Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22157 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22157 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: GIANNITI PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Chaudhary Muhammad Aktar, nato il 28/12/1977

avverso la sentenza n. 5230/2015 del 24/11/2015 della Corte di appello di
Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Pasquale Gianniti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Delia
Cardia, che ha concluso chiedendo il rigetto della sentenza impugnata.

Data Udienza: 19/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Varese, con sentenza emessa in data 11 dicembre 2014 ad
esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato Chaudhary Muhammad Aktar
colpevole:
a) del reato previsto e punito dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, per avere
importato dal Pakistan, in concorso con Ali Razzaq ed illecitamente detenuto, in
Tradate ed altri luoghi della provincia di Varese il 22 aprile 2014, grammi

confezionamento di 9.946 dosi medie, con l’aggravante di avere organizzato la
cooperazione del reato, esclusa l’aggravante dell’ingente quantità;
b) del reato previsto e punito dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, per aver
venduto illecitamente quantitativi diversi di eroina a Oltolina Roberto, D’Agnolo
Emilio, Greco Assunta e Lombardo nelle date indicate nel capo di imputazione,
dal marzo all’aprile 2014.
La pena base è stata determinata in anni 10 di reclusione ed euro 60 mila di
multa, aumentata per la circostanza aggravante di cui all’art. 80 lett. b) ad anni
13 e mesi 6 di reclusione ed euro 90 mila di multa; ulteriormente aumentata per
la continuazione ad anni 15 di reclusione ed euro 96 mila di multa; diminuita per
il rito alla pena finale di anni 10 di reclusione ed euro 64 mila di multa, oltre alle
pene accessorie, al ritiro della patente di guida ed all’espulsione dallo Stato a
pena espiata.

2.La Corte di appello di Milano con sentenza emessa in data 24 novembre
2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado che era stata appellata
dall’imputato, ha escluso l’aggravante di cui all’art. 80 comma 1 lett. b) ed ha
rideterminato per lo stesso la pena in anni 7 e mesi 8 di reclusione ed euro 44
mila di multa (come da correzione contenuta in sede di separata ordinanza).

3.Avverso la suddetta sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo del
proprio difensore di fiducia, articolando, dopo una breve esposizione dello
svolgimento del processo, tre distinti motivi di doglianza.
3.1. Con il primo viene dedotta violazione degli artt. 62 bis e 133 c.p. in
punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Al riguardo il ricorrente rileva che la Corte ha motivato il diniego
argomentando sulla gravità del fatto, a fronte del quale sono stati ritenuti
irrilevanti il suo stato di incensuratezza e di tossicodipendenza, il fatto che egli
aveva rilasciato dichiarazioni ammissive (per quanto in relazione a circostanze
pacifiche o comunque agevolmente desumibili dai dati accertati) ed il fatto che
aveva indicato un non meglio identificato Tariq come suo complice. Tanto

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323,012 di eroina, con un principio attivo pari a 76,96%, utile al

rilevato il ricorrente deduce che, poiché l’art. 133 c.p. non pone una gerarchia
tra i criteri previsti nei suoi due commi, l’affermazione che la gravità del fatto
(riconducibile al primo comma) rende per ciò stesso irrilevanti i criteri della
condotta precedente e successiva al reato, costituisce violazione della norma in
esame. La Corte territoriale avrebbe dovuto effettuare una comparazione tra i
diversi criteri, fornendo congrua giustificazione di quelli ritenuti prevalenti.
3.2. Con il secondo viene dedotto vizio di motivazione in relazione alla
determinazione della pena.

