Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22237 del 03/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22237 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da :

MARZOUKI WAEL N. IL 27.06.1983;
Avverso la ordinanza del TRIBUNALE del RIESAME DI ANCONA in data 19 febbraio
2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI, sentite le
conclusioni del PG in persona del dott. Mario Fraticelli Giuseppina Fodaroni che ha chiesto il
rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1.

2.

3.

Con l’impugnata ordinanza resa in data 19 febbraio 2016 il Tribunale della Libertà di
Ancona ha rigettato la richiesta di riesame formulata nell’interesse di Marzouki Wael
avverso l’ordinanza di custodia cautelare emessa a suo carico dal GIP presso il
Tribunale di Ancona, con applicazione della misura coercitiva carceraria in relazione
al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990
Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il Marzouki deducendo
l’erronea applicazione degli artt. 8 e 9 cod. proc. pen.
in relazione al rigetto
dell’eccezione preliminare di incompetenza territoriale nonché dell’art. 274 cod. proc.
pen. quanto alle ritenute esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. Il Tribunale nel rigettare l’eccezione di incompetenza
territoriale ha fatto riferimento ai criteri suppletivi stabiliti dall’art. 9 cod. proc. pen. ,
statuendo che la competenza andava stabilita nell’ultimo luogo in un cui è avvenuta

Data Udienza: 03/05/2016

una parte dell’azione, individuato in Ancona, risultando invece non identificabile il
luogo ove si era verificata la prima delle condotte addebitate.
Trattasi di affermazioni che si basano su consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Sostiene tuttavia il ricorrente che l’accordo per l’acquisto sarebbe avvenuto a Città di
Castello, ove la condotta illecita si sarebbe perfezionata.
Ciò posto il dictum del Tribunale del riesame non appare “rivisitabile ” in questa
sede, trattandosi di quaestio facti rimessa alla valutazione del giudice di merito- su
cui peraltro il provvedimento impugnato ha congruamente motivato confutando la
contraria tesi della difesa.
Quanto alle esigenze cautelari, è opportuno muovere dal principio secondo il quale il
ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure
cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme
di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo
i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure
che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvono in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del
8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv.
252178).
Ciò vale certamente per l’individuazione dei limiti del sindacato di legittimità rispetto
al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che è censurabile in questa sede
soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento
impugnato (Sez. 1, n. 795 del 06/02/1996, Di Donato, Rv.204014). Rigorosamente
entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le doglianze del ricorrente,
come innanzi indicate, alla luce del contenuto dell’ordinanza impugnata con la quale
il Tribunale del riesame, per quel che attiene alla valutazione delle esigenze cautelari,
ha ritenuto attuali le esigenze di cui alla lett. c) dell’art. 274 cod. proc. pen.
Il sindacato sul giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari non può prescindere
quindi dal contenuto del provvedimento impugnato.
Il Tribunale nella specie ha, in particolare, ritenuto il pericolo di reiterazione dei reati
per essere il Marzouki stabilmente inserito nel traffico degli stupefacenti, come
desumibile dai carichi pendenti per fatti della stessa specie e per aver lo stesso
coommesso il fatto mentre era sottoposto alla misura di prevenzione della
sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, contimunado a delinquere anche dopo
l’arresto dei corrieri che dovevano consegnare la droga da luì fornita, con ciò
mostrando una spiccata propensione a delinquere.
Sulla base della personalità dell’indagato, così descritta, ha desunto la prognosi del
pericolo di reiterazione di condotte analoghe, reputando che, dovendosi escludere
che l’indagato avrebbe osservato le prescrizioni connesse a misure meno afflittive,
fosse inadeguata ogni misura cautelare diversa dalla custodia in carcere.
Tanto premesso, ad avviso del Collegio, i rilievi mossi dal ricorrente in relazione al
pericolo di reiterazione di reati della stessa specie sono infondati. Il giudizio
prognostico relativo al pericolo di recidiva deve avere riguardo alle specifiche
modalità e circostanze del fatto, indicative dell’inclinazione del soggetto a
commettere reati della stessa specie e, in generale, alla personalità dell’indagato, da
valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziari, all’ambiente in cui il
delitto è maturato, nonché alla vita anteatta, come pure ad ogni altro elemento
compreso fra quelli enunciati nell’art. 133 cod. pen.
A detti elementi, all’evidenza, il giudice può fare riferimento congiuntamente o
alternativamente, potendo, quindi, inferire il concreto pericolo di recidiva anche
soltanto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto-reato. Così che, la negativa
valutazione della personalità dell’indagato ben può fondarsi sugli specifici criteri
oggettivi indicati dall’art. 133 cod. pen., tra i quali rientrano, appunto, la gravità del
reato e le modalità della sua commissione, senza che il giudice sia tenuto a motivare
singolarmente sulla ricorrenza di tutti gli elementi valutativi previsti dal predetto
articolo (Sez. 5, n. 2416 del 19/05/1999, Marchegiani, Rv. 214230).
D’altra parte, il parametro della concretezza, cui si richiama l’art. 274 lett. c) cod.
proc. pen., non si identifica con quello dell’ «attualità» del pericolo derivante dalla

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte
dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto
penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp.
att. c.p.p.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 maggio 2016
IL CONSIGLIERE ES ENSORE

IL P SIDENTE

riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi
reati, dovendo, al contrario, il predetto requisito essere riconosciuto alla sola
condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi «concreti» (cioè non
meramente congetturali) sulla base dei quali possa affermarsi che l’indagato possa,
verificandosene l’occasione, commettere reati della stessa specie di quello per cui si
procede, ossia che offendono lo stesso bene giuridico (Sez. 1, n. 25214 del
03/06/2009, Pallucchini, Rv. 244829; Sez. 1, n. 10347 del 20/01/2004, Catanzaro,
Rv. 227227).
La valutazione operata dal giudice del riesame – che ha tenuto peraltro
adeguatamente conto anche della documentazione prodotta dalla difesa, ritenendola
comunque non decisiva ai fini della prova di un effettivo recupero del Marzoukirisulta rispettosa del suindicato obbligo di motivazione.
4. Il che impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616
cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Va disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94
comma 1 ter disp. att. c.p.p.

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