Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22084 del 06/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22084 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LIGUORI ANTONIO N. IL 04/02/1956
avverso la sentenza n. 3418/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
23/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto che la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 23 ottobre
2014, ha confermato la condanna alla pena di giustizia inflitta dal Tribunale di
Napoli, con sentenza del 1 febbraio 2011, a Liguori Antonio, ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 349, comma 2, cod. pen., per avere, in
qualità di custode, violato i sigilli apposti dalla Autorità pubblica all’immobile
ubicato in Napoli, via Conte Olivares n. 79, al fine di assicurare la
conservazione dello stato delle opere in corso di realizzazione su di esso;

cassazione il prevenuto, in proprio, deducendo, quale unico motivo di censura,
l’asserito vizio di motivazione, non essendo emersa alla luce della istruttoria
condotta né l’avvenuta integrazione del reato contestato né la sussistenza in
capo al ricorrente del necessario elemento psicologico.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il ricorrente in maniera del tutto generica ha dedotto la carenza della
istruttoria svolta ai fini della dimostrazione della sussistenza del reato a lui
contestato, in tal modo impingendo chiaramente in un argomento di merito
non suscettibile di formare oggetto di censura in sede di legittimità;
che le doglianze formulate dal Liguori non si concretizzano in un’effettiva
critica alla sentenza impugnata, riducendosi le stesse ad una vaga
contestazione del contenuto di quella, peraltro condotta in termini
sostanzialmente eterogenei rispetto agli argomenti sollevati in sede di ricorso
in appello;
che, in particolare, in quella sede il ricorrente aveva allegata la esistenza
di un preteso stato di necessità che lo avrebbe costretto al tenere il
comportamento a lui contestato;
che le puntuali argomentazioni con le quali la Corte territoriale aveva
rigettato siffatta prespettazione non sono state sostanzialmente contestate dal
ricorrente, il quale si è limitato, come detto, ad affermare, innovando rispetto
alle precedenti difese, la insussistenza di elementi per sostenere l’esistenza
dell’elemento soggettivo del reato in questione;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché
rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in C 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI

che per l’annullamento di detta sentenza ha interposto ricorso per

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016
/

Il Consigliere estensore

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