anni 8 e che in via generale il giudice che intenda discostarsi dal minimo edittale
deve dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, si duole
del fatto che la Corte territoriale si era limitata a definire congrua, anche in
relazione alla personalità dell’imputato, una pena base di anni dieci di reclusione,
superiore di ben 2 anni al minimo edittale.
3.3. Con il terzo viene dedotta violazione dell’art. 86 d.P.R. n. 309/1990.
Al riguardo il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha confermato la
misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello stato, senza previo
accertamento in concreto della sua pericolosità sociale (cioè della probabilità che
lui commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati) alla luce di tutti i
criteri dettati dall’art. 133 c.p. (e non soltanto alla luce della gravità dei reati per
cui è processo), come pur avrebbe dovuto in forza della sentenza n. 58/1995
della Corte costituzionale; nonché senza alcun esame comparativo della
condizione familiare dell’imputato (che ha numerosi figli residenti sul territorio
nazionale) con gli altri criteri di valutazione indicati dall’art. 133 c.p. in una
prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed
interesse del singolo alla vita familiare”, come pur avrebbe dovuto in forza
dell’art. 8 della Convenzione Edu, come interpretata dalla Corte di Strasburgo
(sent. El Boujaidi c Francia, 26 settembre 1997), come già ritenuto da questa
Corte regolatrice (Sez. IV, sent. 25/11/2014, n. 50379, Rv. 261378).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto.

2.Infondati sono i primi due motivi di ricorso, che, in quanto strettamente
connessi, sono qui esaminati congiuntamente.
2.1. Come è noto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere
che la valutazione degli elementi sui quali si fonda la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero il giudizio di comparazione delle circostanze,
nonché in generale la determinazione della pena, rientrano nei poteri

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Al riguardo il ricorrente, nel far presente che il minimo edittale è pari ad

discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei
parametri valutativi di cui all’art.133 cod.pen., è censurabile in Cassazione solo
quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
2.2. Ipotesi quest’ultima che nel caso di specie indubbiamente non ricorre,
avendo entrambi i giudici di merito fornito adeguata e logica motivazione con
riferimento alla congruità della pena irrogata ed al diniego delle circostanze
attenuanti generiche.
Invero, nella sentenza di primo grado:

esercitato stabilmente l’attività di spaccio di stupefacente con modalità
significativamente organizzate con una rete di clienti fidelizzati e sicuri canali di
approvvigionamento ed avvalendosi di ‘sottoposti’ (che viaggiavano in
avanscoperta in Pakistan); Chaudhary aveva in altri termini dimostrato di
muoversi come uno spacciatore di navigata esperienza dotato dell’occorrente
spregiudicatezza per affermarsi nel violento mondo del traffico di stupefacenti;
-quanto alla sostanza sequestrata, è stato rilevato che: a) durante le
indagini preliminari, era stata espletata consulenza tossicologica sulla sostanza
stupefacente sequestrata in data 22 aprile 2014 a carico dell’odierno imputato
suddivisa in 13 ovuli del peso complessivo di grammi 323,012; b) da detta
consulenza era risultato che la sostanza sequestrata aveva un contenuto in
principio attivo pari al 76,96% equivalente a grammi 248,577 di eroina pura,
cioè tale da consentire di ricavare 9943 dosi (capaci di provocare effetto
stupefacente in persona adulta non assuefatta); c) il consulente tecnico
nominato dal Pubblico Ministero aveva concluso il proprio elaborato peritale
affermando che l’eroina sequestrata è di ‘eccezionale purezza’ e pertanto da
ritenersi ‘particolarmente pericolosa’;
-quanto al calcolo della pena: è stato ritenuto più grave il reato di
importazione dell’eroina dal Pakistan e – in considerazione del suo spiccato
allarme sociale non solo per la reiterazione nel tempo delle singole cessioni ma
anche per la qualità della sostanza venduta – è stata determinata la pena base
nella misura di anni 10 di reclusione ed euro 60 mila di multa (cioé in misura
superiore ai minimi edittali); su detta pena sono stati poi operati gli aumenti (per
la circostanza aggravante di cui all’art.80 lett.b) e per gli undici diversi ritenuti
episodi di cessione) e la diminuzione per il rito.
D’altra parte, la Corte territoriale, previa esclusione dell’aggravante di cui
all’art. 80 comma 1, ha rideterminato la pena originariamente inflitta, ma, con
motivazione priva di aporie di ordine logico o giuridico, ha ritenuto la
“indiscutibile irrilevanza dello stato di incensuratezza e di tossicodipendenza ai
fini della concessione delle attenuanti generiche” in considerazione del fatto che
la condotta tenuta dall’imputato rivelava una particolare disinvoltura, indice di
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-quanto alla condotta dell’imputato, è stato ritenuto che questi aveva

