Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22130 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22130 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
ZAMINO MASSIMO, n. il 25/09/1957;

avverso l’ordinanza n. 471/2015 emessa dal Trib. Libertà di Lecce in data 05/06/2015;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
udite le conclusioni del P.G., in persona del dr. Pasquale Fimiani, che chiedeva dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 11/12/2015

2
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5/6/2015 il Tribunale del Riesame di Lecce rigettava il ricorso proposto
ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., da Zamino Massimo avverso l’ordinanza del G.I.P. del
Tribunale di Lecce con la quale era applicata nei suoi confronti la custodia in carcere in ordine
ai reati di cui agli artt. 416 bis cod. pen. di cui al capo a) nonché di detenzione di armi e di
danneggiamento aggravato di cui ai capi e2) ed f2).

fioso, capeggiata da D’Oronzo Orlando e da De Vitis Nicola, già acclarata da altri provvedimenti
cautelari avevano superato il vaglio della S.C.; chiariva che le pregresse ordinanze nei confronti dei predetti capi erano in attesa di vaglio della Corte di cassazione, mentre quelle a carico
dei sodali Lattarulo Francesco e Diodato Gaetano erano divenute definitive.
Il provvedimento impugnato segnalava alcuni episodi indicativi della perdurante operatività
del clan, la capacità intimidatoria del capo e della persistenza dei contatti tra gli affiliati (v. le
conversazioni intercettate tra Ricciardi Gaetano e Morrone Cosimo, in cui si esaltavano le doti
del capo, che aveva ottenuto il ricovero per prolungare il permesso concessogli per una visita
alla madre nonché il conseguimento dello spostamento di un poliziotto, che aveva avuto
l’ardire di essere ospitato nel medesimo reparto).
3. In ordine al ruolo di esattore dello Zamino era citata la telefonata di Lattarulo Francesco a
De Vitis Nicola, nella quale il primo rappresentava che Giannotta Pasquale, debitore per pregresse forniture di droga, non intendeva pagare e il secondo intendeva rimediare grazie
all’opera dello Zamino, della quale poteva disporre a proprio piacimento (“va boh, mò mando a
quello dai… mando a Zamino e lo faccio menare proprio di mazzate… e nn’allist, va bene mò
mando a Massimo Zamino, dai… gli faccio spaccare le corna dai, va bene?”); in proposito, il De
Vitis non poteva effettuare tale assicurazione se avesse goduto della previa disponibilità
dell’indagato, proposito intimidatorio poi confermato in una seconda telefonata captata.
L’organo giudicante riteneva inconferenti le giustificazioni rese dall’indagato, stante la loro
non coincidenza col fatto esposto, col mandante, col debitore e con le modalità della richiesta
(da non potersi ritenere effettuata mediante modalità garbate, in quanto accompagnata da vie
di fatto).
Risultava altrettanto sintomatica la conversazione nel corso della quale lo Zamino manifestava la propria disponibilità a eseguire rapine in Veneto e dichiarava di detenere armi.
I dubbi relativi all’inserimento del ricorrente e dello Zamino nell’associazione erano fugati
dall’esame delle lamentele di Ricciardi Gaetano nei confronti di Orlando Massimo in ordine
all’improprio impiego dei due, per fini personali, da parte di Lattarulo Francesco.
L’ esplicito riferimento del Ricciardi allo Zamino e al Nuzzo, come appartenenti al De Vitis
confermava l’esistenza di uno stretto legame tra i 3 soggetti e il loro impiego per fini propri
dell’associazione diretta dal De Vitis (progr. 659).

