Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22136 del 15/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22136 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul conflitto di competenza sollevato da:
GIP TRIBUNALE BRINDISI nei confronti di:
CORTE APPELLO LECCE
con l’ordinanza n. 4440/2012 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
30/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
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1/sentite le conclusioni del PG Dott. C 1 4

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V-CO-2.AG

Data Udienza: 15/01/2016

Afri P , Cr.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9.3.2015, la Corte di Appello di Lecce, in accoglimento di uno dei
motivi di gravame proposti, dichiarava la nullità della sentenza emessa in data 27.3.2014, con
la quale il Tribunale di Brindisi aveva condannato CHIRICO Nicola (nato il 28.9.1969) e
CHIRICO Nicola (nato il 17.2.1968) alle pene di giustizia per concorso in rapina aggravata e

abbreviato.
Premetteva la Corte di merito, esponendo una sintetica cronologia del procedimento:
– che entrambi gli imputati, dopo aver ricevuto la notifica del decreto di giudizio
immediato “cautelare”, in data 12.4.2013 avevano presentato richiesta di accesso al rito
abbreviato condizionato all’espletamento di una perizia genetica;
– che, con provvedimento reso in data 15.4.2013, il G.I.P. adito aveva “disposto
procedersi” al giudizio abbreviato “evidentemente nei termini indicati nella richiesta formulata
dagli imputati”, fissando all’uopo l’udienza del 16.5.2013;
– che, alla fissata udienza, il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di rito abbreviato
condizionato, in tal modo accogliendo le obiezioni formulate dal P.M. e disattendendo i rilievi
articolati dai difensori, che avevano insistito per la celebrazione del rito alternativo in
precedenza richiesto.
Ciò posto, osservava la Corte di Lecce che, in base al contenuto dei provvedimenti
emessi, alla loro sequenza logica e cronologica, tenuto conto delle norme codicistiche applicate
(art. 438, comma 5 e art. 458, commi 1 e 2, c.p.p.) siccome interpretate dalla giurisprudenza
di legittimità, doveva ritenersi che il G.I.P. di Brindisi, dopo aver ammesso gli imputati al rito
abbreviato condizionato, avesse sostanzialmente revocato il provvedimento di ammissione fuori
dei casi eccezionalmente previsti dall’art. 441 bis c.p.p., così ponendo in essere un atto affetto
da abnormità che travolgeva tutti gli atti successivi.
Tale abnormità non consentiva alla Corte salentina neppure il controllo nel merito della
ragionevolezza del diniego del rito abbreviato condizionato e, quindi, l’eventuale riduzione di un
terzo della pena.
La dichiarazione di nullità della sentenza appellata imponeva, in conclusione, la
rimessione degli atti al G.I.P. del Tribunale di Brindisi perché procedesse con il rito abbreviato
condizionato la cui ammissione era stata illegittimamente revocata.
2. Con ordinanza del 30.6.2015, il G.I.P. di Brindisi sollevava conflitto negativo di
competenza, ai sensi degli artt. 28 ss. c.p.p..
Negava il predetto Giudice di aver mai disposto la “revoca” del giudizio abbreviato
condizionato già ammesso, precisando di aver soltanto “rigettato”, al momento processuale
previsto, la richiesta degli imputati dopo aver in precedenza emesso ordinanza amnnissiva 2

altri reati, e rimetteva gli atti al G.I.P. del Tribunale di Brindisi perché procedesse con rito

quanto alla tempestività, alla esistenza di procura speciale e alla riferibilità all’intero processo e dopo aver doverosamente sentito tutte le parti nel corso dell’udienza fissata ai sensi dell’art.
458 comma 2 c.p.p.: la circostanza di aver usato nel provvedimento del 15.4.2013
impropriamente il termine “ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato condizionato”
anziché quello di “decreto di ammissione e fissazione di udienza” non comportava alcuna
conseguenza, in quanto mai poteva disporsi quel particolare rito alternativo con l’emissione di

