Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22241 del 06/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22241 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
M’Barki Aymen, nato il 01/07/1981

avverso l’ordinanza n. 1552/2015 del 12/01/2016 del Tribunale del riesame di
Torino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 06/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1.M’Barki Aymen, in data 14 novembre 2015, è stato arrestato in flagranza
di reato (contestato al capo a) per aver offerto a Fumagalli Jesus Carlo Andrea
una dose di sostanza stupefacente del tipo cocaina e per aver detenuto 18,5
grammi lordi della medesima sostanza stupefacente (nel vano del contatore Enel
adiacente al garage a lui in uso) e grammi 4,7 di sostanza stupefacente del tipo

grazie alle sommarie informazioni rese dal Fumagalli (l’acquirente della
sostanza), è stato appurato che l’indagato, almeno una volta alla settimana,
cedeva a quest’ultimo singole dosi di stupefacente del tipo cocaina (fatto questo
contestato al capo b).

2.11 Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara, ad esito di
udienza di convalida (nella quale l’arrestato ha risposto all’interrogatorio), ha
ritenuto i gravi indizi di colpevolezza in relazione ad entrambi i fatti reato di cui
alla imputazione preliminare; ha ritenuto l’esigenza cautelare connessa al rischio
di recidivanza specifica, in ragione delle precarie condizioni di vita dell’indagato
(privo di attività lavorativa) e della condotto attuata (indicativa della natura non
occasionale dell’attività di spaccio); e, in punto di scelta della misura, in
considerazione dell’incensuratezza dell’indagato ed in difetto di esperiti
accertamenti tecnici sul quantitativo di principio attivo contenuto nella sostanza
rinvenuta, ha ritenuto misura idonea quella dell’obbligo di dimora nel Comune di
Novara con divieto di uscita dalla propria abitazione nelle ore notturne e con
obbligo di presentazione quotidiana alla PG.

3.11 Tribunale del riesame di Torino, in accoglimento dell’appello del PM, con
ordinanza emessa in data 12 gennaio 2016, ha sostituito nei confronti
dell’indagato la misura applicata dal Gip con quella della custodia cautelare in
carcere. Nella parte motiva della ordinanza il Tribunale ha dato atto di aver
disposto accertamento tecnico per stabilire il quantitativo di principio attivo
contenuto nella sostanza in sequestro, ma ha dato altresì atto di non aver potuto
tener conto dell’esito del disposto accertamento, in quanto all’atto della
pronuncia dell’ordinanza non era stata ancora depositata la relazione tecnica del
consulente nominato.

4.Avverso la suddetta ordinanza del Tribunale del riesame propone ricorso
l’indagato a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo violazione di le

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hashish (nella camera da letto della sua abitazione). Al momento dell’arresto,

e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inadeguatezza di ogni altro presidio
diverso da quello inframurario a fronteggiare le paventate esigenze cautelari.
Al riguardo il ricorrente fa presente che la vicenda potrebbe concludersi con
una sanzione finale entro i limiti edittali di cui all’art. 275 comma 2 bis. Inoltre la
motivazione sarebbe illogica laddove il Tribunale del riesame dapprima dispone
accertamento tecnico peritale sulla sostanza stupefacente rinvenuta al fine di
poter procedere ad una valutazione più completa della gravità dell’episodio, e poi
pretermette di attendere l’esito di tale risultato, che avrebbe potuto e dovuto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.

2.In via preliminare, non può non essere rilevato che la misura cautelare
della custodia in carcere, già extrema ratio secondo la disciplina previgente, è
divenuta ancor più marginale e residuale a seguito dell’entrata in vigore (in data
8 maggio 2015) della Legge 16 aprile 2015 n. 47 che ha accentuato il carattere
di “eccezionalità” della misura cautelare massima prevista dall’ordinamento
processuale.
Ciò in ragione di diverse disposizioni che si rinvengono nella novella
normativa:
– l’obbligo di evitare l’applicazione della custodia cautelare in carcere
nell’ipotesi in cui altre misure coercitive interdittive, “anche cumulativamente
applicate”, risultino adeguate a salvaguardare le esigenze cautelari individuate
(primo periodo del terzo comma dell’art. 275 c.p.p.);
– il superamento di quasi tutte le presunzioni assolute di adeguatezza della
sola misura custodiale carceraria rimaste in vigore solo in riferimento ai tre
gravissimi delitti previsti dagli artt. 270, 270 bis e 416 bis c.p. (secondo periodo
del terzo comma dell’art. 275 c.p.p.);
– l’obbligo di motivare dettagliatamente, in ipotesi di applicazione della
custodia carceraria, le “specifiche ragioni” per le quali si ritiene inidonea
l’applicazione della misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo
elettronico previste dall’art. 275 bis c.p.p. (art. 275 comma 3 bis c.p.p);
– la possibilità di non applicare la custodia cautelare in carcere anche in
ipotesi di violazione del divieto di allontanamento dal luogo di esecuzione della
misura degli arresti domiciliari, in ipotesi di fatto di “lieve entità” (art. 276
comma 1 ter c.p.p.);

essere invece oggetto di preliminare valutazione.