2. Il Tribunale del riesame dava atto dell’esistenza in Taranto di un’associazione di tipo ma-

4. La gravità del quadro indiziario in ordine al reato di cui al capo e2) a carico del Nuzzo e

dello Zamino era dedotta dall’esplicita chiamata in reità effettuata dal De Vitis nel corso della
predetta conversazione intercettata, contenente la spiegazione del mandante, delle motivazioni
personali e l’impiego di “gente degli altri” (cioè del De Vitis) nonché dalla mancanza di meraviglia dell’interlocutore per la rivelazione.
Anche la vicenda criminosa di cui al capo f2), con la medesima motivazione del precedente,
trovava conferma nel contenuto del colloquio tra il Ricciardi e l’Orlando nonché in una confi-

5. La difesa di Zamino Massimo proponeva ricorso per Cassazione avverso tale provvedimento, chiedendone l’annullamento, prospettando quale unico motivo di ricorso, la violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), in riferimento agli artt. 273, 274 e 275 cod. proc.
pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
5.1. Ad avviso del difensore, dal provvedimento impugnato emergeva una sorta di automatismo tra singoli episodi contestati ai vari soggetti tra i quali lo Zamino e l’esistenza di un fantomatico sodalizio criminoso desunto dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali ivi riportate
pedissequamente.
La difesa sosteneva che il coacervo delle intercettazioni ascrivibili allo Zamino poteva al massimo raffigurare non un’attività criminale associativa, bensì un comportamento finalizzato al
procacciamento di estemporanee attività delittuose per un ricavo personale.
Il ricorrente deduceva che il Tribunale del riesame aveva interpretato in modo univoco un
linguaggio ritenuto criptico, senza ricercare riscontri, onde verificare l’eventuale completamento delle presunte attività illecite, l’eventuale loro arresto allo stadio di tentativo punibile ex art.
56 cod. pen. o addirittura la loro mancata perpetrazione.
Il difensore escludeva che si versasse in un’ipotesi dì intercettazioni affidabili, numerose,
concordanti e dal contenuto pregnante, bensì segnalava l’incompletezza dei colloqui registrati e
la non sicura decifrabilità del contenuto, circostanze che avrebbero comportato la necessità di
elementi di conferma idonei ad eliminare ogni ragionevole dubbio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto va dichiarato inammissibile.
2. Va premesso, in riferimento ai limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari personali, che la Corte di cassazione è priva di potere di revisione degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel
compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità, quindi, è limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla
verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità
evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la

t

valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che go-

denza dello stesso ricorrente al Ricciardi.

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
‘Roma, 11

6 MAG. 2016

vernano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Cass., Sez. 4, 29/05/2013 n.
26992, Tiana, Rv. 255460; Sez. 4, 03/05/2007 n. 22500, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2,
22/01/2002 n. 9532, Borragine, Rv. 221001; Sez. Un., 22/03/2000 n. 11, Audino, Rv.
215828), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e,
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (cfr. Cass., Sez. 1,
07/12/1999 n. 6972, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1, 11/03/1998 n. 1496, Marrazzo, Rv. 211027;
Sez. Un., 25/10/1994 n. 19, De Lorenzo, Rv. 199391).

offerto una diversa chiave di valutazione degli elementi indiziari, limitandosi a criticare
l’ordinanza impugnata, senza confrontarsi con le motivazioni ivi riportate.
4. Ebbene, in tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione
di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati
dal giudice del merito (conf. Cass., Sez. 6, 07/10/2015 n. 47204, Musso, Rv. 265482).
Inoltre, la S.C. non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. Cass., Sez. 6, 14/02/2012 n. 25255, Minervini, Rv. 253099).
Il Tribunale del riesame, poi, ha chiarito, con motivazione congrua ed immune dalle censure
sollevate dalla difesa, l’affidabilità degli elementi investigativi dai quali traeva le proprie valutazioni, richiamando le precedenti ordinanze custodiali a carico di alcuni compartecipi
all’associazione di stampo mafioso, in ordine alle quali si era formato il giudicato cautelare,
nonché fornendo una completa disamina dell’ulteriore materiale probatorio (intercettazioni,
ecc.) indicativo del ruolo ricoperto dallo Zamino.
5. All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma che, non sussistendo ragioni di esonero, si ritiene equo determinare in €. 1.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Va disposta, infine, la comunicazione alla Cancelleria affinché provveda agli adempimenti
previsti dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 1.000,00 (mille) alla Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma 1’11 dicembre 2015.

3. Con l’unico motivo di ricorso, la difesa dello Zamino, in termini estremamente generici, ha

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