Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22238 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22238 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FEOLA NICOLA N. IL 12/02/1957
PASQUARIELLO TERESA N. IL 10/11/1959
SERGIO ALESSANDRO N. IL 23/01/1988
BUONO MARCO N. IL 19/09/1985
BUONO SALVATORE N. IL 29/09/1978
avverso la sentenza n. 11691/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
16/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 144.d0 4441143 t
che ha concluso per P ogkito AetUoli:

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Avv

(31.<44,,0 aVertIr Data Udienza: 29/01/2014 RITENUTO IN FATTO 1. Il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 24/1/2011, giudicò, per quel che rileva in questa sede, insieme ad altri, Feola Nicola, Pasquariello Teresa, Sergio Alessandro, Buono Salvatore e Buono Marco, variamente imputati dei reati di cui all'art. 73, condannandoli alle pene reputate di giustizia di cui in dispositivo. 1.1. La Corte d'appello di Napoli, investita dell'impugnazione proposta dai predetti imputati, con sentenza del 16/5/2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel resto confermata, sempre per quel che qui rileva, rideterminò, riducendole, le pene inflitte in primo grado al Feola, alla Pasquariello e al Sergio. 2. Appare opportuno, nei limiti del presente giudizio, riprendere i termini essenziali della vicenda siccome narrati nelle sentenze di merito. Complesse attività informative ed investigative dalla P.G. avevano consentito di appurare che presso l'abitazione dei coniugi Fecola-Pasquariello si svolgeva un continuativo ed organizzato spaccio di sostanze stupefacenti. Attraverso vari atti investigativi (sequestri, captazioni telefoniche, attività di osservazione e controllo) si aveva modo di accertare che i predetti coniugi utilizzavano come fornitore abituale il Sergio, al fine di avere scorta sufficiente a far fronte alle esigenze dei consumatori e di altri soggetti interessati ad ulteriore smercio (fra questi gli altri imputati). 3. Tutti gli imputati di cui sopra ricorrono per cassazione. 4. Feola Nicola con il primo motivo, denunziante violazione di legge, adduce la nullità dell'impugnata sentenza, in quanto all'udienza del 21/3/2012, nella quale il processo in grado d'appello non poté essere celebrato per adesione del difensore, avv. Giuseppe Guadagno, all'astensione indetta dall'OUA, nonostante fosse stato eccepito che l'avv. Anna Pisani, altro difensore dell'imputato, non fosse stata raggiunta dalla notifica dell'avviso d'udienza, la Corte territoriale, rigettata l'istanza, ritenuta tardiva in quanto non sollevata alla precedente udienza del 18/1/2012 (nella quale il processo non era stato, del pari, trattata a causa di un disguido), rinviando all'udienza del 16/5/2012 (nella quale il processo verrà trattato e definito), dispose darsi avviso all'avv. Pisani. Secondo la tesi impugnatoria, in tal modo il giudice d'appello era incorso in un'ipotesi di nullità ai sensi dell'art. 178, lett. C), cod. proc. pen., tempestivamente dedotta ex art. 180, cod. proc. pen. l t 4.1. Con il secondo, terzo e quarto motivo il ricorrente, denunziando violazione di legge, difetto e vizio motivazionale, assume che in assenza di una perizia tossiGologica o, almeno, di prove di narcotest, non si sarebbe potuta affermare la penale responsabilità del medesimo, in quanto: a) gli esigui quantitativi di cui ai capi 1)-4) e 16) si sarebbero potuti conciliare con presenze minime o nulle di principio attivo, tali da rendere la sostanza inerte e, quindi, il reato contestato impossibile; b) in assenza di narcotest non tabellarmente indicate dalla legge; c) la Corte territoriale, nel rispondere alle doglianze d'appello sul punto, aveva mancato di fornire plausibile motivazione, né era possibile affidarsi per relationem alla sentenza di primo grado, a sua volta priva di motivazione. 