Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22046 del 03/05/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22046 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FERRO’ FULVIO N. IL 07/10/1967
avverso la sentenza n. 4485/2014 TRIBUNALE di MONZA, del
31/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
PELLEGRINO;
Data Udienza: 03/05/2016
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Monza, con sentenza in data 31.03.2015, applicava nei confronti di Ferrò Fulvio
la pena concordata dalle parti ex art. 444 c.p.p., in relazione al reato di cui all’art. 648 c.p..
Il motivo è manifestamente infondato.
Con riferimento al primo profilo di doglianza, va rilevato come, secondo il principio
costantemente affermato dalla Suprema Corte, in tema di patteggiamento, il giudizio negativo
circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al citato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato
da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo,
invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. U, sent. n. 10372 del
27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. 1, sent. n. 4688 del 10/01/2007, Brendolin, Rv.
236622). Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta correttamente al suddetto
principio escludendo espressamente la sussistenza di una delle cause di cui all’art. 129 c.p.p..
Con riferimento al secondo profilo di doglianza, va evidenziato come si sia in presenza di
questione tutt’affatto non ricorrente nella fattispecie, avendo il giudice di merito disapplicato la
recidiva e non concesso (anche perché non oggetto di richiesta congiunta delle parti) le
circostanze attenuanti generiche.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle
ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro duemila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 03.05.2016
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e
vizio di motivazione con riferimento alla mancata pronuncia di sentenza di proscioglimento ai
sensi dell’art. 129 c.p.p. ed in ordine all’espresso giudizio di bilanciamento tra circostanze
attenuanti generiche e contestata recidiva.