una pratica invalsa sul campo. In particolare, al riguardo la Corte ha rilevato che
l’imputato: a) si era avvalso di fonti di approvvigionamento consolidate, in grado
di fornire quantitativi particolarmente elevati di eroina; b) aveva svolto attività
di importazione nel proprio esclusivo interesse nell’ambito di una attività
strutturata, che si estendeva allo smercio a una rete consolidata di consumatori;
c) aveva realizzato introiti che gli avevano consentito di sovvenzionare il proprio
lucroso traffico illecito e di mantenere la propria famiglia, non avendo neppure
allegato lo svolgimento di una lecita attività lavorativa; d) nel corso del processo,

agevolmente desumibili dai dati accertati.

3. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, concernente la misura di
sicurezza della espulsione dal territorio dello stato.
3.1. L’art.86 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dispone che lo straniero
condannato per uno dei reati previsti dagli artt. 73, 74 e 79, art. 82, commi 2 e
3, del medesimo Testo Unico, a pena espiata, deve essere espulso dallo Stato e
che lo stesso provvedimento di espulsione può essere adottato nei confronti dello
straniero condannato per uno degli altri delitti previsti dal T.U. Stupefacenti.
La Corte Costituzionale (sent. n.58 del 24 febbraio 1995) ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del citato art. 86, comma 1, nella parte in cui
obbligava il giudice ad emettere, senza l’accertamento della sussistenza in
concreto della pericolosità sociale, contestualmente alla condanna, l’ordine di
espulsione, eseguibile a pena espiata, nei confronti dello straniero condannato
per uno dei reati di cui sopra.
E la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha più volte chiarito che,
non sussistendo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale, una
presunzione assoluta di pericolosità, la verifica circa la sussistenza della
pericolosità sociale del condannato deve essere compiuta alla luce degli elementi
indicati dall’art. 133 cod. pen. ed essere assistita da adeguata motivazione (Sez.
F, n. 35432 del 14/08/2013, Weng, Rv. 255815; Sez. 6, n. 45468 del
23/11/2010, Gjondrekaj, Rv. 248961; Sez. 4, n. 46759 del 25/10/2007,
Cekodhima, Rv. 238359).
3.2. Nel caso in esame, nella sentenza impugnata la Corte territoriale ha
ritenuto “sicuramente giustificata … dalla pericolosità sociale dell’imputato, che
ha impiantato sul territorio italiano una rete di spaccio di una delle sostanze
droganti più pericolose, quale è pacificamente ritenuta l’eroina, avvalendosi
anche della collaborazione di altri soggetti”, aggiungendo che: “La spiccata
tendenza a delinquere del soggetto arrestato, che ha improntato il proprio stile di
vita alla diffusione di eroina, da lui stesso importata dal proprio paese, ne
impone senza dubbio l’allontanamento, non potendosi neppure prospettare un

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aveva effettuato soltanto ammissioni relative a circostanze pacifiche o comunque

bilanciamento tra i rischi connessi alla sua permanenza in Italia e l’interesse dei
figli a vivere nel paese scelto dal padre per esercitare la sua lucrosa attività
illecita, nulla ostacolando il loro rientro nel paese d’origine, peraltro in via di
sviluppo economico”.
Come si vede, la motivazione offerta dalla sentenza impugnata risulta
pienamente rispettosa del dettato normativo, avendo il giudice di merito indicato
da quali elementi avesse dedotto il giudizio di pericolosità sociale dell’imputato. E
le censure dedotte dall’esponente risultano manifestamente infondate, posto che

4. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve
essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/04/2 16

il Collegio ha espresso una specifica valutazione sulla pericolosità dell’imputato.

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