Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22087 del 17/01/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22087 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: SERRAO EUGENIA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SERAFINO MICHELE nato il 25/04/1967 a LECCE

avverso la sentenza del 01/07/2016 del TRIBUNALE di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

Data Udienza: 17/01/2018

Serafino Michele ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Lecce indicata in epigrafe con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti in ordine al reato
previsto dagli artt.624 e 625, comma 1, nn.2 e 4 cod. pen. (capo A), dall’art.337
cod. pen. (capo B) e dagli artt.81, 186, comma 5, e 187, commi 3 e 4 , d. Igs.
30 aprile 1992, n.285, commessi in Lecce il 28 agosto 2015. Con recidiva
specifica reiterata.
L’esponente deduce carenza di motivazione in merito all’insussistenza di
cause di non punibilità ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad
avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come la Corte di
Cassazione ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiannento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995,
Serafino, Rv. 20227001; Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv.
19113501; Sez. 1, n. 123 del 12/01/1994, Di Modugno, Rv. 19682401).
Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza
successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione,
che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la
continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza della Corte regolatrice, nel
solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può
ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00
in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17 ennaio 2018
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Motivi della decisione

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