Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22220 del 31/03/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22220 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
TRUBIA NUNZIO n. il 19.11.1960

avverso l’ordinanza n. 361/2015 del Tribunale di Caltanissetta – sezione del
riesame- del 17.12.2015
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 31 marzo 2016 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Claudio D’Isa

Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Giulio Romano che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.
L’avv. Flavio Giacomo Salvo Sinatra, difensore del ricorrente,
l’accoglimento del ricorso.

chiede

Data Udienza: 31/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1.TRUBIA Nunzio ricorre per cassazione avverso l’ordinanza, indicata in
epigrafe, emessa dal Tribunale – sezione riesame – di Caltanissetta con cui è stata
confermata l’ordinanza di applicazione della misura cautelare nei suoi confronti
emessa dal GIP del medesimo Tribunale, in data 12.11.2015, in ordine ai delitti di
cui all’art. 416 bis cod. pen. per aver fatto parte dell’associazione mafiosa operante
nel territorio di Gela, in particolare occupandosi della gestione delle estorsioni in
danno degli esercenti di attività imprenditoriale di raccolta di plastica dismessa dai

del materiale plastico dal gruppo mafioso, del servizio di c.d. guardiania (capi 1); di
due estorsioni (capi 3 e 4), aggravate perché commesse da più persone riunite e
per agevolare gli scopi del sodalizio mafioso nei confronti di Termini Manuele, altro
soggetto operante nello stesso settore di riciclaggio del materiale plastico,
costringendolo a svolgere la sua attività solo a Vittoria, dividendo gli utili con gli
appartenenti al sodalizio, e nei confronti di alcuni agricoltori della stessa zona
(Brancacci Franco, Quinci Giuseppe, Verderame Francesco, Catania Giovanni, Parisi
Rosario, Morello Giuseppe, Pardo Roberto, Canotto Carmelo, Casano Giuseppe,
Lodato Giacomo, Ficicchia Salvatore, Federico Salvatore, Piacenti Francesco) per
costringerli a consegnare la plastica al gruppo mafioso e a servirsi della guardiania.
1.2 Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione de legge nella
specie dell’art. 606 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 268 e 271 c.p.p..
Si era eccepita innanzi al Tribunale la inutilizzabilità dei risultati delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali per essere stati utilizzati impianti non già
in dotazione della Procura della Repubblica in quanto noleggiati dalla ditta “Innova”
di Trieste ed allocati presso l’aula bunker della Casa Circondariale di Caltanissetta.
In particolare, si rappresenta che, essendo stati ritenuti inidonei e non sufficienti gli
impianti allocati presso gli Uffici della Procura della Repubblica, la Squadra Mobile di
Caltanissetta, in uno al Commissariato di P.S. di Gela, avevano chiesto di essere
autorizzata a noleggiare apparecchiature per le intercettazioni appartenenti a ditta
privata che venivano allocate presso l’aula bunker di cui sopra, tutto ciò in assenza
di un provvedimento motivato del P.M., in quanto il luogo di utilizzo degli impianti
risultava essere diverso da quello dei locali della Procura della Repubblica.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge con
riferimento agli artt. 125 co. 3 c.p.p. ed art. 416 bis cod. Pen..
Si rappresenta che l’ordinanza impugnata, quanto alla sussistenza del
delitto associativo, utilizza come unico elemento di prova il delitto di estorsione
contestato in rubrica unitamente ai “vincoli parentali ed amicali”. In sostanza si
valorizza il legame familiare esistente tra molti degli indagati in un contesto in cui
appariva manifesta l’assenza della “affectio societatis”.

serricoltori, nonché nei confronti di questi ultimi, a cui veniva imposta la consegna

Fatte alcune premesse relativamente ai requisiti oggettivi e soggettivi
richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per configurare il reato associativo di.
stampo mafioso, si rappresenta che in sede di riesame era stato dedotto come le
dichiarazioni rese dalle ritenute parti offese Fontana, Termini, Cavallaro e parenti,
andassero valutate con maggior rigore in uno alle dichiarazioni delle altre persone
escusse Donzelli, Verderame, Quinci e Catania, le quali hanno riferito di non aver
subito da Trubia Davide ovvero da altri, imposizioni di sorta in relazione al sistema
di raccolta della plastica dismessa, al pari dei germani Cascino.

