Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22107 del 06/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22107 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ENCARNACION GOMEZ JOSE MIGUEL N. IL 30/12/1975
avverso la sentenza n. 1240/2015 CORTE APPELLO di ROMA, del
16/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto che la Corte di appello di Roma, con sentenza del 16 settembre
2015, ha integralmente confermato la decisione assunta in data 8 gennaio
2015 dal Tribunale di Roma all’esito di giudizio abbreviato e con la quale,
essendo stata dichiarata la penale responsabilità di Encarnacion Gomez Jose
Miguel in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 1, del dPR
n. 309 del 1990, per avere, in concorso con tale Contreras Atauje Guido,
detenuto, a fine di spaccio, sostanza stupefacente del tipo cocaina, suddivisa

ciascun imputato, contenenti, rispettivamente, gr 185,9 di cocaina cloridrato
in miscuglio la bustina detenuta materialmente dal Contreras e gr. 171,7 della
medesima sostanza – con una percentuale di principio attivo drogante
sostanzialmente sovrapponibile a quella dello stupefacente contenuto nella
prima bustina – quella detenuta dal Encarnacion, quest’ultimo è stato
condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 12.000,00 di multa;
che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione,
tramite il proprio legale di fiducia, l’Encarnacion, deducendo, in sostanza un
unico motivo di doglianza, avente ad oggetto la riferita ipotesi di concorso nel
reato fra i due predetti imputati nonché la qualificazione del fatto addebitato
al ricorrente come esulante dalla ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 del dPR
n. 309 del 1990.
Considerato che il ricorso, essendone risultati manifestamente infondati i
motivi posti a sostegno, è inammissibile;
che, in relazione alla ricorrenza nella fattispecie della ipotesi di concorso
nel reato, rileva il Collegio che la Corte territoriale capitolina la ha desunta,
attraverso un procedimento logico del tutto plausibile ed immune da vizi
giuridici, dal fatto che i due protagonisti della vicenda, pacificamente in
contatto fra loro, sono stati sorpresi nel possesso ciascuno di una quantità di
sostanza stupefacente, avente significativamente le medesime caratteristiche
chimiche e morfologiche di quella rispettivamente detenuta dall’altro soggetto,
conservata in due bustine di plastica originariamente termosaldate (una delle
quali era risultata essere stata aperta, ma è evidente la irrilevanza del dato
stante l’identico originario confezionamento), ciascuna contenente una
quantità assai simile di stupefacente;
che i descritti elementi portano ragionevolmente a ritenere la identica
matrice che contraddistingue le condotte dei due soggetti in questione e
consente, pertanto, di ritenere che ciascuno di essi, consapevole della
condotta del complice, fosse partecipe di un unico piano delinquenziale per la
cui realizzazione ognuno forniva il proprio apporto morale e materiale;

in due bustine di plastica, ognuna delle quali nella materiale disponibilità di

che, relativamente alla mancata qualificazione del fatto addebitato al
ricorrente come ipotesi di lieve entità, è sufficiente osservare – premessa la
attribuzione, stante la fattispecie concorsuale della quale si è reso partecipe il
ricorrente, all’Encarnacion anche della detenzione della sostanza stupefacente
nella cui materiale disponibilità è stato sorpreso il correo Contreras – che, in
conformità con la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della riconducibilità
della condotta di violazione dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990 nell’alveo del

che quest’ultima deve essere desumibile sia dal dato qualitativo e
quantitativo della sostanza stupefacente, sia dagli altri parametri richiamati
espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione),
con la conseguenza che, ove anche uno solo degli indici previsti dalla legge
militi nel senso della non minima offensività penale esso va considerato
negativamente assorbente ai fini della ricorrenza della fattispecie, sicché ogni
altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (ex multis: Corte di
cassazione, Sezione III penale, 4 giugno 2015, n. 23945);
che, pertanto, del tutto legittima è la esclusione di tale ipotesi operata
dalla Corte di appello sulla scorta del dato, di obbiettiva significatività ai fini
ora di interesse, costituito dalla entità della sostanza stupefacente nel cui
possesso erano l’odierno ricorrente ed il suo complice, idonea alla
preparazione di 4re 1200 dosi medie singole, come tale idonea ad escludere
la ricordata minima offensività della condotta;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché
rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016
Il Consigliere estensore

comma 5 è necessario che essa si presenti come di minima offensività penale;

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