4.2. Con il successivo motivo, con il quale vien dedotta violazione di legge, il Feola si duole del mancato riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 5 dell'art. 73 cit. In sintesi, la censura muove dal presupposto che l'attenuante in parola ha la funzione di mitigare il trattamento penale assai severo laddove, pur in presenza d'una attività continuata, per l'assenza di grandi quantitativi e d'inserimento in contesti di criminalizzata organizzata, per la rudimentalità e la modestia dei mezzi, come nel caso in esame, negare la ricorrenza della fattispecie significherebbe punire in misura sproporzionata la condotta contestata, assumendola ingiustamente omogenea a quelle ben più gi'avi escluse dalla previsione normativa in parola. 4.3. Con il sesto ed ultimo motivo l'imputato deduce vizio motivazionale sul punto delle negate attenuanti generiche. Sia il giudice di primo grado che quello d'appello non avevano preso in considerazione le osservazioni difensive, limitandosi, peraltro, la Corte napoletana a negare la ricorrenza dell'ipotesi in quanto l'attività era stata svolta in modo non occasionale ed anzi professionale. Non si era preso in considerazione dell'atteggiamento remissivo tenuto al momento dell'arresto, della corretta condotta processuale, né dell'incensuratezza e dell'assenza di carichi pendenti. Così facendo si era finito per stabilire una pena ingiusta, in quanto sproporzionata «alla gravità complessiva della responsabilità dell'autore», che mal si conciliava con il principio rieducativo costituzionalmente sancito. 5. Pasquariello Teresa con il primo motivo si duole del mancato riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 5 del cit. art. 73 negli stessi termini di cui al quinto motivo del Feola. 2 potevasi affermare che la sostanza apparteneva a taluna di quelle 5.1. Con il secondo motivo si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche negli stessi termini di cui al sesto motivo del Feola. 6. Sergio Alessandro con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizio motivazionale. Pur vero che il medesimo aveva rinunziato a coltivare le censure d'appello diverse da quelle riguardanti il trattamento penale, tuttavia, ciò non poteva esonerare la Corte territoriale dal fare applicazione dell'art. 129, cod. proc. pen., pronunciando il proscioglimento dell'imputato, nel possesso di sostanza stupefacente. Né poteva soddisfare l'apparente motivazione resa sul punto dalla Corte di merito. 6.1. Con il secondo motivo il ricorrente, sempre deducendo violazione di legge e vizio motivazionale, si duole del trattamento penale, giudicato eccessivamente severo, anche a causa della misura dell'aumento a titolo di continuazione, a riguardo del quale risultava omessa la motivazione. 7. Buono Salvatore con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla declaratoria d'inammissibilità del motivo d'appello con il quale era stata richiesto il riconoscimento dell'attenuante di cui al cit. comma 5. La Corte di Napoli, incorrendo in un evidente errore materiale, confondendo la posizione processuale di Buono Salvatore con quella di Buono Marco, aveva giudicato inammissibile il motivo sul presupposto erroneo che l'attenuante in parola fosse già stata riconosciuta dal giudice di primo grado. Nel prosieguo del motivo il ricorrente a lungo indugia, di poi, sulla fondatezza, nel merito, della pretesa. 7.1. Con il secondo motivo si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche negli stessi termini di cui al sesto motivo del Feola. 8. Buono Marco con l'unitaria censura posta a corredo del ricorso lamenta vizio motivazionale in punto di omesso riconoscimento delle attenuanti generiche. Il Buono oltre a riportare le osservazioni rese sul punto dagli altri ricorrenti, evidenzia le seguenti ulteriori considerazioni attinenti alla sua persona: da tempo oramai risiedeva all'estero, ove lavorava onestamente; spontaneamente si era consegnato in Italia ai CC per consentire l'applicazione della misura custodiale; aveva reso nell'immediatezza piena confessione. 3 mancando la prova della colpevolezza di costui, il quale non era stato trovato CONSIDERATO IN DIRITTO 9. Il ricorso del Feola non merita di essere accolto a cagione dell'infondatezza di tutti i motivi rassegnati. 