Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22073 del 03/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22073 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GAGLIARDI ANGELO N. IL 07/08/1978
avverso la sentenza n. 588/2015 CORTE APPELLO di SALERNO, del
02/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 03/05/2016

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza in data 02.10.2015, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
di Salerno, in data 05.03.2015, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di Gagliardi
Angelo, in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 628 cod. pen. (capo B), 81, 582, 585, 576, 61
n. 1 e 2, 577 comma 2 n. 2 cod. pen. (capo C), 81, 56, 629 cod. pen. (capo D), 81, 582, 585,
576, 61 n. 1 e 2, 577, comma 2 n. 2 cod. pen. (capo E).
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– mancanza o manifesta illogicità della motivazione; inosservanza o erronea applicazione della
legge penale (primo motivo);
– violazione di legge processuale e vizio di motivazione con riferimento alla valutata ricorrenza
degli elementi costitutivi dei fatti di reato in contestazione nonché difetto dell’elemento
psicologico delle condotte ascritte (secondo motivo);
– violazione di legge penale e vizio di motivazione con riferimento alla commisurazione della
sanzione e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza sulle aggravanti (terzo motivo).
Il primo motivo di ricorso è generico.
Tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità,
della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o
più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che
sono alla base delle sue lagnanze.
Nel caso di specie, il ricorso è manifestamente infondato perché privo dei requisiti prescritti
dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della
sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base
della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi
mossi ed esercitare il proprio sindacato.

Il secondo motivo di ricorso è aspecifico.
Lo stesso risulta fondato su censure che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4,
sent. n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004,
Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez.
3, sent. n. 35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).

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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione
esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, sent. n.
42688 del 24/09/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte
secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione
delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Sez. 2, sent. n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, sent. n.
34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
Infine, va rilevato come la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi
enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel
giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui
determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, sent. n. 5582
del 30/09/2013, dep. 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non
ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata,
specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del
tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del
reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, sent. n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv.
245596).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro millecinquecento a favore della cassa
delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro millecinquecento alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 03.05.2016

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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