mese di maggio 2014 Trubia Davide ed altre sette persone conosciute di vista, in
contrasto con quanto affermato dal parente Cavallaro che aveva indicato
nell’occasione la presenza di solo tre persone. Quanto al requisito del contributo del
singolo partecipe alla associazione si era evidenziato con il riesame la non corretta
impostazione argomentativa, laddove non poteva il singolo reato, ritenuto tale,
connotare di per sé l’esistenza di una struttura associativa mafiosa.
La difesa si era doluta del fatto che lo stesso provvedimento restrittivo,
risultava “internamente” contraddittorio, laddove descriveva una condotta a termine
circoscritta assunta da Trubia Nunzio, Luca e Simone, non interessati dalle vicende
di cui al capo 2) della rubrica (estorsione in concorso ai danni di Fontana, Ricelli,
Cavallaio ed altri) e come la posizione di costoro in effetti risultasse speculare a
quella del parente Trubia Pasquale Andrea, nei cui confronti lo stesso GIP aveva
recentemente revocato la misura su parere favorevole di P.M., in considerazione
della breve collaborazione con il Trubia Davide e dello spontaneo e veloce
allontanamento dallo stesso; superava anche l’accusa mossagli da Termini Manuele
il quale lo aveva indicato come uno dei tanti soggetti che lo avrebbero minacciato al
fine di allontanarlo dall’attività di raccoglitore di plastica. Ebbene, con riferimento
agli indagati Trubia Nunzio, Luca e Simone lo stesso provvedimento cautelare aveva
dato atto che già nella immediatezza dei fatti e, comunque, nel periodo estivo del
2014, il TRUBIA Simone, unitamente al padre ed al fratello risultava essere stato
estromesso dall’attività di raccolta della plastica, con forti contrasti interni dettati da
comportamenti tutt’altro che associativi (si richiamano sul punto una serie di
conversazioni telefoniche). Si era in sostanza sostenuto come le condotte dei tre
Trubia, compreso il Simone, fossero state contrassegnate da un totale disimpegno
associativo, senza neanche la consapevolezza di essere partecipi dell’associazione
criminale. Si evidenzia pure che il teste Brancacci non ha riferito alcunché sui tre
indagati, come riportato a pag. 147 della ordinanza, alla stessa stregua di Quinci
Giuseppe (pag. 150 ordinanza), Verderame (pag. 154), Catania Giovanni (pag.
157). La motivazione dell’impugnata ordinanza, dunque, risulta incompatibile con
gli altri atti raccolti nella fase investigativa e riportati nell’ordinanza custodiale. Se,

Si evidenzia che proprio la p.o. Fontana affermava di aver incontrato nel

pertanto, il ricorrente, come il padre ed il fratello, nella vicenda si era schierato con
le ritenute parti offese del delitto di estorsione, ritenuto il principale reato fine
dell’associazione, tanto da avversare “i voleri” del fratello Trubia Vincenzo e del
cugino Davide Trubia, non sembra affatto illogico ritenerlo “concorrente per il
conseguimento dei fini del sodalizio”, nonché parimenti acclarato un “suo contributo
alla vita dell’associazione, al suo mantenimento e consolidamento”, per come
erroneamente si , scrive in ordinanza.
1.3 Con il terzo motivo si denuncia altra violazione di legge con

