Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22050 del 03/05/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22050 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PALUMBO MARIA N. IL 19/12/1984
avverso la sentenza n. 131/2015 TRIBUNALE di ASTI, del 18/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;
Data Udienza: 03/05/2016
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Asti, con sentenza in data 18.03.2015, applicava nei confronti di Palumbo Maria
la pena concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione al reato di tentata rapina
aggravata.
Il motivo è manifestamente infondato.
Invero, è principio costantemente affermato dalla Suprema Corte, in tema di patteggiamento,
che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al citato art. 129 c.p.p.
deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o
dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di
non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle
legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
(Sez. U, sent. n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. 1, sent. n. 4688 del
10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622). Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta
correttamente al suddetto principio escludendo espressamente la sussistenza di una delle
cause di cui all’art. 129 c.p.p..
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle
ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 03.05.2016
Propone ricorso per cassazione l’imputata, deducendo il seguente motivo: vizio di motivazione
con riferimento alla mancata pronuncia di sentenza ex art. 129 c.p.p..