Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22102 del 06/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22102 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHILLARI SALVATORE FELICE N. IL 18/02/1978
avverso la sentenza n. 210/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del
20/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto che con sentenza del 20 febbraio 2015 la Corte di appello di

Messina ha confermato, quanto alla dichiarazione della penale responsabilità,
la sentenza emessa in data 4 novembre 2011 dal Gup del Tribunale di
Barcellona Pozzo di Gotto a carico di Chillari Salvatore Felice, all’esito di
giudizio abbreviato, in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen e 73,
comma 5, del dPR n. 309 del 1990, in quanto, deteneva a fine di spaccio 40,3
gr circa di sostanza stupefacente del tipo marijuana, riformando la predetta

di reclusione ed euro 4000,00 di multa ad anni 1 e euro 2000,00 di multa;
che per l’annullamento delle predetta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il Chillari deducendo quale primo motivo di impugnazione il vizio di
motivazione derivante, secondo il ricorrente, dalla mancata risposta data dalla
Corte territoriale al primo motivo di gravame riguardante l’accertamento della
destinazione ad uso personale dello stupefacente rinvenuto nel possesso del
prevenuto;
che come secondo motivo di ricorso il Chillari ha dedotto la violazione di
legge in relazione alla entità del trattamento sanzionatorio a lui applicato,
sostenendo che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della più
favorevole normativa entrata in vigore successivamente alla adozione della
sentenza di condanna da parte del giudice di prime cure.
Considerato che il ricorso è inammissibile;

che, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte territoriale,
oltre a fare integrale rinvio alla sentenza del giudice di primo grado, metodica
la cui correttezza è stata più volte ribadita da questa Corte, (cfr. per tutte:
Corte di cassazione, Sezione II penale, 13 maggio 2014, n. 19619), ha
evidenziato le specifiche e del tutto plausibili ragioni per le quali ha ritenuto di
dovere escludere la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente
rinvenuta presso il prevenuto;
che, relativamente alla censura avente ad oggetto il trattamento
sanzionatorio, appare evidente, pur nella laconicità del provvedimento
impugnato, che il sensibile abbattimento della pena operato dalla Corte di
appello rispetto alla quantificazione della stessa compiuta dal giudice di prime
cure, abbattimento che ha portato al dimezzamento della sanzione cui il
prevenuto è stato condannato, non possa essere ascritto, in assenza della
indicazione di altri fattori che lo avrebbero potuto giustificare, altrimenti che
alla sopravvenuta normativa che – comportando, oltre alla diversa
qualificazione della fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 del dPR n. 309 del
1990, non più ritenuta ipotesi attenuata di reato ma figura delittuosa
autonoma, una sostanziosa riduzione della sanzione edittale astrattamente

decisione solo in relazione al trattamento sanzionatorio che riduceva da anni 2

irrogabile – deve ritenersi applicabile anche al caso in questione ai sensi
dell’art. 2 cod. pen. in quanto legge più favorevole;
che di tali principi ha fatto, evidentemente, applicazione anche la Corte
territoriale messinese, come emerge dal ricordato sostanzioso abbattimento di
pena, sicché la doglianza del ricorrente appare manifestamente infondata;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché

parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in C 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016
Il Consigliere estensore

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rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la

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