Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22126 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22126 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da EL KHALFI ABDERRAHIM, nato ad Azemmour – Marocco il 17/03/1978,
avverso l’ordinanza emessa ex art. 309 cod. proc. pen. in data 22/7/2015 dal
Tribunale di Roma.
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata, il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale
Finniani, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Carlo Corbucci e Vittorio Platì per il ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

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Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Roma ha confermato la
misura della custodia cautelare in carcere applicata con provvedimento del Giudice per
le indagini preliminari in data 17 maggio 2015 a EL KHALFI ABDERRAHIM per il delitto
di cui agli artt. 270-bis cod. pen. e 3 e 4 I. n. 146 del 2006.
In particolare, secondo la contestazione, il ricorrente si era associato con altri [tra
cui Masseoudi Ahmed e Kaled Amroune, nikname abo.jihad47, deceduto in Siria nel
gerarchicamente organizzata ai cui membri venivano demandati specifici compiti – di
supporto all’associazione islamica affiliata ad Al Qaida, di cui condivideva ideologia
programma e metodologia – che si proponeva atti di violenza con finalità di
terrorismo e di eversione dell’ordine democratico internazionale, mediante l’apertura
di un sito web di matrice jihadista “Ashaq al Hur”, attivo nella propaganda,
nell’arruolamento e nell’addestramento di chiunque vi volesse partecipare». Con
l’aggravante della transnazionalità.
1.1. A ragione della decisione il Tribunale osservava che gli elementi acquisiti
dimostravano che:
– l’indagato era membro del forum “i7ur”, di cui era amministratore il coindagato
Masseoudi e che vantava l’iscrizione di numerosissimi soggetti, nel quale EL KHALFI
era coordinatore e moderatore per alcune sezioni, “postava” messaggi suoi o tratti da
altri siti facenti capo ad Al Qaida;
– amministratori e membri del sito “i7ur” non limitavano il loro contributo alla
adesione ideologica ad Al Qaida, ma ne sostenevano l’azione terroristica in particolare
pubblicando documenti, oltre duecento, principalmente ad opera del ricorrente,
provenienti da Al Qaida e controllati rigorosamente come approvati da questa;
collegandosi con organizzazioni terroristiche (Al Qaida, AQAP, AQI, AQIM …) che
producevano materiale propagandistico; mantenendo, tramite il Masseoudi
collegamenti con lo sceicco Al Haddouchi, sostenitore del jihad violento;
– molti dei video e documenti pubblicati avevano contenuti inequivocabili, tali
apparendo: il video “le brigate BADR”, relativo all’addestramento e al testamento di
“mujaheddin martiri” che avevano eseguito l’attentato all’hotel Continental a Kabul;
l’estratto relativo alle tattiche di combattimento mujaheddin; un video
sull’addestramento all’uso di armi da lancio; il vide “Incarica solo te stesso” con il
quale si incitava ciascun musulmano residente in occidente ad azioni terroristiche
individuali; una lezione de “La fabbrica del terrorismo”, con cui si spiegava come
reperire informazioni per eseguire un’azione terroristica; un video che prospettava
l’uccisione del regista di un film su Maometto, considerato blasfemo, con premio il
paradiso;
– i commenti a firma dell’indagato elogiavano i mujaheddin e manifestavano il
desiderio di morire da “martire”, così come i messaggi inseriti sul proprio profilo
personale (“sono venuto per sgozzarvi”, “alzatevi e scrollatevi il sonno di dosso.

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gennaio 2013] «costituendo una cellula estremistica dedita alla jihad islamica,

L’islam è tornato”, “noi non ci arrendiamo, vinciamo o moriamo”;

il sito risultava sostenuto anche economicamente dal ricorrente, che si

sobbarcava le spese per il rinnovo del noleggio annuale dei server e talvolta sosteneva
anche le spese personali del coimputato Masseoudi;
– l’adesione all’ideologia di Al Qaida e la propaganda dei relativi metodi militava
anche la simbologia utilizzata dai gestori del

forum, nell’uso della denominazione

“Ashaq al Hur”, amanti delle Uri, ovverosia delle vergini che spetterebbero come
ricompensa al marire ucciso per il jihad; nel simbolo associato al sito, il Corano con un
dei Mujaheddin”, creato da Abu Musab Al Zarqawi, uno dei principali esponenti di Al
Qaida;
– sul sito erano state commentate, enfatizzate ed additate ad esempio, vicende
quali la strage di Tolosa ad opera di Merah Mohammed e venivano sollecitate – ad
esempio dal soggetto che si faceva chiamare abo.jihad47 – azioni violente, dettagliate,
contro obiettivi civili; venivano pubblicate notizie e informazioni su politici e
personaggi famosi additati come “responsabili” della lotta dell’occidente contro l’Islam;
veniva inserita la “fatwa” di un’autorità religiosa che giustificava gli attacchi suicidi
propugnati da Al Qaida; si discuteva se portare il jihad in occidente o limitarsi ad agire
nei paesi islamici, prediligendosi la prima opzione; venivano pubblicati documenti
illustranti le tecniche per compiere attentati utilizzando materiali reperibili sul mercato
e contributi “per apprendere l’arte e le tecniche del tiratore scelto, … smontare e
rimontare un fucile, dispositivi elettrici per ordigni esplosivi, i mortai, la bomba
atomica jihadista»;

