Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22119 del 18/01/2016

Penale Sent. Sez. 1 Num. 22119 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 4429/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO MANCUSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/01/2016

Il Pubblico Ministero, in persona del dott. Enrico Delehaye, Sostituto
Procuratore generale presso questa Corte, ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.
L’avv. Eliana Saporito, in sostituzione dell’avv. Pierluigi Collura difensore
delle parti civili, ha chiesto la conferma della sentenza della Corte di appello di
Bologna e ha depositato conclusioni e nota spese.
L’avv. Lucio De Palma, difensore dell’imputata, ha concluso chiedendo

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24 marzo 2011, il Tribunale di Parma, riconosciuta la
continuazione, condannava A.A., ritenuta colpevole di tre reati di
molestia, alla pena di mesi sei di arresto, con sospensione subordinata al
pagamento, entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, dei
danni liquidati in favore delle parti civili S.S., D.D.,
B.B. ed C.C..
In riforma parziale di tale pronuncia, su gravame proposto dall’imputata,
la Corte di appello di Bologna, con sentenza pronunciata il 17 dicembre 2014,
dichiarava non doversi procedere per estinzione dei reati per prescrizione e
rideterminava i risarcimenti nelle misure di euro 3.000,00 per S.S.;
euro 2.000,00 per D.D.; euro 2.000,00 per B.B.; euro
5.000,00 per C.C..
Era stata recepita dal Tribunale e veniva condivisa dalla Corte di appello,
sulla base dell’interpretazione delle deposizioni testimoniali, la tesi accusatoria.
Per un verso, erano state ritenute infondate le versioni di A.A. circa
una presunta relazione con C.C. e circa una presunta aggressione di
costui a danno dell’altra. Per altro verso, era stato affermato che la A.A. aveva
recato molestie, per petulanza e altro biasimevole motivo: a Enrico Guarnieri,
telefonandogli e inviandogli numerosi messaggi, al fine di instaurare con lui una
relazione sentimentale, dal giugno 2006 al luglio 2007 (capo «A»); a B.B. e D.D., genitori di C.C., per parlare ai primi di
una relazione sentimentale, in realtà inesistente, con quest’ultimo, dal febbraio
al 3 maggio 2007 (capo «B»); a S.S., convivente di C.C.,
per rappresentarle la relazione sentimentale di cui sopra, il 4 maggio e il 16
maggio 2007 (capo «C»).

l’accoglimento del ricorso.

2. L’avv. Donatella Ferretti, difensore di fiducia di A.A., ha
proposto ricorso per cassazione datato 29 aprile 2015, affidato a sette motivi.

2.1. Con il primo motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b), violazione della legge penale o di altre norme giuridiche delle quali si deve
tener conto nell’applicazione della legge penale. Si sostiene che l’imputata aveva

2.2. Con il secondo motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1
lett. e), carenza di motivazione e contraddizione con gli elementi emergenti dagli
atti in relazione all’attendibilità delle parti civili rispetto ai tabulati telefonici
acquisiti. Si sostiene che la Corte di appello non avrebbe reso motivazione sulle
numerose menzogne della parte civile C.C. e sulla impossibilità di
ricavare conferme dalle deposizioni dei testi, circa i comportamenti attribuiti
all’imputata, di molestie nei confronti della predetta parte civile.

2.3. Con il terzo motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b) e lett. e), violazione degli artt. 192, 533, 546 cod. proc. pen. Si sostiene che
la Corte di appello ha immotivatamente optato per la tesi accusatoria,
sminuendo la valenza probatoria degli elementi di segno contrario, alterando la
testimonianza dell’appuntato Mariani, del sovrintendente Vincenzo Troise e di
Patrizia Cervi, testi estranei al procedimento, ed ommettendo di considerare i
tabulati telefonici del traffico in entrata e in uscita relativi al suo cellulare.
Altrimenti non avrebbe dato credito alle asserite telefonate che le parti civili
B.B. e D.D. dichiarano di aver ricevuto da lei.

2.4. Con il quarto motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b), violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. Si sostiene che la Corte di appello
avrebbe dovuto disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di
sentire i testi Pallini e Courlios, medici che avevano visitato l’imputata dopo che
era stata aggredita, secondo la sua versione, proprio da C.C..

2.5. Con il quinto motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b) e lett. e), che la Corte di appello, pur in presenza di una causa estintiva del
reato, avrebbe dovuto pronunciarsi sulla doglianza relativa alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche, anche soltanto ai fini della
liquidazione del danno.

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diritto ad ottenere una sentenza assolutoria nel merito.

,

2.6. Con il sesto motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b), che la Corte di appello, pur diminuendo l’importo dei risarcimenti previsti dal
Tribunale, li avrebbe ritenuti esistenti benché non dimostrati.

