Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22039 del 26/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22039 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: GARRIBBA TITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
REGA ERCOLE N. IL 10/01/1968
avverso la sentenza n. 12062/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;

Data Udienza: 26/02/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1.

REGA Ercole ricorre contro la sentenza d’appello specificata in

epigrafe, che confermava la condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5,
d.P.R. n. 309/1990, e denuncia mancanza di motivazione:
in ordine all’affermazione di colpevolezza, assumendo che non sarebbe emersa

1.

la prova della destinazione della sostanza stupefacente all’uso non esclusiva-

in ordine alla misura della pena inflitta, lamentando la mancata riduzione al mi-

2.

nimo edittale.

§2.

I motivi di ricorso sono, da un lato, manifestamente infondati,

perché la sentenza impugnata fornisce un’adeguata, convincente e logica giustificazione delle ragioni della decisione e, dall’altro, non consentiti dalla legge, perché si limitano a proporre una diversa valutazione delle risultanze processuali senza evidenziare in
seno alle argomentazioni sviluppate in sentenza alcuna palese illogicità.
In particolare la sentenza impugnata, con argomentazioni immuni da vizi
logici ed errori giuridici, ha correttamente ritenuto che la destinazione della sostanza
sequestrata alla cessione a terzi risultava da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti: la quantità detenuta in misura superiore al livello-soglia fissato dal d.m. in materia; le circostanze di rinvenimento della sostanza (l’imputato fu perquisito appena
giunto in luogo ove si praticava notoriamente lo spaccio); il possesso dello strumentario normalmente utilizzato per la preparazione di dosi singole (bilancino elettronico di
precisione, sostanza da taglio, involucri di cellophane, nastro adesivo); le precarie condizioni economiche del detentore.
La pena, con valutazione discrezionale ancorata ai parametri indicati dall’art. 133 cod.pen., non è stata ridotta al minimo a causa dei precedenti penali, ritenuti
sintomo di capacità a delinquere.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606,
comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 26 febbraio 201
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