soprattutto il P.M., che poteva non solo opporsi, ma anche chiedere l’ammissione di prova
contraria ex art. 438, comma 5, c.p.p..
Tale conclusione doveva considerarsi conforme all’insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, secondo cui è da ritenere illegittimo il rigetto de plano della richiesta di giudizio
abbreviato condizionato così come il decreto ammissivo con contestuale fissazione dell’udienza
non segna il momento d’introduzione del rito alternativo (Sez. 3, n. 45683 dell’11.10.2011, Rv.
251604).
La stessa Suprema Corte era intervenuta sulla non decisività del decreto di fissazione
dell’udienza ai fini dell’instaurazione del giudizio abbreviato condizionato in tema di calcolo dei
termini di durata della custodia cautelare, stabilendo il principio per cui il termine di fase
proprio di tale rito inizia a decorrere dal provvedimento di ammissione emesso in esito
all’udienza fissata ai sensi dell’art. 458, comma 2, c.p.p. (Sez. U, n. 30200/2011, Ohouba, Rv.
250348).
3. Con memorie depositate, rispettivamente, in data 18.12.2015 e 29.12.2015, i
difensori di CHIRICO Nicola classe ’69 insistevano per l’inammissibilità del conflitto, osservando
che la decisione della Corte di Appello di Lecce, non contestata con gli ordinari mezzi
d’impugnazione, era passata in giudicato, sicché ad essa il Giudice di primo grado avrebbe
dovuto conformarsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il conflitto sussiste, in quanto due giudici contemporaneamente ricusano la cognizione
del medesimo fatto loro deferito, dando così luogo a quella situazione di stallo processuale,
prevista dall’art. 28 c.p.p., la cui risoluzione è demandata a questa Corte dalle norme
successive.
1.1. Il conflitto, ammissibile in rito, deve essere risolto mediante la dichiarazione

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competenza della Corte di Appello di Lecce.
2. Detta Corte territoriale ha annullato la sentenza di primo grado ritenendo “abnormi”
rispetto all’ordinamento processuale “sia l’ordinanza resa all’udienza del 30.5.2013, con la
quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, al di fuori dei casi previsti
3

una mera ordinanza/decreto senza aver prima sentito, in apposita udienza, tutte le parti e

dall’art. 441 bis c.p.p.,

aveva

revocato il decreto di fissazione del giudizio abbreviato

condizionato emesso, ai sensi dell’art. 458, comma secondo, c.p.p., in data 15.4.2013, sia il
decreto di giudizio immediato (reso in data 14.3.2013, che aveva ripreso efficacia con
l’ordinanza del 30.5.2013), nonché tutti gli atti conseguenti”.
La pronuncia della Corte salentina è incorsa nel vizio di violazione di legge.
Occorre premettere che, con la pronuncia n. 25957 del 26/3/2009, P.M. in proc. Toni e

“abnorme”, osservando che “…L’abnormità.. .più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da
cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra – sempre e
comunque – uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello
previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta
dall’ordinamento. Tanto che si tratti di un atto strutturalmente “eccentrico” rispetto a quelli
positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e
disciplinato, ma “utilizzato” al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione
di essere nell’iter procedimen tale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o
meno del “potere” di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e
funzionale si saldano all’interno di un “fenomeno” unitario. Se all’autorità giudiziaria può
riconoscersi rattribuzione” circa l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi,
eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi
derivino effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’attribuzione” a far difetto – e
con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale – la conseguenza non potrà
essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione…”.
In tema di giudizio abbreviato, è stato affermato, in particolare, che devono considerarsi
atti “abnormi” l’ordinanza con cui il giudice per l’udienza preliminare respinge la richiesta
incondizionata di rito abbreviato (Sez. 1, n. 399 del 18/11/2008, dep. 9/1/2009, Confl. comp.
in proc. Bortolacelli, Rv. 242871; Sez. 5, n. 41174 del 9/9/2015, Zambelli e altri, Rv. 265063)
e la revoca dell’ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato, al di fuori dei casi
eccezionalmente previsti dall’art. 441 bis c.p.p. (Sez. 6, n. 17716 del 17/4/2014, Russello e
altro, Rv. 259344).
La Corte di Appello di Lecce ha erroneamente ravvisato nel provvedimento reiettivo della
richiesta di giudizio abbreviato – “condizionato all’espletamento di perizia in tema di identità e
compatibilità genetica” – avanzata dalla difesa degli imputati, emesso dal G.I.P. del Tribunale di
Brindisi in data 30.5.2013, la natura “sostanziale” di revoca dell’ordinanza di ammissione del
rito speciale, precedentemente resa dal suddetto G.I.P. in data 15.4.2013, definendolo atto
“abnorme”.
Nel pervenire a tale valutazione la Corte distrettuale ha, chiaramente, enfatizzato il dato
letterale del dispositivo dell’ordinanza 15.4.2013, laddove è scritto “dispone procedersi con
4

