Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22190 del 17/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22190 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DOVERE SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DRAGO SERGIO nato il 11/01/1960 a BARI

avverso la sentenza del 05/06/2015 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;

Data Udienza: 17/01/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto avverso il provvedimento indicato in epigrafe, con il
quale é stata applicata al ricorrente, Drago Sergio, ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., la pena concordata tra le parti per il reato di furto aggravato, è inammissibile.
La consolidata giurisprudenza di questa Corte insegna che nella motivazione
della sentenza di patteggiamento il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. è

cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al
riguardo (Sez. 6, n. 15927 del 01/04/2015 – dep. 16/04/2015, Benedetti, Rv.
263082). Tanto implica che l’accertamento della sussistenza del fatto e
dell’attribuibilità all’imputato risulta compiuto non già quando siano sussistenti
concludenti elementi di reità, bensì quando non risulti evidente la prova
dell’innocenza dell’imputato.
Nel caso che occupa, a fronte dell’esplicita valutazione delle emergenze
probatorie, il ricorrente non può legittimamente dolersi del vizio motivazionale e
in ogni caso avrebbe dovuto indicare gli specifici elementi non considerati dal
giudice, ancorché decisivi per la loro idoneità a dare corpo all’evidenza
dell’innocenza, nella già rammentata prospettiva dell’art. 129 cod. proc. pen.
Inoltre, per ciò che attiene alla verifica della congruità della pena e al correlato
onere motivazionale, giova rammentare che la giurisprudenza di legittimità
insegna che, in tema di sentenza di applicazione della pena, è inammissibile il
ricorso per cassazione che proponga motivi concernenti la misura della pena, salvo
non si versi in ipotesi di pena illegale (Sez. 3, n. 10286 del 13/02/2013 – dep.
06/03/2013, Matteliano, Rv. 254980).
Nel caso che occupa la pena inflitta non è in alcun modo illegale e la censura
al giudice è oltre che non consentita anche aspecifica. Infatti, ai sensi del
combinato disposto agli artt. 581, co. 1 lett. c) cod. proc. pen. l’impugnazione
deve enunciare, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. Nel caso che occupa
il motivo non indica tali ragioni.

2. Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle
ammende.

sufficiente a far ritenere che il giudice abbia verificato ed escluso la presenza di

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17/1/2018.

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