Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22122 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22122 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA

sul conflitto di competenza sollevato da:
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI SALERNO nei confronti di:
CORTE DI APPELLO SALERNO
con l’ordinanza n. 1587/2015 GIUD. SORVEGLIANZA di SALERNO,
del 06/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO
MANCUSO;
e se
sioni

Data Udienza: 05/11/2015

Il Pubblico Ministero, in persona del dott. Pompeo Alfredo Viola,
Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, ha chiesto che si
dichiari la competenza della Corte di appello di Salerno.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Salerno, con ordinanza del 21 marzo

sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Salerno, l’applicazione, con
le relative prescrizioni, della misura di sicurezza della libertà vigilata, in
luogo della più grave misura disposta in primo grado.
I Carabinieri davano attuazione al provvedimento e informavano il
Magistrato di sorveglianza di Salerno che, rilevato il mancato passaggio in
giudicato della predetta sentenza, trasmetteva gli atti, per competenza,
alla suddetta Corte.

2. Il Presidente della Sezione penale della predetta Corte, con atto
del 9 aprile 2015, ne dichiarava l’incompetenza in ordine alla misura di
sicurezza provvisoria e disponeva la trasmissione del fascicolo al
Tribunale di sorveglianza di Salerno.

3. Il Magistrato di sorveglianza di Salerno, con atto del 6 maggio
2015, dichiarava a sua volta la propria incompetenza e disponeva la
trasmissione degli atti a questa Corte per la risoluzione del conflitto,
reiterando il rilievo che la sentenza in relazione alla quale la misura era
stata disposta non era divenuta esecutiva. Notava, inoltre, che neppure
sussisteva la competenza del Tribunale di sorveglianza, prevista in
materia dall’art. 680 cod. proc. pen. soltanto per gli appelli avverso
provvedimenti del Magistrato di sorveglianza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’art. 206 cod. pen. disciplina l’applicazione provvisoria delle
misure di sicurezza nel corso dell’istruzione o del giudizio, prevedendo
esplicitamente che il giudice revochi il relativo ordine quando ritenga che
le persone ad esse sottoposte non siano più socialmente pericolose.
Circa l’individuazione dell’autorità giudiziaria specificamente
competente, deve ritenersi, per ragioni sistematiche, in mancanza di

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2014, disponeva nei confronti di Enzo De Rosa, appellante avverso

previsione normativa espressa, che la competenza per le valutazioni in
ordine all’applicazione, alla revoca e alle modifiche delle misure di
sicurezza in via provvisoria, cioè nel corso del giudizio o comunque prima
dell’irrevocabilità di una sentenza di condanna, spetti al giudice che
procede, in linea con quanto stabilito dall’art. 279 cod. proc. pen. per le
analoghe situazioni relative alle misure cautelari.
La condivisione di tale impostazione ermeneutica, peraltro, è

giudice di primo grado, che adottò nei confronti del De Rosa la misura di
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario; sia
dalla stessa Corte di appello di Salerno che, proprio con la citata
ordinanza del 21 marzo 2014, sostituì tale misura, sempre in via
provvisoria, con quella della libertà vigilata e, con sentenza del 9 giugno
2014, oltre a confermare la sentenza di primo grado, rigettò l’istanza di
ulteriore modifica.
Argomenti a favore della soluzione interpretativa qui adottata
possono trarsi, del resto, da precedenti pronunce basate proprio
sull’affermazione del principio dell’equiparazione dell’applicazione
provvisoria delle misure di sicurezza all’applicazione di misure cautelari
personali.
Così, sotto il codice di rito previgente, ma muovendo da premesse
concettuali ancora valide nel quadro disegnato dal codice oggi in vigore,
era stato affermato che, per il combinato disposto degli artt. 635 cod.
proc. pen. 1930 e 263 del regolamento per gli istituti di prevenzione e
pena, la concessione delle ricompense previste negli artt. 278 e segg., e
tra esse anche la licenza finale di esperimento, competeva al giudice di
sorveglianza del luogo in cui si trova l’interessato sottoposto a misura di
sicurezza. Tale competenza non subiva alcuna deroga nell’ipotesi di
applicazione provvisoria di misura di sicurezza disposta in corso di
istruzione o di giudizio, perché il potere del giudice di queste fasi del
processo era limitato all’applicazione provvisoria di detta misura o della
sua revoca per cessata pericolosità del prevenuto, ma non poteva
estendersi sino a comprendere quelle attività che, come la concessione di
ricompense, rientravano nella sfera della competenza funzionale del
giudice di sorveglianza, che era l’organo più idoneo a vagliare la condotta
tenuta dal soggetto nell’interno dello stabilimento (Sez. 1, n. 527 del
08/03/1974 – dep. 14/11/1974, Benedetti, Rv. 128510).

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implicita nei provvedimenti emessi sul tema, nel caso in esame, sia dal

Era stato rilevato, inoltre, che, fino a quando non si fosse esaurita
la fase del giudizio, il magistrato di sorveglianza non aveva alcun potere
di emettere provvedimenti in tema di misure di sicurezza, in quanto, a
norma dell’art. 635 cod. proc. pen. 1930, la sua competenza sorgeva
soltanto fuori dell’istruzione o del giudizio, e ciò sia che si trattasse di

dell’alt 206 cod. pen., sia che si trattasse di esecuzione anticipata
disposta ai sensi dell’art. 220 cod. pen. (Sez. 1, n. 35 del 12/01/1978 dep. 08/03/1978, Billitteri, Rv. 138210).
Più recentemente, è stato chiarito che, ai fini dell’individuazione
del giudice competente sulle impugnazioni in tema di misure di sicurezza,
la distinzione va fatta non tra misure di sicurezza provvisorie e definitive
(trattandosi di provvedimenti per loro natura provvisori e legati alla
personale condizione del sottqposto), bensì tra misure di sicurezza
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disposte con sentenza 42:532=regi=g) quali mezzi di provvisoria

applicazione equiparati dal codice di rito alle misure cautelari personali.
Se l’applicazione è disposta con sentenza, la competenza per il riesame
spetta al tribunale di sorveglianza; se, invece, le misure non sono
disposte con sentenza, competente è il tribunale della libertà, attesa
l’equiparazione dell’applicazione provvisoria di esse alle misure cautelari
personali (Sez. F, n. 2552 del 31/07/1990 – dep. 20/09/1990, Manchia,
Rv. 185371).

2. Nel caso concreto, risulta che è stato proposto ricorso per
cassazione avverso la menzionata sentenza della Corte di appello di
Salerno emessa il 9 giugno 2014, con la quale è stato definito il giudizio
di secondo grado nei confronti del De Rosa. La sentenza di condanna di
primo grado, quindi, non è divenuta irrevocabile, con la conseguenza che
permane il carattere provvisorio della misura di sicurezza in corso di
applicazione. Deve quindi concludersi che la competenza in ordine alle
valutazioni circa la revoca o la modifica della misura di sicurezza applicata
va riconosciuta alla Corte di appello di Salerno, in applicazione del
principio sopra illustrato in astratto, di equiparazione, ai fini che qui
rilevano, dell’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza
all’applicazione di misure cautelari personali.

applicazione provvisoria disposta dal giudice della cognizione ai sensi

P. Q. M.

Dichiara la competenza della Corte di appello di Salerno cui
dispone trasmettersi gli atti.

Così deciso in Roma il 5 novembre 2015.

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