Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22135 del 15/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22135 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI ROMA
nei confronti di:
IDRIS AHMED AHMED N. IL 18/05/1989
avverso l’ordinanza n. 1414/2015 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
21/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
1/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 15/01/2016

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21 maggio 2015 il Tribunale del riesame di Roma,
accogliendo la richiesta proposta dal difensore di Idris Ahmed Ahmed, ha
annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP con
ordinanza 2 maggio 2015 nei confronti del predetto in relazione al reato dì cui
all’art. 12 comma terzo lett. d) del decreto legislativo 286 del 1998 per aver
compiuto atti diretti a procurare l’ingresso illegale nella Germania di quattro
cittadini somali, parimenti sottoposti all’arresto perché muniti dì falsi documenti

A ragione della decisione, dopo aver ricostruito il contesto fattuale
antecedente l’arrivo nella stazione Termini dei clandestini, il Tribunale,
accogliendo l’eccezione difensiva, ha osservato – per quanto interessa in questa
sede – che le dichiarazioni rese dai cittadini somali alla polizia ferroviaria, su cui
si fondava sostanzialmente il quadro indiziario a carico di Idris Ahmed Ahmed,
non erano utilizzabili perché, ancorché qualificate come spontanee dichiarazioni,
non potevano ritenersi tali. Secondo il giudicante, che richiama decisioni di
legittimità, la disposizione contenuta nell’art. 350, comma 7, del codice di rito,
data la sua natura di norma eccezionale, deve essere sottoposta a
interpretazione restrittiva, per cui l’utilizzabilità deve intendersi limitata alle sole
dichiarazioni rese dall’indagato nell’immediatezza del fatto e che anche un
semplice dubbio sulla natura spontanea delle dichiarazioni importa la sanzione di
inutilizzabilità. Il Tribunale si assumeva quindi l’onere di valutare la natura
spontanea di dette dichiarazioni e rilevato che:
– i dichiaranti erano stati fermati, antecedentemente la partenza del treno
per Monaco di Baviera, alle 19:04;
– nel tragitto fino agli uffici verso la polizia ferroviaria non avevano reso
nessuna dichiarazione;
– solo dopo l’accertamento che i loro documenti erano contraffatti avevano
reso le dichiarazioni accusatorie (nell’ordine, alle 21.00, alle 21:15, alle 23:40,
all’1:45 del giorno successivo),
concludeva che la non contestualità tra l’intervento degli operanti e le
dichiarazioni rese comportava il venir meno del carattere della spontaneità, per
cui le dichiarazioni accusatorie, costituenti unico elemento a carico, avrebbero
dovuto essere assunte con le modalità previste dall’art. 64 cod. proc. pen.

2. Il procuratore della Repubblica di Roma ha proposto ricorso per
cassazione deducendo che il Tribunale, quanto alla valutazione operata circa il
difetto del requisito dell’immediatezza tra l’arresto e le dichiarazioni spontanee,
non aveva considerato i tempi tecnici necessari per l’identificazione degli
1

di identità (art. 497 bis cod. pen.).

stranieri, il fotosegnalamento, il reperimento di un interprete e l’accertamento
della falsità dei documenti, adempimenti che, unitamente al tempo necessario
per la redazione dei verbali, avevano richiesto un tempo particolare. Cosicché,
era incongruo e pregiudizievole per le indagini escludere la spontaneità delle
dichiarazioni solo perché intervenute a distanza di due ore, in assenza di altri
elementi che, in base alla giurisprudenza di legittimità, potevano escludere la
natura libera e volontaria delle stesse. Secondo il ricorrente, inoltre, il Tribunale
erroneamente non aveva valutato che i soggetti che avevano reso le

