Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22109 del 06/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22109 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONSIGLIO SILVANO N. IL 15/11/1958
avverso la sentenza n. 2298/2013 CORTE APPELLO di ANCONA, del
31/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto che la Corte di appello di Ancona, con sentenza del 31 marzo
2015, ha confermato la condanna alla pena di giustizia pronunziata dal
Tribunale di Ancona, Sezione distaccata di Jesi, il precedente 12 dicembre
2012 a carico di ConsiglioSilvano, riconosciuto responsabile del reato di cui
agli artt. 81, cov, cod. pen. e 8 del dlgs n. 74 del 2000, per avere emesso,
nella sua qualità di titolare di ditta individuale, in varie occasioni ed in favore
di soggetti diversi, numerose fatture relativa ad operazioni fittizie finalizzate a

valore aggiunto;
che avvero la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il
Consiglio, tramite il proprio difensore fiduciario, affidandolo ad un unico
motivo avente ad oggetto la pretesa inutilizzabilità dei documenti, consistenti
nelle fatture da lui in ipotesi fittiziamente emesse, in quanto acquisite agli atti
solamente all’esito dell’esame dibattimentale, tenutosi nel corso della udienza
del 21 novembre 2012, di uno dei testi di accusa.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
il motivo di impugnazione formulato dal ricorrente non ha, infatti, pregio
alcuno;
che deve, in primo luogo, osservarsi che, costituendo le predette fatture
corpo del reato, in quanto si tratta dei documenti attraverso i quali il reato è
stato compiuto, esse sono acquisibili agli atti ai sensi dell’art. 235 cod. proc.
pen.;
che le stesse sono state acquisite all’esito dell’esame testimoniale di uno
dei testi di accusa, successivamente alla quale operazione la difesa
dell’imputato non ha sollevato alcuna obiezione, limitandosi a chiedere un
termine per l’esame delle stesse;
che, in ogni caso, della esistenza di detti documenti è fatto cenno negli
atti di indagine redatti dalla Guardia di finanza richiamati nella motivazione
della sentenza della Corte di Ancona, di tal chè la prova di essi è
adeguatamente emersa ben prima del loro versamento nel fascicolo del
dibattimento;
che, infine, la eccezione ora formulata in sede di legittimità già aveva
formato oggetto del ricorso in appello ed ad essa aveva dato esauriente
risposta la Corte territoriale;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché
rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa dì inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso

consentire ai destinatari di esse la evasione delle imposte sui redditi e sul

consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in C 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Il Consigliere estensore

il Presi e te

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016

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