Si argomenta, per quanto riguarda l’estorsione di cui al capo 3) ai danni di
Termini, che è stata ritenuta la sussistenza di una condotta volta a non far
esercitare più la raccolta di materiale plastico, laddove la stessa p.o. aveva riferito
che nella zona di Feudo Nobile “esplico tuttora saltuariamente la mia attività di
prelievo della plastica da alcuni miei vecchi clienti che mi favoriscono”.
Parimenti, si evidenzia, con riferimento al delitto di estorsione di cui al
capo 4), il Tribunale dedica un ampio paragrafo al tema in esame, per poi travisare
il contenuto ignorando quanto dedotto dalla difesa, e cioè che Brancacci Franco
(pag. 147 ordinanza) aveva dichiarato che il recupero della plastica da parte di
Trubia Davide non gli era stato imposto così come il servizio di guardiania; Quinci
Giuseppe, Verderame Francesco e Catania Giovanni (pagg. 150,154 e 157
ordinanza custodiale) affermano circostanze differenti da quelle ritenute dal
Tribunale, ossia che ” non gli era stato imposto il recupero della plastica , né il
servizio di guardiania”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2 I motivi posti a base del ricorso, di cui alcuni inammissibili in quanto non
consentiti in sede di legittimità, sono comunque infondati e ne determinano il
rigetto per le ragioni che qui di seguito si espongono.
Quanto alle eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e/o
ambientali la motivazione sul punto dell’impugnata ordinanza è pienamente
condivisibile in quanto conforme al dettato normativo ed alla giurisprudenza di
questa Corte.
Invero, a conferma di una consolidata giurisprudenza da ultimo (V. Sez. 3,
Sentenza n. 32699 del 27/02/2015 Cc. , Rv. 264517), è stato affermato che, in
tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche, il decreto che dispone
l’esecuzione delle operazioni con l’utilizzo di impianti noleggiati da imprese private,
ed installati nella procura della Repubblica, non deve essere motivato quanto alla
ricorrenza di eccezionali ragioni di urgenza e alla insufficienza o inidoneità degli
impianti,poichè assume rilievo, agli effetti di cui all’art. 268, terzo comma, cod.

riferimento all’art. 629 cod. pen..

proc. pen., solo il luogo di utilizzo degli impianti, e non il titolo della loro
disponibilità.
In ordine all’altro profilo di inutilizzabilità, con riferimento alla violazione
delle disposizioni in materia di intercettazione di cui all’art. 268 c.p.p., essa si
risolve, come evidenziato dal Tribunale, in una questione di fatto, atteso che i locali,
ove sono installate le apparecchiature di intercettazione, si trovano all’interno della
Casa Circondariale di Caltanissetta, nella disponibilità della Procura della Repubblica
dello stesso centro, con la conseguenza che è •del tutto irrilevante se essi non si

disponibilità di questa.
3. In ordine alla gravità indiziaria (secondo motivo), inammissibile è
l’eccepito vizio di motivazione posto ‘a base del motivo indicato, in quanto si risolve
in una censura sulla valutazione del quadro indiziario posto a fondamento del
provvedimento de liberiate che esula dai poteri di sindacato del giudice di
legittimità, non palesandosi il relativo apprezzamento motivazionale ne’
manifestamente illogico, ne’ viziato dalla non corretta applicazione della normativa
di settore.
Innanzitutto, l’impugnata ordinanza, quanto alla sussistenza della
contestata associazione a delinquere di stampo mafioso, ne delinea in maniera
analitica gli elementi costitutivi, ovviamente soffermandosi sulla posizione dei
promotori e capi, i fratelli Trubia Davide e Vincenzo.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, dopo essere stato scarcerato,
Trubia Vincenzo aveva ripreso l’attività nel settore dello stoccaggio della plastica,
ovvero raccolta, trasporto e consegna di tale materiale dimesso dai serricoltori che
utilizzano la plastica per la copertura delle serre ortofruttìcole e che, quindi,
periodicamente, devono sostituirlo e si rivolgono a ditte che lo raccolgono
gratuitamente e lo rivendono ad imprese specializzate nel riciclaggio.
Trubia Davide e Vincenzo avevano stipulato un accordo con i fratelli
Donzelli (Giovanni e Raffaele), titolari della “Macpalstic Agritec e SIDI”, in base al
quale i Trubia avrebbero provveduto a ritirare il materiale plastico ed a conferirlo
presso la ditta dei Donzelli che consegnavano poi materiale nuovo, con uno sconto
sul prezzo. Pertanto, i Trubia avevano mononopolizzato il settore nelle contrade di
Bulala e Mignechi di Gela, minacciando (in alcune occasioni utilizzando la sola
appartenenza al sodalizio che si impone con la forza intimidatoria senza necessità
di espressioni esplicite o uso della violenza) sia gli imprenditori che fino a quel
momento svolgevano la medesima attività, sia i serricoltori che avrebbero dovuto
rivolgersi solo ai Trubia per la dismissione del materiale.
L’ordinanza impugnata pone in rilievo come gli elementi probatori si
basino, principalmente, sulle dichiarazioni delle persone offese che hanno