dell’immigrazione clandestina e non erano destinatari delle norme poste a tutela
dell’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato per le ragioni che seguito.
1. Va preliminarmente escluso l’assunto del pubblico ministero ricorrente
secondo cui le dichiarazioni rese dai cittadini somali non ricadono nell’ambito di
applicazione degli artt. 63 e 64 cod. proc. pen. I predetti infatti erano stati
arrestati per il reato di possesso di documenti contraffatti, indubbiamente
collegato con il reato ascritto al ricorrente, cui espressamente si contestava di
aver fornito i documenti falsi tramite correi.
Trova quindi in proposito applicazione il principio espresso dalle Sezioni
Unite di questa Corte secondo cui “In tema di prova testimoniale, il mancato
avvertimento di cui all’art. 64, comma terzo, lett. c), cod. proc. pen.,
all’imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede, che
avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento ai sensi dell’art. 210, comma
sesto, cod. proc. pen., determina la inutilizzabilità della deposizione testimoniale
resa senza garanzie. (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015 – dep. 29/07/2015, Lo
Presti e altri, Rv. 264479)”.

2. Fondata è la censura con cui il requirente contesta l’interpretazione data
dal Tribunale del riesame all’art. 350 cod. proc. pen., comma 7 secondo cui “la
polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei
cui confronti vengono svolte le indagini, rria di esse non è consentita la
utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall’art. 503, comma 3”. La
norma, di natura eccezionale in quanto deroga al regime di inutilizzabilità posto a
tutela degli indagati/imputati, trova applicazione soltanto quando si tratti
effettivamente, nel caso concreto, di dichiarazioni “spontanee”, ossia rese dalla
persona nei cui confronti vengono svolte le indagini spontaneamente e non già
nel corso di un esame che presuppone domande della polizia giudiziaria. Questa
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dichiarazioni erano soggetti passivi del reato di favoreggiamento

Corte ha precisato che le dichiarazioni rese spontaneamente dall’imputato
nell’immediatezza del fatto e riferite nel rapporto, pur se sollecitate dagli ufficiali
di polizia giudiziaria, non possono assimilarsi all’interrogatorio in senso tecnico,
in quanto quest’ultimo presuppone la contestazione specifica del fatto costituente
oggetto dell’imputazione ed è costituito da domande e risposte raccolte in
verbale sottoscritto dall’interessato. In ordine alla portata e alla disciplina delle
c.d. dichiarazioni spontanee questa Corte ha avuto inoltre modo di specificare,
nella sentenza n. 2958 dell’Il giugno 1998, Alfano, che “nel vigente codice di

non può quindi essere facilmente intercambiabile con altri termini, anch’essi
dotati di un loro specifico e diverso significato, quali sono quelli che definiscono
le sommarie informazioni rese dall’indagato (art. 350 c.p.p., comma 1), le
dichiarazioni spontanee (art. 350 c.p.p., comma 7) o l’esame (art. 208 c.p.p.)”.
L’indagine sulla spontaneità delle dichiarazioni costituisce un accertamento
di fatto, insindacabile in questa sede ove sia correttamente motivato. Questa
Corte, nella sentenza citata dal Tribunale del riesame (Sez. 3, n. 2627 del
19/11/2013 – dep. 21/01/2014, P.M. in proc. Cuberi, Rv. 258368) ha affermato
che l’eventuale inutilizzabilità va rilevata d’ufficio dal giudice, garante della
legalità del procedimento, in ogni stato e grado del giudizio e che “il giudice non
può limitarsi a ritenere spontanee le dichiarazioni dell’indagato solo perché così
qualificate dalla polizia giudiziaria che le ha ricevute, ma deve d’ufficio accertare,
sulla base di tutti gli elementi logici, a sua disposizione se nel caso concreto era
effettivamente ravvisabile tale spontaneità”. Nel caso ivi considerato, la Corte di
Cassazione ha ritenuto congrua la motivazione dei Tribunale del Riesame di
Trento che aveva considerato dubbia la spontaneità di dichiarazioni non rese
nell’immediatezza e sul luogo del fatto da parte di soggetto che dapprima, alla
vista dei militari, aveva mostrato ritrosia e poi aveva raccontato la vicenda, con
precisazioni e riferimenti che lasciavano presupporre specifiche domande e non
si conciliavano con una caratterizzazione di spontaneità del narrato.
Nella stessa ottica, anche se in una diversa prospettiva, il medesimo
principio è stato affermato anche da Sez. 3, Sentenza n. 36596 del 07/06/2012
Ud. dep. 21/09/2012 Rv. 253575, pure richiamata dal Tribunale del riesame, che
ha anche precisato che detto accertamento va compiuto d’ufficio dal giudice
perché la mancanza di spontaneità e l’inapplicabilità della norma speciale
comporterebbero una inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni anche nel
giudizio abbreviato. Nel caso considerato, la Corte di Cassazione ha censurato la
sentenza emessa dalla Corte d’appello che aveva omesso di compiere tale
accertamento “sebbene vi fossero oggettivamente seri dubbi sulla spontaneità
delle dichiarazioni della Zanotti, se si considera che essa era stata arrestata in