-il superamento del divieto assoluto di applicazione della misura gradata
degli arresti domiciliari in ipotesi di evasione infraquinquennale, anche in questo
caso, qualora il fatto sia di “lieve entità” e le esigenze cautelari possano essere
soddisfatte con la custodia domiciliare (art. 284 comma 5 bis c.p.p.);
-la possibilità di applicare, anche in sede di aggravamento del regime
cautelare, più misure coercitive o interdittive congiuntamente, anche in tal caso
nell’ottica di ridurre l’applicazione della misura massima della custodia carceraria
(art. 299 comma 4 c.p.p.);

misure interdittive, soprattutto custodiali (art. 308 comma 2 c.p.p.).

3. Richiamata la portata della citata novella, va altresì ricordato che la
giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. sent. n. 16085 del
31/03/2011, P.M. in proc. Khalil, Rv 249324), ha più volte affermato che il
principio di adeguatezza, al pari di quello di proporzionalità, opera come
parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze
ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del
provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una
costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare
le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio
della minor compressione possibile della libertà personale.

4. Orbene, alla ratio sottesa alla novella ed ai suddetti principi affermati
da questa Corte non risulta essersi attenuto il Tribunale del riesame di Torino,
laddove, in accoglimento dell’appello del PM, con la impugnata ordinanza, ha
sostituito nei confronti dell’odierno ricorrente la misura (non custodiale) applicata
dal Gip con la misura custodiale di massimo rigore (invocata dal PM).
Invero, il Tribunale del riesame di Torino – dopo aver riportato l’evolversi
dei fatti che avevano portato alla contestazione dei fatti reati, di cui alla
imputazione preliminare e dopo aver richiamato le dichiarazioni rese dall’odierno
ricorrente in sede di interrogatorio di convalida – ha, dapprima, riportato (e
motivatamente condiviso) le valutazioni del giudice cautelare di prima fase,
laddove quest’ultimo aveva ritenuto la gravità indiziaria (in considerazione degli
elementi risultanti dal verbale di arresto, delle sommarie informazioni rese dal
Fumagalli e delle dichiarazioni rese dallo stesso indagato, che, in sede di
interrogatorio di convalida, aveva ammesso che sarebbe stata sua intenzione
vendere la cocaina, che gli era stata rinvenuta, per proccurarsi il denaro
necessario per provvedere alla sua fidanzata, in stato di gravidanza) e l’esigenza
cautelare di cui all’art. 274 lett. c) (in considerazione delle precarie condizioni di

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-la notevolissima espansione, fino a 12 mesi, della durata massima delle

vita dell’indagato, privo di attività lavorativa, e delle modalità della condotta
attuata, indicative della non occasionalità dell’attività di spaccio).
Ciò posto, in punto di scelta della misura, il Tribunale ha disatteso la
valutazione del Gip (che aveva ritenuto adeguata quella dell’obbligo di dimora
nel Comune di Novara con divieto di uscita dalla propria abitazione nelle ore
notturne cumulata con l’obbligo di presentazione quotidiana alla PG, in
considerazione della incensuratezza dell’indagato e del fatto che allo stato non
era ancora certo il quantitativo di principio attivo della sostanza rinvenuta),

Comune di Novara e che misure non detentive, sia pure tra loro non cumulate,
sarebbero state inadeguate a fronteggiare le profilate esigenze cautelari (in
particolare, sarebbe stata inadeguata la misura degli arresti domiciliari, anche se
con previsione del braccialetto elettronico, in quanto l’indagato, pur in regime di
custodia cautelare, avrebbe potuto continuare a svolgere la sua attività illecita,
tanto più che il Furnagalli aveva riferito di essere andato più volte proprio a casa
del ricorrente per acquistare cocaina).
Senonché il Tribunale, così operando, ha invertito l’ordine logico delle
questioni: in una situazione (come quella di specie) nella quale, in assenza di
specifici accertamenti tecnici, i fatti – che sono stati ritenuti da entrambi i giudici
cautelari, sia pure in via di qualificata probabilità – potrebbero astrattamentelsie -ricondotti sia all’ipotesi di cui all’art 73 comma 1 che alla meno grave (ed oggi
autonoma) ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 (punita con pena della reclusione
fino a 4 anni e, dunque, inferiore alla soglia di anni 5 di cui all’art. 280 comma 1
c.p.p.), il Tribunale avrebbe dovuto ritenere, sino a prova contraria, detta ultima
ipotesi, in quanto più favorevole all’indagato; e – anche alla luce dell’attuale
incensuratezza dell’indagato – avrebbe dovuto considerare che, allo stato,
l’indagato potrebbe financo astrattamente concludere la sua vicenda giudiziaria
con una sanzione finale entro i limiti preclusivi ex art. 275 comma 2 bis c.p.p.
dell’applicabilità delle misure cautelari custodiale.
Poiché ciò non è avvenuto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata
con rinvio per nuovo esame al Tribunale del riesame di Torino.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Torino
Così deciso il 06/05/2016.

osservando che l’attività di spaccio era stata svolta dall’indagato proprio nel

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