Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22172 del 17/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22172 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STRILLOZZI ANDREA nato il 15/06/1969 a PISTOIA

avverso la sentenza del 08/01/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 17/01/2018

Strillozzi Andrea ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Firenze indicata in epigrafe, con la quale è stata
confermata la condanna pronunciata a seguito di rito abbreviato dal Tribunale di
Firenze in relazione al reato previsto dall’art.186, commi 2, lett.b) e 2-sexies, d.
Igs. 30 aprile 1992, n.285 accertato in Firenze alle ore 23:00 del 18 febbraio
2012.
L’esponente deduce violazione degli artt.603 e 238 cod.proc.pen., 111 Cost.
e 186 cod. strada per avere la Corte di Appello trascurato l’istanza difensiva di
rinnovazione dell’istruttoria tendente a dimostrare che l’imputato non fosse alla
guida dell’autovettura; con un secondo motivo deduce difetto di motivazione in
merito al fatto che l’imputato non fosse alla guida dell’autovettura e che
l’accertamento fosse stato eseguito oltre mezz’ora dopo il controllo; con un terzo
motivo deduce omessa valutazione della congruità della pena con difetto di
motivazione circa il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e del
beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché nel giudizio di appello
avverso la sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato non condizionato,
l’assunzione di nuove prove è possibile solo qualora queste non si riferiscano a
circostanze di fatto anteriori al processo e conosciute dall’imputato, trattandosi
altrimenti, di prove che avrebbero dovuto formare oggetto di una richiesta di
giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria da sottoporre al
relativo vaglio di ammissibilità (Sez. 5, n. 33870 del 07/04/2017, Crescenzo, Rv.
27047401).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, lungi dal confrontarsi
con l’ampia motivazione offerta dalla Corte territoriale in replica ad analoghe
deduzioni difensive, la censura è meramente reiterativa di queste ovvero
introduce argomenti, quali il lasso di tempo intercorso prima dell’accertamento,
non sottoposti all’esame del giudice di appello.
Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6,
n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 25458401), la funzione tipica
dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui
si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.), devono
indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto,
innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica
indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso
in esame, si limita a reiterare il motivo d’appello, confrontandosi solo
apparentemente con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si
destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale
è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con
siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi
dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto
ignorato.
Le censure inerenti alle circostanze attenuanti generiche ed al beneficio della
sospensione condizionale della pena non sono state sottoposte all’esame della
Corte territoriale. E secondo quanto affermato da questa Suprema Corte, la
regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606, comma 3, e 609, comma
2, cod. proc. pen., dispone che non possano essere dedotte in cassazione
questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni
rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe
stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola trova il suo fondamento
nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di
motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del
2

Motivi della decisione

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2018

ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello, in quanto non devoluto
con l’impugnazione (Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 2013, Bonaffini,
Rv.25663101). Dalla lettura di tali disposizioni in combinato disposto con
l’art.609, comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione di questa Corte ai
motivi di ricorso consentiti, si evince l’inammissibilità delle censure che non siano
state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia
sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n.28514 del
23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 25557701; Sez.2, n.40240 del 22/11/2006,
Roccetti, Rv.23550401).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.

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