trovino presso gli Uffici ordinari di quella A.G., ma in altro luogo di esclusiva

denunciato di aver subito minacce e, alcuni, di essere stati fermati mentre si
accingevano a raccogliere la plastica sul summenzionato territorio. Letteralmente
cacciati dalle contrade e a volte costretti a restituire quanto “indebitamente”
raccolto (si riportano le denunce di Fontana Roberto, Cavallaro Pietro e Salvatore, di
Termini Emanuele e di tutta una serie di sericoltori, come indicati nel capo di
imputazione).
Il Tribunale in merito alle dichiarazioni (V. pag. 6 e segg. dell’ordinanza)
rese da Fontana Roberto, estremamente importanti, non tralascia di considerare

settore, i fratelli Trubia Massimo e Silvio, furono vittime di un attentato, in cui perse
la vita Massimo e l’inchiesta giudiziaria accertò che a sparare era stato Fontana
Emanuele, fratello di Roberto.
L’esistenza di antichi rancori tra la famiglia Trubia ed i Fontana, dovuti al
controllo di tale attività, dato il sicuro risentimento che i Trubia nutrono nei
confronti dei parenti di colui che ha ucciso il Trubia Massimo, ha indotto il Tribunale
ad una valutazione, con particolare rigore, dell’attendibilità di quanto dichiarato dal
Fontana Roberto.
A tal fine si sottolinea che, accanto alle dichiarazioni del Fontana Roberto,
i medesimi fatti sono stati denunciati, non solo da stretti parenti di quest’ultimo (i
Cavallaro) o da soggetti che con essi collaborano (Ricelli Vincenzo), ma anche da
Termini Emanuele, che non è un dipendente dei Fontana, sebbene abbia lavorato
per loro, che ha rappresentato la medesima situazione, indicando anche specifici
episodi e molto gravi. E, per altro, si evidenzia come, attraverso l’attività
investigativa compiuta con intercettazioni telefoniche ed ambientali e servizi di
osservazione, quanto riferito dalle persone offese ha trovato ampio riscontro e ha
permesso di accertare l’esistenza di una ripresa del sodalizio di stampo mafioso in
concomitanza con la scarcerazione di Trubia Vincenzo, che è stata la causa
dell’inserimento di Trubia Davide e degli altri indagati nel settore del riciclaggio
della plastica avvenuto attraverso l’intimidazione e la minaccia, rafforzando un
controllo capillare sul territorio.
A conforto delle dichiarazioni testimoniali si riportano i risultati delle
intercettazioni telefoniche.
Con riferimento alla posizione dell’odierno ricorrente, Trubia Nunzio,
significative, in chiave accusatoria quale partecipe dell’associazione criminale, sono
ritenute le dichiarazioni rese da Termini Emanuele che lo ha riconosciuto tra le
persone capeggiate da Trubia Davide (circa dodici riconosciute fotograficamente)
che, a metà maggio del 2014, nel mentre egli era intento alla sua attività di
raccoglitore di plastica dismessa, lo avevano invitato a non svolgere più il suo
lavoro in quella zona; in particolare il Trubia Davide profferiva la frase:”oggi sto

che il 26 luglio del 2006, nell’ambito di contrasti tra le imprese concorrenti nel

