Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22065 del 03/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22065 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ADEZIO CORRADO N. IL 12/06/1960
avverso la sentenza n. 953/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
08/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;

Data Udienza: 03/05/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e
vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
Sono stati proposti motivi nuovi.
Con il primo, si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.; con il
secondo si denuncia la prescrizione del reato, commesso in data 28.08.2007.
Il motivo unico proposto nel ricorso è aspecifico.
Lo stesso è fondato su censure che ripropongono le medesime ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) c.p.p., all’inammissibilità (Sez. 4, sent. n.
5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, sent. n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta,
Rv. 230634; Sez. 4, sent. n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, sent. n.
35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596).
Nei motivi aggiunti i ricorrente, denuncia:
-la violazione e falsa applicazione dell’art. 131 bis c.p. (primo motivo);
-la violazione e falsa applicazione dell’art. 157 c.p. (secondo motivo).
Manifestamente infondato è il primo motivo aggiunto.
Pur nella riconosciuta rilevabilità anche nel giudizio di legittimità della particolare tenuità del
fatto ex art. 131 bis c.p., ritiene il Collegio come nella fattispecie detta causa di non punibilità
non possa essere riconosciuta.
L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131 bis c.p., ha
natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del
D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la
Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo, c.p.p., la sussistenza delle
condizioni di applicabilità del predetto istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura del
giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta
(come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri
indicati dal predetto art. 131 bis c.p. (Sez. 2, sent. n. 41742 del 30/09/2015, dep.
16/10/2015, Clemente, Rv. 264596).

i

La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 08.05.2014, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, in
data 22.01.2009, nei confronti di Adezio Corrado, in relazione al reato di cui agli artt. 632, 639
bis c.p..

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, sent. n. 47039 del
08/10/2015, dep. 27/11/2015, PM in proc. Derossi, Rv. 265448, in fattispecie relativa a reati
edilizi e paesaggistici), in tema di particolare tenuità del fatto, il reato permanente, in quanto
caratterizzato dalla persistenza, ma non dalla reiterazione, della condotta, non è riconducibile
nell’alveo del comportamento abituale che preclude l’applicazione di cui all’art. 131 bis c.p.,
anche se importa una attenta valutazione con riferimento alla configurabilità della particolare
tenuità dell’offesa, la cui sussistenza è tanto più difficilmente rilevabile quanto più a lungo si
sia protratta la permanenza.
Orbene, nella condotta dell’imputato vi è stata non solo diretta incidenza sul carico urbanistico
ma anche mancato rispetto di vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali), con
conseguente condotta lesiva di diversi interessi e di danno con effetti potenzialmente
permanenti, tali da giustificare l’esclusione (implicita) della causa di non punibilità.
Manifestamente infondato è il secondo motivo aggiunto.
La sentenza di secondo grado è intervenuta in data (08.05.2014) antecedente a quella di
maturazione della prescrizione (28.2.2015, essendo il reato stato commesso, come
riconosciuto dallo stesso ricorrente, il 28.08.2007). Invero, con riferimento alla dedotta
maturata prescrizione del reato, rileva il Collegio come, per giurisprudenza costante di questa
Suprema Corte (cfr., ex multis, Sez. 2, sent. n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463),
l’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente
il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di
dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la
prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità: da qui l’infondatezza del
motivo dì gravame.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti da! ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro millecinquecento a favore delta cassa
delle ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro millecinquecento alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 03.05.2016

Fermo quanto precede, rileva il Collegio come il fatto dedotto nella fattispecie si sia realizzato
attraverso la totale ostruzione dell’alveo di un fiume (il Foro) mediante l’edificazione di
“barriere di terra” che non venivano rimosse e a ridosso delle quali era cresciuta della
vegetazione; inoltre, le opere realizzate dall’imputato avevano comportato anche la non
prevista captazione delle acque di un affluente secondario del fiume.

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