le intercettazioni effettuate dimostravano che Masseoudi aveva compiuto

ricerche per “nascondere armi alla dogana”, “come costruire una bomba”, “come
fabbricare un ordigno”; sempre il Masseoudi aveva, su richiesta di un utente,
contattato la sezione mediatica dell’organizzazione terroristica labhat Al Nusra,
chiedendo indicazioni per raggiungere la Siria e porre in atto il jihad; il ricorrente a
giugno 2013 aveva compiuto ricerche per “Beretta”, “Calibro 38”, e visionato video
sull’addestramento militare e l’uso di armi da fuoco;
– risultava appurato che alcuni membri erano effettivamente anche passati al
compimento di persona azioni violente: così abo.jihad47, che aveva trovato la morte
in Siria nel corso di un’azione terroristica, celebrata da un “post” pubblicato dal
Masseoudi.
Appariva di conseguenza evidente, anche alla luce dei rapporti intercorrenti con
gli altri membri e in particolare con il Masseoudi, che l’attività svolta attraverso il sito,
e non solo, dal ricorrente, non consisteva semplicemente in una generica adesione alla
ideologia di Al Qaida, ma di questa mirava a sostenere e a propagandare,
concretamente, l’azione terroristica.
1.2. Quanto alle esigenze cautelari, si evidenziava che il giudizio di adeguatezza
della sola custodia in carcere riposava sul concreto pericolo di recidiva emergente dalla
estrema gravità delle condotte in contestazione, avuto riguardo alla natura delle azioni

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kalashnikov; nel logo al cui interno era racchiuso il simbolo del “Consiglio della Shura

propagandate e sostenute, finanche dopo l’attentato del 7 gennaio 2015 a Parigi
(come emergeva dal post “je suis Muslim” e dalla conversazione intercettata in cui il
ricorrente esprimeva la propria soddisfazione con la farse “la Francia s’è desta) e dalla
pericolosità espressa dalla personalità dell’indagato, costantemente impegnato
nell’attività di propaganda e incitamento alla jihad e in contatto diretto con i vertici di
associazioni terroristiche di primo piano; sul pericolo di fuga, emergente dalla
circostanza che l’indagato risultava in procinto di trasferirsi all’estero con la famiglia,
non per un semplice viaggio; sul pericolo di inquinamento probatorio, essendo ancora

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso EL KHALFI ABDERRAHIM a mezzo
dei difensori avvocati Carlo Corbucci e Vittorio Platì, chiedendone l’annullamento.
Denunzia violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione:
2.1. con riferimento all’affermata sussistenza dell’ipotesi di reato contestata, non
integrando le condotte addebitate all’imputato l’elemento oggettivo richiesto dall’art.

270-bis cod. pen., attesa l’insussistenza di progetti o intenzioni concrete volte alla
realizzazione di attacchi terroristici, come ammesso dallo stesso Giudice per le indagini
preliminari (alla cui motivazione il provvedimento impugnato faceva per altro integrale
rinvio), e di una struttura in grado di compiere tali attacchi; realizzando, dunque, le
condotte contestate al più mera adesione o volontà, priva di contenuti di offensività; e
neppure essendo possibile ravvisare l’ipotesi dell’art.

270-quinquies cod. pen. in

difetto di motivazione su idoneità degli atti e finalità terroristiche;
2.2. con riferimento alle esigenze cautelari, il pericolo di fuga non potendo
ricavarsi dal solo ottenimento di un visto per entrare nel Regno Unito e non
sussistendo alcun pericolo d’inquinamento probatorio atteso lo stato delle indagini.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso appare per ogni aspetto inammissibile.
2. Le deduzioni relative alla mancata realizzazione della fattispecie contestata
sono manifestamente infondate e ripetono argomenti ai quali i giudici di merito hanno
già dato risposte corrette in diritto e complete in fatto, peccando dunque anche di
genericità.
Basterà ricordare che nella motivazione del provvedimento impugnato – riportata
per sintesi in fatto, al par. 1.1. – richiamata l’ordinanza del G.i.p. e sottolineato che la
difesa non contestava la riconducibilità al ricorrente delle condotte a lui addebitate, ma
la configurabilità, mercè le stesse, delle fattispecie incriminatrici contestate, si
richiamano puntualmente i numerosi e convergenti elementi acquisiti nel corso delle
indagini da cui inequivocabilmente si era ritenuto emergesse l’attività di concreto

in corso le indagini per individuare gli altri membri del sito celantisi dietro “niknames”.