altro, Rv. 243590, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato il concetto di atto

giudizio abbreviato nei confronti degli imputati…”, senza tenere in considerazione l’inequivoco
tenore del verbale di udienza del 30.5.2013, che documenta, da un lato, l’intervento
argomentato delle parti sulla richiesta difensiva di giudizio abbreviato condizionato e, dall’altro,
la decisione del Giudice di rigetto, alla luce del contraddittorio sviluppatosi, della richiesta
suddetta.
Non vi è dubbio, pertanto, che, come correttamente sottolineato dal G.I.P. nel
de plano in

data 15.4.2013 in ordine all’ammissibilità dell’istanza, quale antecedente necessario del decreto
di fissazione dell’udienza, non poteva che avere unicamente riferimento alla verifica dei
requisiti formali dell’istanza stessa, vale a dire la tempestività, la legittimazione del richiedente
e la riferibilità all’intero processo a carico dell’imputato, restando demandata all’udienza del
30.5.2013, previo contraddittorio tra le parti, ogni valutazione in ordine alla compatibilità della
integrazione probatoria richiesta con il rito speciale (Sez. 3, n. 45683 dell’ 11/10/2011, D., Rv.
251604).
Non potendosi attribuire, per quanto detto, al provvedimento reso alla citata udienza del
30.5.2013, carattere di revoca sostanziale di una precedente ammissione al rito abbreviato, in
realtà mai disposta, viene necessariamente meno la possibilità di connotarlo come atto
“abnorme”.
Va, inoltre, rimarcato che il diniego di accesso al rito abbreviato non può, neppure,
ritenersi annoverato tra gli atti affetti da nullità assolute e insanabili che legittimano, ai sensi
dell’art. 604 c.p.p., l’esercizio del potere di annullamento della sentenza di primo grado da
parte del Giudice dell’appello (tra molte, Sez. 5, n. 727 del 9/2/2000, Gemignani, Rv. 215726),
determinando detto diniego unicamente l’effetto di inficiare la legalità del procedimento di
quantificazione della pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una
sentenza di condanna (Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004, Wajib, Rv. 229173).
3. In assenza di un atto nullo o, tanto meno, abnorme, la Corte di Appello di Lecce si è,
dunque, illegittimamente arrogata il potere di annullamento della sentenza di primo grado, in
violazione delle tassative disposizioni previste dall’art. 604 c.p.p., mentre avrebbe dovuto
procedere alla celebrazione del giudizio di secondo grado, valutando, all’esito, l’eventuale
applicabilità della diminuente di cui all’art. 442 c.p.p. in caso di ritenuta infondatezza del rigetto
della richiesta di rito abbreviato da parte del G.I.P., a condizione che gli imputati avessero
coltivato l’istanza di rito speciale in primo grado, immutata nel suo contenuto, e avessero
formulato specifica censura al riguardo nell’atto di appello, secondo i principi affermati da
questa Corte in materia (Sez. 4, n. 3624 del 14/1/2016, Aoid, Rv. 265801; Sez. 6, n. 48642
dell’11/7/2014, P.G. in proc. De Angelis e altri, Rv. 261245; Sez. 2, n. 18745 del 15/1/2013,
Ambrosanio e altri, Rv. 255261; Sez. 2, n. 139 del 28/09/2011, dep. 10/1/2012, Saccoia, Rv.
251762; Sez. 3, n. 1851 del 2/12/2010, C. ed altri, Rv. 249054; Sez. 3, n. 25983 del
5

provvedimento con cui ha sollevato conflitto dinanzi a questa Corte, la valutazione

7/5/2009, Sette, Rv. 243910; Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004, Wajib, Rv. 229173; vedi anche
Corte Cost. n. 169 del 19-23 maggio 2003, che ha dichiarato il comma 6 dell’art. 438 c.p.p.
illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio
abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre
il giudizio abbreviato).

l’effetto, va annullata senza rinvio la sentenza n. 460 del 9.3.2015 pronunciata dalla ridetta
Corte territoriale, cui si dispone la trasmissione degli atti.

P.Q.M.

Dichiara la competenza della Corte di Appello di Lecce e, per l’effetto, annulla senza
rinvio la sentenza n. 460 del 9.3.2015 pronunciata dalla ridetta Corte territoriale, cui dispone
trasmettersi gli atti.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

4. Va, in conclusione, dichiarata la competenza della Corte di Appello di Lecce e, per

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