9.1. Non sussiste la lamentata nullità per violazione degli artt. 178, lett. b) e 181, cod. proc. pen. in quanto, a prescindere da ogni altra 21/3/2012 non venne espletata attività di sorta, con la conseguenza che il l'ipotizzato vulnus difensivo non si è mai configurato. 9.2. La prospettazione impugnatoria di cui al secondo, terzo e quarto motivo, con la quale, in definitiva, il Feola pone in dubbio l'attitudine drogante della sostanza stupefacente in relazione alle ipotesi in cui risultano essere stati rinvenuti quantitativi modesti, in assenza di un accertamento chimico, sia pure sommario, con la conseguenza che la condotta non avrebbe potuto essere inquadrata all'interno del perimetro incriminatorio definito dalla previsione tabellare dei principi attivi droganti, non è persuasiva.. Pur vero che in alcune occasioni questa Corte ha evidenziato la necessità di procedere ad accertamento chimico (Cass., Sez. III, n. 16154 del 2/2/2011, Rv. 249880 e, solo in presenza, di modestissimi quantitativi, per Cass., Sez. III, n. 44420 del 26/9/2013, Rv. 257596), tuttavia, in altre ha escluso che il giudice abbia il dovere di procedere a perizia o accertamento tecnico, ove abbia modo di attingere la propria conoscenza da altre fonti di prova (in tal senso, Sez. VI, n. 47523 del 29/10/2013, Rv. 257836). Nel caso al vaglio esiste ampia messe probatoria tale da far escludere che l'imputato in alcune occasioni abbia trafficato in sostanze prive di effetto drogante: sul punto basti riprendere l'articolata e coerente motivazione della Corte di merito (pagg. 9 e 10), la quale, fra l'altro, richiama la piena confessione di Buono Marco, Buono Salvatore, Tunisino Domenico, Sergio Alessandro e Marra luigi. Senza contare che un simile commercio di sostanze inerti, certamente improponibile nel mercato dei tossicodipendenti, non può trovare logico fondamento sulla circostanza, da giudicarsi ininfluente, che nei casi segnalati il quantitativo era particolarmente modesto, ciò, infatti, se certamente comporta una presenza proporzionale di principio attivo, non importa affatto che lo stesso resti assente. Né, infine, si è in presenza, al contrario di quel che genericamente predica il ricorrente, di un quadro probatorio incerto o ambiguo, ma, esattamente al contrario, di eclatante chiarezza, dal quale si trae, per un verso, piena conferma dell'illecita attività del Feola e, per altro verso, non si coglie ragione per dubitare dell'effetto drogante della cocaina posta in vendita. 4 considerazione, sia all'udienza del 18/1/202, che alla successiva del 9.3. Il quinto motivo, con il quale il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 (è appena il caso di soggiungere che con il D.L. n. 146 del 23/12/2013 - e, quindi, successivamente alla presente decisione -, poi convertito con modifiche nella L. 4/2/2014, n. 10, l'attenuante in parola verrà tramutata in un'autonoma ipotesi di reato attenuato) non è fondato, stante che con la censura in parola, al netto di late speculazioni concernenti la politica criminale in materia di stupefacenti e di sommari enunciati efficacemente la congrua motivazione sul punto della Corte d'appello (a pag. 9, prendendo in esame il quantitativo non modico e a pag. 15, in sede di stima del trattamento penale). 9.4. Il sesto motivo è del pari infondato per le medesime ragioni: il ricorrente s'impegna ad evidenziare dati palesemente irrilevanti (non opposizione all'arresto) o noti e considerati dalla Corte territoriale (incensuratezza), senza, tuttavia, opporre specifiche e pertinenti critiche alle puntuali osservazioni della Corte di Napoli, che, fra l'altro, individua nel Feola e nella Pasquariello le figure apicali dell'organizzazione del traffico, o prospettare specifiche ragioni di meritevolezza. 10. Il ricorso di Pasquariello Teresa, il quale, come si è anticipato, riprende gli ultimi due motivi del Feola, per le medesime ragioni di ci sopra deve essere disatteso. 11. Il ricorso di Sergio Alessandro è palesemente infondato e, quindi, inammissibile. 