AL)

procedura penale il termine interrogatorio ha un ben preciso significato tecnico e

flagranza, che era stata portata al commissariato, che era stata ivi sottoposta a
perquisizione personale, che le era stato trovata indosso la sostanza
stupefacente, che era probabile che cercasse di difendersi rilasciando
dichiarazioni etero accusatorie.”.

3. Tornando al caso specifico, il Tribunale del riesame ha escluso la
spontaneità delle dichiarazioni dei cittadini somali avendo ritenuto la sufficienza
del semplice dubbio emergente “dalla concreta tempistica della loro assunzione”.

ricorrente (nei termini esposti al punto sub. 2 del “fatto”), la situazione che si
presentava alla polizia giudiziaria non era ben definita occorrendo in effetti
chiarire chi fossero i dichiaranti e quale fosse la loro effettiva posizione. Il
concetto di immediatezza del fatto ha quindi un valore relativo che deve essere
parametrato alle concrete circostanze in cui gli inquirenti devono operare. La
stessa nozione di “fatto”, inoltre, non ha la valenza naturalistica di
comportamento umano, ma corrisponde al “fatto di reato”, cioè al fatto
corrispondente ad una fattispecie penalmente rilevante. Vale a dire che, fino a
quando una persona invitata dalla polizia giudiziaria a raccontare quanto a sua
conoscenza circa determinati accadimenti che la riguardano, non rende
dichiarazioni indizianti è escluso che essa sia assimilabile a una persona
interrogata dagli inquirenti.
Ed allora, il mero dato temporale non è significativo ad escludere la
spontaneità delle dichiarazioni rese dalla persona sentita, dovendosi invece
considerare il contesto complessivo in cui dette dichiarazioni sono state rese tempi necessari per il reperimento di un interprete e per gli accertamenti sulla
autenticità dei documenti- e procedere ad un esame del dichiarato al fine di
“valutare, nell’ottica di garanzia della genuinità e legalità delle prove poste a
fondamento della sua decisione, la spontaneità di quelle dichiarazioni le quali
potranno definirsi tali, al di là della denominazione attribuita dalla Polizia che le
ha ricevute, solo quando il giudice le abbia valutate sulla base degli elementi,
anche di tipo logico, a sua disposizione in modo da verificare in concreto se fosse
ravvisabile la spontaneità ovvero se si fosse in presenza di dichiarazioni indotte”
(Sez. 3 cit., Rv. 253575).
Peraltro nel caso in esame non è nemmeno possibile esprimere qualsivoglia
giudizio in merito alla presunta non spontaneità delle dichiarazioni, in quanto
l’ordinanza impugnata, avendo limitato il proprio esame al dato temporale, non
ha affrontato questo tema.

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Va però considerato che, come correttamente riporta il pubblico ministero

L’ordinanza deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della
Corte d’appello di Roma per nuovo esame sul punto, che tenga conto dei rilievi
sopra svolti. In sede di rinvio, pertanto, il Tribunale dovrà evidenziare elementi
più significativi – se esistenti -, anche di natura logica, per affermare (o negare)
che nel caso concreto era effettivamente mancante tale spontaneità, dando atto
di questa valutazione con motivazione congrua ed adeguata.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Roma in funzione di giudice del riesame con integrale trasmissione degli atti.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2016.

P.Q.M.

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