discutendo con te, domani non abbiamo altro da discutere, considerati avvisato”, il
Termini nell’occasione notava anche un fucile da caccia all’interno di una delle due
auto a bordo delle quali erano giunte quelle persone.
Il Termini, annota il Tribunale, intimorito da tale avvertimento, si asteneva
dallo svolgere attività nei luoghi in cui agivano i Trubia e si limitava a raccogliere la
plastica nella zona di Feudo Nobile e, dopo circa 15 giorni, Giovanni Graziano
(anche questi indagato nello stesso procedimento) gli combinava un incontro con
Trubia Davide e TRUBIA Nunzio, nel corso del quale proprio il ricorrente gli

guadagni con loro.
Il Tribunale rileva che, in riscontro a quanto riferito dalle persone offese,
il gruppo non si limitava ad estromettere solo la ditta Fontana, ma organizzava un
vero e proprio servizio di pattugliamento della zona, in cui particolarmente attivo è
il ruolo del figlio del ricorrente, Simone, insieme a Caruso Rosario, come
dimostrato dalle conversazioni (n. 1910 del 6.11.2014, 1106/2014) tra i due in cui
il Caruso lo avvertiva non appena avvistava un camion della ditta non conosciuta,
dando poi notizia a Rubia Rosario, il quale (intercettazione ambientale n. 499)
chiedeva all’autista del camion, giunto presso il deposito della S.I.D.I. se avesse
avuto notizia che nella zona la plastica veniva recuperata solo dai Trubia e che solo
loro l’avrebbero pagata, l’uomo si scusava e si allontanava. Si richiama, poi, per
cogliere il grado di controllo del territorio e lo stato di intimidazione creato dai
sodali, la conversazione ambientale (n. 168 del 6.11.2014) intercorsa tra Caruso
Rosario e TRUBIA Simone nel corso della quale discutevano dell’avvistamento di un
autocarro, con successivo avvertimento ai sodali Rosario e Davide Trubia, ed anche
la conversazione (n. 136 del 14.11.2014) in cui ì due indagati avevano un’accesa
discussione con soggetto non identificato che stava lavorando nella zona e a cui
intimavano di non recarsi più in quelle contrade, interrogandolo anche su chi
l’avesse chiamato per fare la raccolta (nell’ordinanza viene riportato il dialogo in cui
interlocutore è anche Trubia Simone).
L’ordinanza impugnata, sempre con riferimento alla sussistenza della
contestata associazione criminale, di cui il ricorrente appare certamente partecipe
per la quantità e gravità degli indizi evidenziati, rileva che l’esistenza di un settore
imprenditoriale gestito secondo regole mafiose che inquinano il tessuto economico e
divengono modalità ordinaria di gestione dell’attività imprenditoriale è altresì
evincibile dagli accertamenti effettuati in merito ai rapporti tra i Trubia ed i Donzelli
che costituiscono ulteriore riscontro della versione resa dagli imprenditori sentiti e
quindi dell’imposizione del sodalizio in quel territorio.
Per ragioni di sintesi si rimanda alla lettura dell’ordinanza a pagine 10 e
successive.

comunicava che avrebbe potuto lavorare solo nella zona dì Vittoria, dividendo i

In particolare, per quanto interessa la posizione del ricorrente, è
significativo l’aver rilevato da parte del Tribunale la sua consapevolezza degli
accordi intercorsi tra il sodalizio, rappresentato da Davide e Vincenzo Trubia e la
ditta dei Donzelli, per il conferimento della plastica dismessa raccolta ed il
successivo acquisto di plastica nuova a prezzo scontato. Infatti il Trubia Nunzio, nel
corso di una conversazione ambientale (n. 6253), con Rosario Trubia, riferiva al
nipote di non dare importanza al fatto che lo “zio Giovanni” (ovvero Donzelli
Giovanni) si stesse rivolgendo ad altre famiglie perché lo aveva fatto in relazione ad

