Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22151 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22151 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI QUATTRO Luigi n. il 22/11/1973
avverso la sentenza n. 131/15 della COR1E APPELLO di CALTANISSETTA, in data 10/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
udito il Procuratore Generale, in persona della dott.ssa Delia CARDIA che
ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 19/04/2016

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Enna, appellata dall’imputato DI QUATTRO Luigi, ha concesso al predetto il beneficio della non
menzione, confermando nel resto la sentenza impugnata, con la quale costui era stato
dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 449-423 cod. pen. perché per imperizia, mentre si
trovava alla guida di u n mietitrebbia intento a trebbiare l’orzo sul fondo di proprietà di

attraversava il fondo suddetto (fili verosimilmente non in perfetta tensione), determinandone
l’aggrovigliamento, a causa del contatto tra i conduttori, e lo scoccare di scintille che cadevano
al suolo, incendiando le sterpaglie secche ivi presenti – cagionava un incendio che si estendeva
ai terreni limitrofi, che ne risultavano completamente distrutti, compresi quelli di proprietà di
Leonardo Antonio, Petralia Salvatore, Virgona Angelo e Leonardo Paolo, rendendo necessario
anche l’intervento di unità aeree antincendio del locale comando dei Vigili del fuoco (in
Calascibetta il 2.7. 2006)
2. La vicenda può così ricostruirsi sulla scorta della sentenza impugnata e dei richiami ivi
contenuti a quella di primo grado.
Il 2/7/2006, in una contrada di Calascibetta, si verificava un incendio di grosse proporzioni
che distruggeva circa venti ettari di terra. Sul luogo intervenivano i Vigili del Fuoco, circa
mezz’ora dopo aver ricevuto la chiamata (giunta alle ore 16:41). Costoro
constatavano che l’incendio aveva interessato una vasta area, distruggendo un numero
imprecisato di alberi. Lo spegnimento delle fiamme aveva richiesto un particolare dispendio
di uomini e mezzi, tanto che venivano chiamati in ausilio anche gli operai della Forestale.
Nell’immediatezza delle operazioni di spegnimento, i vigili del fuoco notavano dei fili di
bassa tensione che penzolavano dai pali della luce posti sui terreni interessati
dall’incendio, motivo per cui venivano chiamati i tecnici dell’ENEL. Le indagini esperite,
confluite nella C.N.R del 14.7.2006, permettevano di accertare che le fiamme erano scaturite
dal fondo di proprietà di Russo Eugenio ed erano state originate dal contatto tra i fili
dell’elettrodotto e la mietitrebbia condotta dal DI QUATTRO, il quale, il giorno dell’incendio
stava eseguendo lavori di trebbiatura sul terreno del Russo, utilizzando una macchina Laverda,
che raggiungeva 4,07 metri di altezza, su incarico di Catanese Giovanni, persona di fiducia del
Russo, al quale quest’ultimo aveva dato mandato di curare i propri fondi. Inoltre si accertava
che, nelle adiacenze della casa rurale di tale Fontanazza Francesco, sita in un terreno
confinante con quello del Russo, vi era un palo di ferro dell’ENEL leggermente inclinato e
con la staffa girata in posizione trasversale, mentre nella campata tra un palo e l’altro, si
notava il filo elettrico “giuntato”, in quanto messo in sicurezza dal personale ENEL.

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Russo Eugenio, nell’urtare con la parte superiore del mezzo i fili dell’elettrodotto ENEL che

I tecnici che avevano eseguito l’intervento riferivano di avere trovato i fili attorcigliati e che
il contatto tra i fili di rame scoperti aveva provocato un corto circuito, con rilascio di rame
incandescente, materiale altamente infiammabile che, entrato in contatto con le sterpaglie
asciutte presenti sul terreno sottostante, aveva verosimilmente innescato l’incendio, tanto che
nel punto ove erano collocati i fili aggrovigliati per terra, il terreno era completamente
bruciato.
3. Avverso la sentenza d’appello che ha confermato il giudizio di colpevolezza formulato dal

