Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22068 del 06/04/2018


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Penale Ord. Sez. 4 Num. 22068 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: COSTANTINI FRANCESCA

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sul ricorso proposto da:
BIANCOFIORE MICHELANGELO nato il 22/04/1999 a BARI

avverso la sentenza del 07/02/2015 del TRIBUNALE di BARI
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA COSTANTINI;
lette/sentite le conclu,,onl del PG FRANCA ZACCO

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 febbraio 2018, il tribunale di Bari applicava, ex art. 444 cod.
proc. pen., a Michelangelo Biancofiore la pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione ed
euro 12.600,00 di multa, per il reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73, commi 1 e
4 del d.P.R. n. 309 del 1990.

2.

Ricorre per cassazione il Biancofiore, a mezzo del difensore di fiducia,

qualificazione del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su doglianze manifestamente
infondate e non consentite.

2. Invero, a seguito dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103.,
avvenuta il 3 agosto 2017, il pubblico ministero e l’imputato, secondo il dettato di
cui all’art. art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., possono proporre ricorso per
cassazione contro la sentenza di applicazione della pena concordata solo per motivi
attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la
richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed all’illegalità
della pena o della misura di sicurezza.

3. Nel caso di specie, il ricorso per cassazione risulta proposto dall’imputato al di
fuori delle strette ipotesi di cui all’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen. risultando
solo formalmente censurata una pretesa erronea qualificazione giuridica del fatto
in realtà non configurabile nel caso di specie.

4.

Va ricordato, infatti, che, per giurisprudenza costante, in tema di

patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea
qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di errore
manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si
trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui
la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (Sez. 3, n. 34902 del
24/6/2015, Brughitta ed altro, Rv. 264153; Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012 dep.
il 2013, Bisignani, Rv. 254865; Sez. 4, n. 10692 dell’11/3/2010, Hernandez, Rv.
246394; Sez. 6, n. 45688 del 20/11/2008, Bastea, Rv. 241666). Può dunque
parlarsi di erronea qualificazione solo laddove tale qualificazione risulti, con

deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in rapporto alla omessa

indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo
di imputazione.

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro quattromila alla Cassa
delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così decis il 6 aprile 2018.

P.Q.M.

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