essi Trubia.
Il Tribunale evidenzia il ruolo significativo assunto dal ricorrente anche
nell’ambito del c.d. servizio di guardiania assicurato dal sodalizio ai serricoltori,
compito che i sodali assumono imponendo ai serricoltori il pagamento di una
retribuzione al gruppo, che si divide gli utili e organizza una chiara e precisa
suddivisione dei ruoli, attività che anch’essa rileva l’esercizio di un controllo
territoriale con il quale il sodalizio si sostituisce al ruolo delle forze dell’ordine,
assumendo su di sé la prevenzione ed il controllo, della sicurezza dei serricoltori
della zona (capo 4 della rubrica, V. pag. 12 e segg. ordinanza).
Rileva il Tribunale che, a riscontro di tale ulteriore attività criminale, sono
state acquisite diverse conversazioni intercettate nelle quali è chiaro che il sodalizio
si occupava del servizio di vigilanza delle serre presenti nelle due contrade, con una
chiara divisione dei ruoli secondo la quale Trubia Davide sovrintendeva al servizio, il
Biondo eseguiva materialmente la vigilanza e riscuoteva le somme erogate dai
serricoltori (insieme a Trubia Luca) ed anche TRUBIA Nunzio, Rosario e Vincenzo
erano coinvolti con compiti di gestione, intercorrendo tra essi le conversazioni
riguardanti l’andamento dell’attività e la ripartizione dei guadagni (in particolare
Nunzio era interpellato quando si verificavano dei furti ed arrivava allo scontro con il
fratello Davide per la ripartizione degli utili, a difesa dei figli Luca e Simone).
Emblematica è la vicenda che riguarda il serricoltore Parisi Roberto che
aveva subito un furto di pomodori, scoperto il 22 ottobre 2014 Caruso Rosario
avverte il Trubia Davide che a sua volta rassicura il derubato del recupero della
refurtiva, ed, infatti, effettuato un sopralluogo presso le coltivazioni del Parisi, i
sodali TRUBIA Nunzio, il figlio Luca, Trubia Rosario e Davide e Biundo Ruggero
riuscivano ad individuare é a ritrovare presso il mercato ortofrutticolo la merce
rubata e prontamente ne informavano il Parisi. Ed il Trubia Simone (intercettazione
n. 194 dell’8.11.2014), commentando con altri l’episodio, proponeva di recarsi la
notte presso le serre, insieme al fratello, armato di doppietta per dimostrare ai
serricoltori l’efficienza del servizio di guardiania.

un diverso territorio, vale a dire quello di Vittoria, che era fuori la competenza di

Sempre con riguardo alla attività di guardiania che attiene alla
contestazione di cui al capo 4) della rubrica, evidenzia il Tribunale che molte sono le
segnalazioni intercettate nel mese di dicembre 2014, in cui era Trubia Davide
insieme a NUNZIO ad essere contattato o da Biondo Ruggiero o dagli stessi
serricoltori ed a tale aumento di furti ai danni dei serricoltori seguiva la decisione di
rafforzare la vigilanza con veri e propri “posti di blocco”, nel corso dei quali i sodali
fermavano i soggetti sospetti, con richiesta di documenti ed annotazione dei numeri
di targa. Proprio il TRUBIA Nunzio, nel corso di due conversazioni telefoniche, una