– con il primo, ha dedotto vizio motivazionale con riferimento alla riconducibilità dell’evento
alla condotta tenuta dall’imputato, avendo l’organo giudicante fondato il proprio convincimento
su meri indizi, trascurando che gli stessi, per assurgere a valenza probatoria, devono
possedere i requisiti legislativamente precisati dall’art. 192, comma 2, c.p.p., ovvero essere
gravi, precisi e concordanti;
– con il secondo, ha dedotto analogo vizio, assumendo la mancanza della motivazione in
ordine all’elemento psicologico del reato, nonostante la formulazione di specifico
motivo di appello.
Considerato in diritto
1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato, nelle more, si
è estinto per intervenuta prescrizione, avuto riguardo al titolo, al

tempus commissi delicti

(02/07/2006) e alle regole di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 161 del cod. pen.,
calcolati i periodi di sospensione indicati nella sentenza impugnata, a seguito della declaratoria
di illegittimità costituzionale dell’art. 157 del cod. penAblella parte in cui prevedeva il raddoppio
del termine di prescrizione per il reato di incendio colposo, giusta sentenza n. 143
dell’08/04/2014 della Corte Costituzionale.
2. Tuttavia, i motivi del ricorso devono essere comunque esaminati ai diversi fini degli effetti
civili del reato.
Gli stessi sono infondati.
3. Con la sentenza impugnata la Corte territoriale ha rilevato che, nonostante l’imputato
avesse negato di avere urtato i fili elettrici con il mietitrebbia, il Tribunale aveva però
ritenuto, da una parte, che costui poteva anche non essersi accorto dell’urto; dall’altro, aveva
richiamato la testimonianza di Leonardo Giovanni il quale riferì che, se era astrattamente
possibile che i fili elettrici potessero aggrovigliarsi per il forte vento, in concreto tale
evenienza era da escludere, per le condizioni ottimali del tempo il giorno
dei fatti, per la presenza

della “staffa girata” e per la accertata collocazione dei

fili elettrici ad un altezza particolarmente bassa.

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primo giudice, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, proponendo due separati motivi:

Questa ricostruzione era stata contestata con l’atto di gravame, opponendosi quella
alternativa dell’aggrovigliamento dei fili a causa del vento, in subordine prospettandosi
l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato.
La Corte territoriale ha affermato che dalla scheda di intervento dei Vigili del fuoco e dalla
documentazione fotografica, era emerso che – al momento dell’intervento – erano sta ti
notati dei fili di bassa tensione che penzolavano dai rispettivi pali, in prossimità del terreno
Fontanazza e che la staffa che reggeva il filo era girata, come se avesse subito un urto. Le

piogge precedenti, cosicché doveva escludersi una causa accidentale.
Peraltro, osservava la Corte di merito che neppure l’imputato aveva negato che l’incendio
era divampato in assoluta prossimità temporale con la sua attività di passaggio della
mietitrebbia.
L’istruttoria svolta aveva poi consentito di accertare che:
– l’incendio era partito da un punto del terreno al confine tra la proprietà Fontanazza e
quella Russo, mentre era in funzione la macchina nnietitrebbia, poi posizionata di lato;
– il mezzo era stato in azione nel punto, dal quale erano scaturite le fiamme;
– il palo era leggermente inclinato e i fili erano “abbassati” quasi a toccare terra;
– in sede di accertamenti era stato reperito un filo elettrico tranciato;
– il passaggio del mezzo vicino ai pali della luce era necessitato.
Su quest’ultimo punto, peraltro, nella sentenza si dà atto della circostanza che al teste
Catanese, che aveva riferito in ordine a tali dati fattuali, era stato contestato quanto dichiarato
a s. i. t. allorché aveva affermato che “Verso le ore 11:30 la parte più alta della trebbia toccava i
fili di rame nudo, Enel, che erano molto bassi”, pur precisando che si trattava di un discorso
generale che avevano fatto un pò tutti i presenti.
Da tali elementi, il giudice del merito ha tratto la conclusione che la ricostruzione alternativa
della rottura accidentale dei fili, prospettata a difesa, era poco verosimile, in presenza di
perfette condizioni atmosferiche, dovendosi propendere, anche per i particolari relativi
alla staffa, rinvenuta girata in senso trasversale e della leggera inclinazione del palo, per un
sicuro impatto tra il mezzo agricolo condotto dall’imputato ed i fili elettrici che, scoperti e
aggrovigliati, venivano in contatto con l’erba secca presente sui terreno, scatenando un
incendio di vaste dimensioni. Anche il tecnico ENEL, del resto, pur affermando che la causa non
era stata accertata, aveva però confermato che la riscontrata rotazione della staffa era stata
causata da qualcosa che era entrato in contatto con essa.
I definitiva, per la Corte d’appello, la convergenza di tali, plurimi elementi dimostrava la
penLresponsabilità dell’imputato, a nulla rilevando l’eventuale concorso di cause e di ulteriori
condotte colpose, in quanto, in tema di reati colposi, quando l’obbligo di impedire l’evento
incombe su più persone che debbono intervenire in momenti diversi, il nesso di causalità

