Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22201 del 17/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22201 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DOVERE SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE SANTIS GIOVANNI nato il 08/04/1987 a NOCERA INFERIORE

avverso la sentenza del 09/07/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;

Data Udienza: 17/01/2018

RITENUTO IN FATTO
1. De Santis Giovanni ha proposto ricorso avverso il provvedimento indicato
in epigrafe, con il quale é stata confermata la pronuncia emessa nei suoi
confronti dal Tribunale di Avellino, che lo aveva giudicato responsabile di
concorso in furto aggravato e nel reato di danneggiamento, condannandolo alla
pena ritenuta equa.
La Corte di Appello ha riqualificato il fatto come furto in luogo di privata
dimora ed escluso il reato di danneggiamento, siccome assorbito nell’aggravante

concorrenti circostanze eterogenee (risultavano riconosciute, infatti, le attenuanti
generiche).

2.

Con il ricorso il De Santis lamenta che, avendo la Corte di Appello

riqualificato il fatto, egli avrebbe dovuto essere informato della natura e dei
motivi dell’accusa, e doveva essergli riconosciuto il diritto di disporre del tempo
necessaria all’apprestamento della difesa. Pertanto, la riqualificazione giuridica
operata dalla Corte di Appello, non richiesta dall’imputato, ne ha violato il diritto
di difesa.
Aggiunge, inoltre, che le attenuanti generiche ben potevano essere ritenute
prevalenti sulla concorrente aggravante, alla luce del comportamento
processuale, della incensuratezza, dell’età dell’imputato e della non particolare
gravità del danno arrecato alla persona offesa. La Corte di Appello ha reso sul
punto una motivazione di stile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. La giurisprudenza di
legittimità è ferma nell’ammettere che il giudice di appello possa procedere alla
riqualificazione giuridica del fatto. Invero, si afferma che la diversa qualificazione
del fatto effettuata dal giudice di appello non determina alcuna compressione o
limitazione del diritto al contraddittorio, anche alla luce della regola di sistema
espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU 11 dicembre 2007,
Drassich c. Italia), consentendo all’imputato di contestarla nel merito con il
ricorso per cassazione (ex multis, Sez. 2, n. 17782 del 11/04/2014 – dep.
24/04/2014, Salsi, Rv. 259564; Sez. 2, n. 12612 del 04/03/2015 – dep.
25/03/2015, Bu e altro, Rv. 262778).
Ciò il ricorrente non ha fatto, essendosi limitato ad eccepire la lesione del
diritto di difesa, peraltro senza neppure specificare in cosa essa sia consistita;
specificazione tanto più necessaria alla luce della immutata ricostruzione del
fatto storico.

della violenza sulle cose, mantenendo fermo il giudizio di comparazione delle

3.2. Quanto al secondo motivo, va rammentato che nel motivare il diniego
della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri
da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 – dep. 23/09/2010,
Giovane e altri, Rv. 248244; similmente Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 – dep.
22/09/2017, Pettinelli, Rv. 271269, per la quale, in tema di attenuanti

insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto,
anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen.,
considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione).
Orbene, nel caso che occupa la Corte di Appello ha valutato l’incidenza
dell’incensuratezza, dell’ammissione dei fatti, del comportamento processuale,
ritenuti recessivi rispetto alla gravità della condotta.
Il motivo è quindi manifestamente infondato, perché non si rinviene una
motivazione meramente apparente a piuttosto l’esplicazione di una valutazione
condotta in termini logici.

4. Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle
ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17/1/2018.7

generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è

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