sostegno, diffusione e propaganda dell’attività terroristica di Al Qaida e l’incitamento al
compimento di azioni violente, collettive o individuali, della stessa natura.
Alla luce degli elementi così esposti, manifestamente infondata è la censura con
cui si assume violazione – errata applicazione dell’art. 270-bis cod. pen.
I giudici del merito hanno fatto, invero, corretta applicazione del principio di
diritto, già ripetutamente affermato da questa Corte (per tutte Sez. 6, n. 46308 del
12/07/2012, Chabchoub, Rv. 253944), secondo cui, per l’integrazione della fattispecie
prevista dall’art. 270-bis cod. pen. (associazione con finalità di terrorismo anche
elementare, che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile
l’attuazione del progetto criminoso e tale da giustificare la valutazione di pericolosità»
(Sez. 1, n. 1072 del 11/10/2006, Bouyahia Maher Rv. 235289), e secondo cui, inoltre,
«con riferimento a strutture organizzative “cellulari” o “a rete” – caratterizzate da
estrema flessibilità e in grado di rinnodularsi secondo le pratiche esigenze che di volta
in volta si presentano, in condizione di operare contemporaneamente in più Paesi,
anche in tempi diversi e con contatti (fisici, telefonici, informatici) anche discontinui o
sporadici tra i vari gruppi in rete (v. Cass. n. 31389/2008, Rv. 241175, Bouyahia) – la
fattispecie delittuosa di cui all’art. 270-bis c.p. deve ritenersi integrata – ovviamente in
presenza del necessario elemento soggettivo – anche da un sodalizio che realizza
condotte di supporto all’azione terroristica di organizzazioni riconosciute ed operanti
come tali, quali quelle volte al proselitismo, alla diffusione di documenti dì
propaganda, all’assistenza agli associati, al finanziamento, alla predispozione o
acquisizione di armi, alla predisposizione o acquisizione di documenti falsi,
all’arruolamento, all’addestramento, ossia a tutte quelle attività funzionali all’azione
terroristica, etc, alcune della quali integranti anche fattispecie delittuose autonome,
“fuori dai casi di concorso nel reato di cui all’art. 270-bis c.p.” (vedi artt. 270-ter, 270quater e 270-quinques c.p.).» (Sez. 6, n. 46308 del 2012 citata).
Del tutto corretta è, per conseguenza, l’affermazione che per l’integrazione del
delitto contestato non era necessario che la rete facente capo al ricorrente avesse
materialmente posto in essere condotte violente o tutte le condotte che la
giurisprudenza ha individuato come sintomatiche della concretezza dei propositi
criminosi dell’associazione, essendo sufficiente la prova anche di una o di alcune di
esse, apprezzate sulla base di dati concreti e non di mere supposizioni.
E nel caso di specie il Tribunale ha plausibilmente ritenuto sussistenti gravi
elementi dimostrativi di una attività di «indottrinamento, reclutamento e
addestramento al martirio di nuovi adepti» disposti (come in caso concretamente
accaduto) a recarsi nelle zone teatro dell’ inneggiato jihad o a compiere attacchi
terroristici individuali, dunque una attività certamente funzionale e indispensabile per
il mantenimento in vita, l’allargamento e il potenziamento dell’organizzazione
terroristica di riferimento, Al Qaida.
Trattandosi quindi di reato di pericolo, alla prova dell’adesione e del contributo
consapevolmente prestato a un’associazione attiva e capillare, avente un programma

internazionale) è sufficiente «l’esistenza di una struttura organizzata, anche

Trasmessa copia ex art. 23
n. ter L. 8-8-95 n. 332
%ma, lì

2 6 IIAG. 2018_

di atti di violenza con finalità di terrorismo e struttura idonea al compimento di una
serie di reati per la cui realizzazione l’associazione stessa è istituita, non occorre che
s’accompagni altresì la dimostrazione che atti di violenza siano effettivamente
realizzati: tantonneno da ciascuno degli adepti o delle cellule o reti di sostegno.
3. Quanto alle esigenze cautelari, le censure ad esse riferite si appuntano
esclusivamente sulle motivazioni relative al pericolo di fuga e al pericolo
d’inquinamento probatorio, dimenticando che il provvedimento impugnato si fonda
seguito della manifestata aperta condivisione e celebrazione dell’attentato di Parigi del
7 gennaio 2015.
Sicché si tratta di doglianze che non solo attengono per lo più a valutazioni di
merito, non implausibili, ma che cadono su aspetti comunque non risolutivi.
3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di
colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una
somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la
cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.,
comma 1 ter.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp att. cod. proc. pen.
Così deciso il giorno 11 dicembre 2015
Il consigliere

ensore

Il Presidente

anche sulla affermazione del pericolo di commissione di ulteriori gravi delitti, specie a

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