2.7. Con il settimo motivo si deduce, richiamando l’art. 606 comma 1 lett.
b) e lett. c), violazione dell’art. 143 cod. proc. pen., per mancato accoglimento
della richiesta di rinnovazione del processo con l’ausilio di un interprete in lingua
serba, in modo da consentire all’imputata, che non conosce in modo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi tre motivi, esposti lamentando violazioni di legge e difetti
motivazionali, contiene, in realtà, dei tentativi – inammissibili in sede di
legittimità – di proporre una rilettura, strumentale a una nuova ricostruzione,
delle circostanze di fatto analizzate compiutamente in sede di merito. La Corte di
appello ha espresso proprie osservazioni ed ha fatto integrale richiamo alla
sentenza del Tribunale, nella quale è stato spiegato, fornendo su ciascuno dei
punti rilevanti ampia motivazione complessivamente idonea a sostenere la
decisione, gli elementi dai quali si ricava la commissione, da parte dell’imputata,
dei reati contestati. Nella sentenza del Tribunale, condivisa e arricchita su punti
specifici dalla Corte di appello, è offerta, senza salti logici e sulla base della
corretta applicazione dei principi giuridici sulla valutazione delle prove, una
congrua lettura degli elementi probatori disponibili, che consentono di ritenere
immune da vizi logici la giustificazione della decisione offerta dai giudici di
merito.
Sono chiarite adeguatamente, senza spazi per le critiche espresse nel
ricorso ora in esame, le precise ragioni della valutazione di inattendibilità della
versione difensiva proposta dall’imputata e della contrapposta valutazione di
credibilità delle persone offese sui punti centrali della vicenda e, quindi, sugli
elementi essenziali dei reati contestati.
In particolare, nella sentenza di appello sono evidenziati i riscontri alle
dichiarazioni della persone offese, richiamando le deposizioni dei testi estranei
Cervi Patrizia e Mariani Giuseppe. Si dà conto anche di quella che viene definita
«contraddizione» di C.C. nel negare l’iniziale relazione con l’imputata
e, con osservazione convincente, la si ritiene spiegabile e superabile, perché
circoscritta al dato, e quindi incapace di inficiare l’attendibilità di tale persona
offesa sugli altri aspetti del racconto.

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sufficientemente approfondito la lingua italiana, di comprendere il processo.

I.

Su tali punti, deve notarsi che le critiche avanzate nel ricorso non colgono
nel segno, perché si concentrano su aspetti in realtà secondari delle vicende in
discussione o su elementi marginali delle dichiarazioni testimoniali e di altre
risultanze istruttorie, mentre rimane inalterata la tenuta delle argomentazioni
rese dai giudici di merito, basate su dati probatori raccolti sui passaggi rilevanti
degli episodi contestati.

2.

È infondato il quarto motivo, con il quale si censura la mancata

Courlios, medici che avrebbero dovuto riferire circa le conseguenze di una
aggressione che l’imputata sostiene di aver subito ad opera di C.C..
La Corte di appello ha esposto la ragione del rigetto dell’istanza istruttoria,
chiarendo che l’audizione dei testi, peraltro non ritualmente richiesti nel
dibattimento di primo grado, era ininfluente a fronte dell’imponente compendio
accusatorio. La spiegazione sul punto non appare illogica, in quanto emerge,
dall’integrazione con la motivazione della sentenza di primo grado, la superfluità
delle chieste audizioni, posto che il Tribunale aveva già tenuto conto, basandosi
sulla richiesta di archiviazione della denuncia sporta contro C.C. dalla
A.A. per una presunta aggressione, di quanto dichiarato dal Pallini e dal
Courlios nel corso delle indagini su tale fatto.

3. Il quinto motivo, con il quale si critica l’omessa valutazione del motivo
di appello riguardante la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, è infondato. La Corte di appello ha dichiarato, in riforma della
sentenza di primo grado, l’estinzione dei reati per prescrizione e, quindi, ha
correttamente affermato la superfluità dell’esame della doglianza. La concessione
delle generiche, infatti, non avrebbe avuto alcuna incidenza sulla decisione essendo stato travolto dalla prescrizione il capo della sentenza di primo grado
riguardante la pena – né sulla quantificazione del risarcimento, naturalmente
correlata al diverso profilo dell’entità dei danni.

4. Il sesto motivo, riguardante la condanna al risarcimento dei danni in
favore delle parti civili, è manifestamente infondato. Nel motivo si propongono,
allo scopo di dimostrare l’insussistenza di danni, censure che in realtà sono
rivolte avverso la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti da parte dei
giudici del merito. Per un verso, invece, deve ribadirsi, come già sopra rilevato,
che l’accertamento dei reati, costituente una delle premesse della condanna
risarcitoria, è stato compiuto in sede di merito senza incorrere in violazione di
legge, ed è basato su valutazioni delle prove non censurabili in questa sede, in

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rinnovazione dell’istruzione dibattimentale con l’assunzione dei testi Pallini e

o

quanto sostenuto da adeguata motivazione sugli aspetti essenziali dei fatti. Per
altro verso, l’effettiva sussistenza di danni è spiegata in modo plausibile nella
sentenza di appello, richiamando, con affermazioni che esplicitano
contestualmente anche il fondamento della valutazione equitativa, la loro natura
morale e la loro riconducibilità al fastidio e all’ansia cagionati nelle parti civili
dalle molestie commesse dall’imputata.

5.

Il settimo motivo, riguardante la mancata rinnovazione del

un lato, non sono in discussione la nazionalità e la lingua madre dell’imputata,
dall’altro lato la sua conoscenza evoluta della lingua italiana è conclamata
emerge dall’andamento dei fatti così come accertati. L’oggetto del processo,
infatti, è costituito da episodi di molestia commessi dall’imputata nel corso di
dialoghi articolati condotti – non è contestato – in lingua italiana.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali e a
rimborsare alle parti civili le spese sostenute per questo giudizio, che si liquidano
nel seguente dispositivo tenendo conto dell’attività difensiva svolta.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili C.C., B.B., D.D. e S.S. che liquida in
complessivi euro 3.200,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 18 gennaio 2016.

dibattimento con l’assistenza di un interprete di lingua serba, è infondato. Se, da

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