Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22078 del 06/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22078 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TROUAI EZZEDINE N. IL 21/10/1966
avverso la sentenza n. 9556/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PADOVA, del 04/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 06/05/2016

Ritenuto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Padova,
con sentenza del 4 giugno 2015, ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., Trouai Ezzedine, riconosciute in suo favore le attenuanti generiche
equivalenti alla contestata aggravante, la pena di anni 1 e mesi 7 di
reclusione ed euro 1400,00 di multa in relazione alla imputazione avente ad
oggetto la violazione degli art. 73, comma 5, e 80, comma 1, lettera g), del
dPR n. 309 del 1990, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo

Padova dosi singole di stupefacente del tipo eroina a tale Corso Francesco;
che avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il
prevenuto, in proprio, deducendo la omessa motivazione o comunque la sua
manifesta illogicità in ordine al mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il ricorrente si è, infatti, limitato a lamentare, senza alcun concreto
riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice
non avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
che deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111
Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del
giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti,
lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa
dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione;
che da tanto consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni
delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per
la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis: Corte
di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2012, n. 36610);
che tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui
la motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento
ex art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama

disegno criminoso, ceduto in più occasioni all’interno della struttura Sert di

gli atti di indagine (in particolare il verbale di arresto e quello di sequestro
dello stupefacente) evidenziando l’esistenza di elementi valutabili a favore
dell’imputato ai soli fini della concessione in suo favore delle attenenti
generiche equivalenti alla contestata aggravante;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché
rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la

della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in € 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016
Il Consigliere estensore

il Presie te
,

parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione

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