Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22162 del 22/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22162 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRATTINI PAOLA N. IL 13/07/1969
avverso la sentenza n. 16130/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6:1″: 1-° 384 e WA
che ha concluso per

tcg

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza resa il 4 dicembre 2013,
confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli, sez. distaccata di
Pozzuoli, in data 4 marzo 2013, aveva condannato Paola Frattini, previa
applicazione dell’aumento di pena ex art. 81 cod.pen., a due anni e sei mesi di
reclusione e 4000 euro di multa in relazione al reato p. e p. dall’art. 73, comma 5,
D.P.R. 309/1990, accertato in Quarto il 28 febbraio del 2012 e consistito nella

di sostanza stupefacente di tipo cocaina, nonché nella detenzione di grammi 12
circa della stessa sostanza a fini di cessione a terzi.
La condanna veniva confermata dalla Corte territoriale, previo rigetto delle
doglianze difensive riferite al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche
e al fatto che sia stata ritenuta la pluralità delle violazioni (tra loro unite in
continuazione) anziché la configurabilità di un unico delitto.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre la Frattini per il tramite del suo
difensore di fiducia. Il ricorso é articolato in due motivi, sostanzialmente
ripropositivi delle doglianze formulate in appello.
2.1. Con il primo motivo, infatti, la ricorrente denuncia vizio di motivazione in
ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche: la Corte, si duole
l’esponente, non ha tenuto conto delle argomentazioni proposte dalla difesa con
l’atto d’appello, sulle quali non ha in alcun modo reso motivazione.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge in
relazione all’aumento di pena per la continuazione ex art. 81 cod.pen., a suo dire
nella specie non configurabile in relazione al fatto che le distinte condotte
contestate, poste in essere nello stesso contesto spazio-temporale e con la stessa
sostanza stupefacente, perdono la loro individualità e vengono assorbite
nell’ipotesi più grave.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso é infondato.
La Corte di merito, sia pure succintamente, ha richiamato i precedenti penali
dell’imputata per escludere la concessione delle attenuanti generiche; in tal senso
può dirsi soddisfatto l’onere motivazionale sul punto, atteso che, come
recentemente riaffermato sulla scia di un costante orientamento giurisprudenziale,
in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la ratio della
disposizione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di
2

cessione a Geremia Bruno, Daniele Di Pasquale e Paolo Salzano di una dose a testa

esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece,
sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi
alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere
negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal
modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore
sulla sua personalità. (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826)

2. Parimenti infondato é il secondo motivo di ricorso.

perciò l’assorbimento dell’una fattispecie nell’altra, al posto del riconosciuto
vincolo della continuazione fra violazioni diverse), é in realtà da inquadrare come
concorso di reati tra loro distinti, unificati appunto ex art. 81 comma 2 cod.pen.,
atteso che, come rilevato dalla Corte di merito, alla Frattini sono contestate più
distinte cessioni a soggetti diversi, oltre alla detenzione della sostanza
stupefacente, e pertanto non può parlarsi di contiguità temporale tra le condotte
a lei addebitate: ciò impedisce l’assorbimento dell’una condotta nell’altra, con la
conseguenza che le stesse condotte danno luogo a più violazioni della stessa
disposizione di legge e quindi a distinti reati, eventualmente legati dal vincolo della
continuazione criminosa, ed ambedue previsti dalla norma a più fattispecie tra loro
alternative di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 4, Sentenza n. 22588 del
07/04/2005, Volpi e altro, Rv. 232094).

3. A fronte di quanto precede, deve tuttavia considerarsi che l’imputazione a
carico della ricorrente riguarda un’ipotesi di reato p. e p. dall’art. 73 comma 5
D.P.R. 309/1990; e che la sentenza di appello impugnata é stata emessa in data
4 dicembre 2013, ossia anteriormente sia alla sentenza della Corte Costituzionale
n. 32/2014 (che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 73 D.P.R.
309/1990 come modificato dal D.L. 272/2005 convertito con legge n. 49/2006),
sia alle successive modifiche, in melius, del trattamento sanzionatorio riguardante
l’ipotesi di cui al 5 comma dell’anzidetto art. 73 D.P.R. 309/1990 (D.L. n. 36/2014,
convertito con legge n. 79/2014).
In relazione a ciò, deve considerarsi che recentemente le Sezioni Unite, con
sentenza n. 46653 del 26 giugno 2015, ric. Della Fazia, hanno stabilito il principio
secondo cui la Corte di cassazione, anche nel caso di ricorso inammissibile per
qualunque ragione e con il quale non vengano proposti motivi riguardanti il
trattamento sanzionatorio, può rilevare d’ufficio, con conseguente annullamento
sul punto, che la sentenza impugnata era stata pronunziata prima dei mutamenti
normativi che hanno modificato il trattamento sanzionatorio in senso favorevole

3

Quella che la ricorrente qualifica come unica fattispecie di reato (perorando

all’imputato; ciò anche nel caso in cui la pena inflitta rientri nella cornice edittale
sopravvenuta alla cui luce il giudice di rinvio dovrà riesaminare tale questione.
Tale é il caso del ricorso in esame; per l’effetto, va disposto l’annullamento
della sentenza impugnata limitatamente all’entità della pena, con rinvio ad altra
sezione della Corte di Appello di Napoli.
Nel resto, il ricorso va rigettato; ai sensi dell’art. 624 cod.proc.pen. va
dichiarata irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità dell’imputata.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia alla Corte d’appello di Napoli per nuovo esame sul punto. Rigetta il ricorso
nel resto.
Dichiara irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità dell’imputata.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016.

P.Q.M.

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