Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22117 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22117 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TORO FRANCESCO N. IL 18/07/1965
avverso la sentenza n. 1069/2012 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
26/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. g .2-Trivyru
che ha concluso per ‘ij
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Udito, per la rte civile, l’Avv
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Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello Perugia, in
parziale riforma della decisione di primo grado, all’esito del giudizio abbreviato
subordinato all’acquisizione della relazione di perizia psichiatrica, escludeva le
circostanze aggravanti dei motivi futili e della crudeltà e valutava le riconosciute
circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla recidiva,
riducendo, conseguentemente, ad anni quattro di reclusione la pena inflitta a

Marcello che percuoteva violentemente cagionando traumi ai bulbi oculari e ferite
multiple al capo e agli arti superiori, mettendonedn pericolo la vita aprendo il gas
della cucina dell’abitazione della vittima dopo avere chiuso tutte le finestre.
La ricostruzione dell’accaduto veniva fondata sul racconto della persona
offesa e dei testimoni, inquilini del palazzo. Era emerso che il Toro aveva
aggredito lo Spacci che accusava di averlo mandato in galera; lo aveva
minacciato di morte e colpito ripetutamente al volto e al corpo, soprattutto
all’occhio destro; era, inoltre, stato verificato che nell’appartamento della vittima
era stato aperto il gas della cucina e le finestre erano state completamente
serrate.

2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, con il primo motivo, la
violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata in
relazione alla sussistenza del dolo del tentato omicidio, rilevando che, stante
l’irrilevanza delle parole minacciose profferite dall’imputato in un momento di ira,
le modalità dell’azione non consentono di ritenere l’intento omicida, avendo il
ricorrente reagito all’aggressione della vittima che gli aveva sferrato per primo
un pugno sull’occhio.
Assume che se l’imputato avesse voluto realmente uccidere lo Spacci,
l’avrebbe inseguito lungo le scale continuando a picchiarlo, cosa che non ha fatto 4
come hanno riferito i testimoni. Inoltre, il Toro non ha utilizzato armi, nè ha
preso di mira organi vitali e non vi è prova che sia stato l’imputato ad aprire il
gas, tenuto conto che quando è sopraggiunto nella abitazione della vittima
questa stava preparando la cena.
Con il secondo motivo si lamenta il mancato riconoscimento della
circostanza attenuante della provocazione, avendo ritenuto il giudice di merito di
escludere che la vittima avesse colpito con un pugno l’imputato, circostanza che,
invece, è dimostrata dal fatto che l’imputato in sede di convalida dell’arresto,
celebrata tre giorni dopo il fatto, presentava tracce ematiche nell’occhio destro,
come è stato dato atto nel verbale.

Francesco Toro in relazione al reato di tentato omicidio in danno di Spacci

Infine, il ricorrente denuncia la violazione di legge ed il vizio della
motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della circostanza di cui
all’articolo 89 cod. pen., ovvero alla mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale al fine di disporre nuova perizia psichiatrica.
L’imputato è stato ritenuto affetto da disturbo antisociale della personalità
sia dal perito nominato dal gup, sia dal consulente di parte, benché il primo, a
differenza del secondo, abbia escluso che al momento del fatto si trovasse in una
condizione di capacità scemata. Inoltre, il certificato redatto nel 2009 dal medico

frettolosamente dai giudici di merito, nonostante dal certificato penale risultino
anche due condanne per guida in stato di ebbrezza del 2001. Il curriculum vitae
dell’imputato deve far concludere per un risalente disturbo della personalità,
sorto nell’adolescenza o nella prima età adulta, stabilizzatosi nel tempo, unito ad
una cronica intossicazione da alcatQpresente sicuramente già nel 2001.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Le doglianze relative alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di
tentato omicidio in contestazione, invero generiche, ad avviso del Collegio, sono
manifestamente infondate e palesemente voltle,ad una rivalutazione dei fatti
esaminati dai giudici di merito la cui motivazione sul punto è sorretta da
argomenti logici ed ancorati agli elementi acquisiti nel giudizio abbreviato
condizionato.
Come è noto, la prova del dolo diretto del tentato omicidio può essere tratta
da elementi esterni ed, in particolare, da quegli elementi della condotta che, per
la loro non equivoca potenzialità semantica, sono i più idonei ad esprimere il fine
perseguito dall’agente. Come è noto, infatti, per l’accertamento della sussistenza
dell’animus necandi nel tentato omicidio assume valore determinante l’idoneità
dell’azione, che va apprezzata in concreto senza essere condizionata dagli effetti
realmente raggiunti, con un giudizio prognostico formulato

ex post con

riferimento alla situazione che si presentava all’agente al momento in cui la
condotta è stata posta in essere, in base alle condizioni umanamente prevedibili
del caso particolare.
Quanto al mancato riconoscimento della circostanza attenuante della
provocazione, la Corte di appello ha compiutamente motivato in ordine alla
esclusione della prova che la vittima avesse colpito con un pugno l’imputato,
evidenziando la irrilevanz sotto tale profilo della circostanza che in sede di
/
convalida dell’arresto, cei brata tre giorni dopo il fatto, l’imputato presentava
tracce ematiche nell’occhio destro, posto, peraltro, che al momento dell’arresto
3

del Sert indica una cronica intossicazione da alcool che è stata liquidata

era stato dato atto che il Toro non presentava ferite. L’aggressione da parte della
vittima risultava, poi, incompatibile con quanto riferito dai testimoni.
Il rilievo in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al
fine di disporre nuova perizia psichiatrica è manifestamente infondato favendo il
ricorrente chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato condizionato alla
perizia psichiatrica disposta dal gup e non avendo indicato specifiche ragioni per
le quali sarebbe stato necessario ai fini della decisione procedere a nuovo
(
accertamento peritale.

il ricorso

sollecita una non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto accertate
attraverso la perizia e la consulenza di parte, non consentita in questa sede a
fronte della valutazione compiuta eAimmune dai vizi denunciati sviluppata nella
f
sentenza impugnata alle pagine 10-13.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza
di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione, al
versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso, il 11 novembre 2015.

Con riferimento alla circostanza di cui all’articolo 89 cod. pen.,

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