’imputato contenuta nella sentenza
impugnata è frutto di una valutazione approfondita che ha tenuto conto di tutti i

2

sostanze tossiche senza aver mai richiesto la preventiva autorizzazione

dati probatori acquisiti e sulla base della quale è stato espresso un giudizio di
certezza in termini incontestabili.
In base alle dichiarazioni testimoniali rese dal teste Micciulla e della
documentazione acquisita, è stato accertato che, al momento del controllo,
l’odierno ricorrente era privo della prescritta autorizzazione per l’emissione in
atmosfera delle sostanze tossiche; è stato, altresì, accertata non solo l’avvenuta
immissione in atmosfera di sostanze tossiche sprigionate da attività di
verniciatura, ma anche la loro provenienza da un locale adibito ad attività di

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La contravvenzione prevista dall’art. 279, comma primo, del d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152 (che, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti e fino al
25.8.2010, puniva “chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita
un’attività in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio
dell’impianto o dell’attività con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa,
revocata o dopo l’ordine di chiusura dell’impianto o di cessazione dell’attività” e
che, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 3, comma 13, del d.lgs. n. 128
del 2010, punisce “chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza
della prescritta autorizzazione ovvero continua l’esercizio con l’autorizzazione
scaduta, decaduta, sospesa o revocata”), è configurabile indipendentemente dal
fatto che le emissioni in atmosfera superino o meno i valori limite stabiliti dalla
legge, in quanto è sufficiente che le stesse siano comunque moleste e, di per sè,
inquinanti, attesa la natura formale del reato (Sez.3,n.48474 del 19/07/2011,
Rv.251618).
Trattasi, infatti, per costante indirizzo di questa Corte, di un reato
permanente, formale e di pericolo (Sez. 3, n. 24334 del 13/5/2014, Boni, Rv.
259670), che non richiede neppure che l’attività inquinante abbia avuto effettivo
inizio, essendo sufficiente la sola sottrazione della stessa al controllo preventivo
degli organi di vigilanza (Sez. 3, n. 192 del 24/10/2012, Rando, Rv. 254335); ne
consegue, a maggior ragione, che la contravvenzione prescinde dalla circostanza
che le emissioni superino i valori limite stabiliti, in quanto non costituisce un reato
di danno ma, per l’appunto, di mera condotta, la cui ratio si ravvisa nella necessità
che la pubblica amministrazione possa esercitare un controllo preventivo su
attività potenzialmente dannose per l’ambiente (Sez.3,n.28764 del 09/06/2015
Rv.264881; Sez. 3, n. 35232 del 28/6/2007, Fongaro, Rv. 237383, riferita
all’omologa fattispecie incriminatrice di cui all’art.25 d.P.R 24.5.1988 n. 203
rispetto alla quale la fattispecie di cui all’art. 279 comma 1 d.lgs 152/2006 si pone
in rapporto di continuità normativa).

3

falegnameria da parte di Giunta Carmelo.

3. La manifesta infondatezza dei motivi proposti impone la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
5.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta

impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause
di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez.2,
n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428de1 22/03/2005, Rv.231164;
Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 22/3/2016

infondatezza dei motivi proposti non consente il formarsi di un valido rapporto di

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