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condizioni di tempo, inoltre, erano ottimali stante il periodo estivo, l’assenza di vento forte o d i

tra la condotta (sia essa connmissiva o omissiva) del titolare di una posizione di garanzia,
non viene meno per effetto del mancato intervento di un altro soggetto (nella specie, l’ENEL,
che asseritamente non aveva collocato ad un’altezza adeguata i fili della corrente elettrica),
vedendosi comunque in un’ipotesi di concorso di cause.
4. Il ricorrente, a fronte di tale apparato argomentativo, ha riproposto le stesse censure
opposte con il gravame, sostenendo in particolare che, nel caso di specie, l’unico elemento sul
quale tutti avevano concordato è il fatto che l’imputato, poco prima dell’incendio, fosse

altro indizio dimostrerebbe, però, che l’evento è riconducibile al DI QUATTRO, poiché i fili Enel,
sebbene non fossero ben tesi, erano comunque posizionati al di sopra dell’altezza di sicurezza
e, in ogni caso, al di sopra dei cinque metri (come dichiarato dai testi sentiti nel corso del
processo). Con la conseguenza che il passaggio della mietitrebbia, alta m. 4.07, sarebbe
avvenuto senza arrecare alcun danno e che avrebbe trovato riscontro l’ipotesi alternativa
secondo cui l’aggrovigliamento dei cavi sarebbe dipeso da cause esterne, quali il vento.
Il ricorrente ha pure riproposto il tema dell’elemento psicologico, affermando che, nel caso
di specie, trattandosi di reato colposo, ai fini dell’affermazione della penale responsabilità
occorre non solo che sia posta in essere una condotta oggettivamente contraria alle regole di
diligenza previste (c.d. misura oggettiva della colpa), ma anche che tale condotta sia
riconducibile dal punto di vista psicologico all’agente, attraverso un giudizio di prevedibilità.
Nel caso in esame, secondo la tesi difensiva, nessun rimprovero può essere mosso all’imputato,
non potendo la sua manovra essere considerata né imprudente né maldestra. Ed infatti, nel
corso del dibattimento, non sarebbe stata individuata la regola cautelare e/o di condotta
violata, in quando nessuna norma impone la misurazione dell’effettiva altezza dei cavi Enel
che si presumono essere sempre posti al di sopra della soglia di sicurezza.
Si è altresì rilevato che la non perfetta tensione dei cavi, che si trovavano comunque ad
un’altezza considerevole, non equivarrebbe di per sé all’assoluta ed immediata
riconoscibilità del pericolo, cosicché sarebbe certamente contestabile all’Enel la violazione della
regola cautelare alla stessa imposta, e non contestabile invece la condotta tenuta
dall’imputato, il quale in alcun modo poteva prevedere ex ante che il mezzo da lui condotto
sfiorasse i fili elettrici (ammesso che lo abbia fatto) e cagionare un incendio.
5. A fronte dell’apparato argomentativo della sentenza impugnata, il ricorrente ha in
sostanza riproposto le doglianze già articolate in gravame, senza operare tuttavia il dovuto
confronto con la motivazione della sentenza censurata.
La stessa risulta, invece, del tutto congrua e coerente, rispetto alle risultanze probatorie
esposte, affatto illogica e non contraddittoria, cosicché è precluso un sindacato critico sulle
valutazioni condotte, alle quali la parte oppone una ricostruzione alternativa degli eventi,
inammissibile in questa sede.

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passato con la macchina mietitrebbia dai luoghi in cui l’incendio era divampato. Nessun

Sul punto, pare sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla natura
del sindacato di legittimità, alla luce della quale gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella
valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente
al merito e non sono rilevanti in sede di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso
giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità, in sede
di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del
risultato probatorio.

attribuendo al dato probatorio un significato congruo e non contraddittorio, idoneo come tale a
sostenere il convincimento del giudice e sottratto, perciò, al sindacato di questa Corte.
Proprio con riferimento alla natura del sindacato di legittimità, infatti, non va dimenticato
che “…sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o
dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr.
Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti
gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
6. Al rigetto del ricorso segue la conferma delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per
prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 aprile 2016.

Nel caso all’esame, la Corte territoriale, affrontando le censure del gravame, vi ha risposto

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