11.1. La pretesa del ricorrente, confesso e rinunziante ai motivi d'appello diversi da quelli concernenti il trattamento penale, di veder definita la propria posizione con una statuizione assolutoria ai sensi dell'art. 129, cod. proc. pen., è radicalmente priva di pregio. La delibazione del motivo sopra preso in analitica rassegna fa escludere l'emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza dell'imputato: alla pienamente esaustiva motivazione (pag. 10 e ss.) della Corte territoriale (la quale, anzi, ha vagliato la penale responsabilità dell'imputato, pur in presenza della predetta rinunzia) il Sergio si limita a contrapporre aspecifiche e sommarie doglianze, mentre, devesi osservare che, sul punto, univoche si mostrano gli arresti di legittimità. Invero, il concetto di «evidenza» dell'innocenza dell'imputato o dell'indagato presuppone la manifestazione di una verità processuale chiara, palese ed oggettiva, tale da consistere in un quid pluris rispetto agli elementi probatori 5 corroboranti la minima offensività, viene del tutto omesso di contrastare richiesti in caso di assoluzione con formula ampia (Cass. 19/7/2011, n. 36064). Il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p. quando le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile (Cass. 14/11/2012, n. 48642). 11.2. Non meno manifestamente infondato, per come anticipato, risulta il secondo motivo censurante il trattamento penale, con un costrutto dal Giudice di secondo grado (pag. 15 e 16). 12. Il primo motivo di Buono Salvatore è fondato. Dall'esame degli atti consta inequivocamente che la Corte territoriale, incorsa in materiale errore, liquidò con declaratoria d'inammissibilità la censura d'appello con la quale l'odierno ricorrente si doleva del mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al comma 5 del cit. art. 73, sul presupposto erroneo che l'ipotesi in discorso fosse già stata riconosciuta in primo grado (riconoscimento, in effetti, effettuato nei confronti di Buono Marco). Dovendosi constatare, quindi, l'omissione di pronuncia, sul púlito la decisione deve essere annullata, con rinvio al giudice del merito, perché, presa in considerazione la doglianza, motivatamente statuisca sulla stessa. Ovviamente, la sentenza di merito, nel resto, assume autorità di cosa giudicata (art. 624, cod. proc. pen.). 12.1. Il secondo motivo del ricorrente Buono Salvatore, con il quale lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, largamente improntato a quello del Feola sul punto, per le medesime ragioni merita di essere disatteso. 13. La stessa critica, seppure in parte personalizzata, prospettata da Buono Marco non può avere miglior fortuna per analoghi argomenti, che i riferimenti alla condotta personale non scalfiscono: il lavoro onesto all'estero è solo un enunciato di parte; nel mentre la condotta processuale, della quale i giudici del merito hanno indubbiamente tenuto conto nel determinare la pena (peraltro oggettivamente mite, in ragione dei parametri di legge), non è apparsa tale da annichilire del tutto le indicazioni di segno contrario derivanti dal ruolo ricoperto dal ricorrente all'interno del traffico illecito (pag. 15). 14. All'epilogo consegue la condanna dei ricorrenti, fatta eccezione per Buono Salvatore, al pagamento delle spese processuali e del Sergio, inoltre, a 6 privo di specificità, inidoneo ad incidere sulle argomentazioni spese sul punto quello della sanzione pecuniaria in favore della casa delle ammende, nella misura, stimata congrua, di cui in dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni che riguardano la ritenuta concessione del co V dell'ad 73 DPR 309/90 in favore di Buono Salvatore del quale rigetta nel resto il ricorso. pagamento della somma di C. 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Rigetta tutti gli altri ricorsi e condanna i correlati ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Così deciso in Roma il 29/1/2014. Il Consi lier stensore Il Presidente Grasso) aetanino Zecca) 7 Dichiara inammissibile il ricorso di Sergio Alessandro che condanna al opQrryrr " '-‘3-°Q19/7 -19'0277 ny9,73 2 r"Cf '991/g -5P 'í712- 9- i --o-ryyl cgr49 0r1-0 g_Ì l o < 99'19911r i s,-?72399 -----erry7;,(1 -a-

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