Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22095 del 17/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22095 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PETRONI TOMMASO nato il 11/05/1979 a BARI

avverso la sentenza del 26/07/2014 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;

,
sentita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRA0,–_,7,..2/

Data Udienza: 17/01/2018

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Bari ha applicato ai sensi
dell’art.444 cod.proc.pen. nei confronti di Petroni Tommaso la pena concordata
tra le parti in relazione al reato di cui agli artt.110, 56, 624 e 625 nn.2 e 7 cod.
pen. (capo A) ed in relazione al reato di cui agli artt.110, 707, 61 n.2 cod. pen.
(capo B) commessi in Bari il 26 luglio 2014.
L’esponente ha proposto ricorso deducendo erronea qualificazione giuridica
del fatto per insussistenza dell’aggravante di cui all’art.625, comma 1, n.2 cod.
pen
Il ricorso è inammissibile.
In tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione
deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere
limitata ai casi di errore manifesto (non ricorrente nel caso di specie), ossia ai
casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un
accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa
qualificazione presenti, come nel caso in esame, margini di opinabilità (Sez. 3, n.
34902 del 24/06/2015, Brughitta, Rv. 26415301; Sez. 6, n. 15009 del
27/11/2012, dep.2013, Bisignani, Rv. 25486501).
Come noto, questa Suprema Corte ha inoltre ripetutamente affermato il
principio in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa
dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio
negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129
cod.proc.pen. (Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 20227001; Sez.
U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 19113501; Sez. 1, n. 123 del
12/01/1994, Di Modugno, Rv. 19682401).
Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione,
che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza della Corte regolatrice, nel
solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può
ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2018

Motivi della decisione

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