primo di avere controllato tre albanesi e chiedeva delucidazioni sul da farsi, avendo
notato che costoro si muovevano con sospetto nella zona, esortava il suo
interlocutore ad annotare le generalità, numero di targa e luogo di residenza per
poterli rintracciare qualora fossero stati commessi dei furti; la seconda
conversazione, tra NUNZIO ed il figlio Luca nel corso della quale il ricorrente riferiva
al secondo il passaggio di una moto sospetta e Trubia Luca lo invita a fermarla e a
controllarla.
Dunque, alla stregua di quanto affermato nell’impugnata ordinanza è del
tutto infondato il secondo motivo del ricorso in merito alla insussistenza della
contestata associazione e, correlativamente, alla insussistenza di gravi indizi che
proverebbero la partecipazione ad essa del TRUBIA Nunzio.
Ed anche con riferimento alla dedotta dissociazione di TRUBIA Nunzio e
del figlio Simone dal sodalizio per contrasti interni intervenuti con Trubia Davide, il
Tribunale fornisce una motivazione del tutto congrua per la puntuale analisi logica
degli elementi probatori raccolti sulla base di conversazioni intercettate (V. pagg.
15 e segg. ordinanza), concludendo che l’atteggiamento di Trubia Nunzio, le
modalità in cui la questione è affrontata (riguardante la spartizione degli utili e la
raccolta della plastica) non è espressione di una dissociazione da parte del Trubia
Nunzio e dei figli, tra cui Simone, dal sodalizio, ma di un contrasto interno
all’associazione, per affermare la propria forza nel sodalizio,utilizzando sempre i
medesimi metodi, basati sulla minaccia e la sopraffazione, che esprimono la volontà
di Trubia Nunzio, padre dell’odierno ricorrente, di assumere più potere nella
spartizione degli utili e nel controllo del territorio, contrapponendosi alla guida del
Trubia Davide.
Da tali elementi il Tribunale, non poteva non evincere che il Trubia Nunzio,
attivo nel sodalizio, concorre per il conseguimento dei fini del medesimo, ed emerge
il suo ruolo assunto all’interno della famiglia e soprattutto il suo contributo alla vita
dell’associazione, al suo mantenimento e consolidamento, e non il ruolo di mero
partecipe ma esercita in concreto un poter di direzione ed organizzazione, essendo
soggetto cui gli altri sodali si riferiscono nella risoluzione di problemi e persona in

del 2.02.2015, interloquendo con Biondo Ruggiero, in cui quest’ultimo avvisava il

grado di rompere per un periodo l’unità del sodalizio, per affermare la sua forza e
prevalere nella direzione dello stesso e soprattutto nella spartizione dei guadagni.
Va ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di misure
cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito
riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere
contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e
logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che,
pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di

recente, ex pluribus, Cass., Sez. 4^, 4 luglio 2003, Pilo; nonché, Sez. 4^, 21
giugno 2005, Tavella).
Ciò che, nella specie, il ricorrente fa quando si limita a contestare “nel
merito” il quadro probatorio a carico evidenziato nell’ordinanza cautelare, fondato
sul contenuto di dichiarazioni testimoniali, e di intercettazioni plurime, il cui
significato probatorio – è stato analizzato con attenzione ed è supportato da una
motivazione ampiamente esaustiva, specie ove si consideri che si tratta di una
decisione de libertate. Infatti, non può essere dimenticato che, nella materia

de

libertate, anche alla luce della novella di cui alla L. 47/2014, la nozione di “gravi
indizi di colpevolezza” di cui all’art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo del
termine “indizi” inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato
giudizio finale di colpevolezza, che sta ad indicare la “prova logica o indiretta”, ossia
quel fatto certo connotato da particolari caratteristiche (v. art. 192 c.p.p., comma
2,) che consente di risalire ad un fatto incerto attraverso massime di comune
esperienza. Per l’emissione di una misura cautelare, invece, è quindi sufficiente
qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata
probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli.
La censura non coglie, quindi, nel segno: non emergono nella decisione
gravata violazioni di norme di legge e, nel merito, le argomentazioni a supporto
della ordinanza custodiale non sono sindacabili in questa sede, a fronte della
rappresentazione, non illogica, di un quadro indiziario senz’altro grave nei termini di
cui si è detto, che consente, per la sua consistenza, di prevedere che, attraverso il
prosieguo delle indagini, sarà idoneo a dimostrare la responsabilità del prevenuto,
fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (cfr. Cass., Sez.
2^, 19 gennaio 2005, Paesano).
Come si è accennato, tali principi risultano pienamente rispettati,
risultando dalla motivazione dell’ordinanza gravata come si sia proceduto ad un
legittimo richiamo alle dichiarazioni delle persone offese e di altre persone
informate sui fatti, confortate dal contenuto delle conversazioni intercettate,
ritenuto significativo delle contestata fattispecie incriminatrici.

dip

una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice (di

Quanto alle esigenze cautelari il ricorso non esprime alcuna censura.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a
quanto stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso in Roma alla udienza camerale del 31 marzo 2016.

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